«Svuotarono» l’azienda, cinque arresti per bancarotta fraudolenta: sequestri per tre milioni

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di
Mara Rodella

Per gli inquirenti gli indagati vicini a cosche della ‘ndrangheta

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Artificiosi e fraudolenti, intimidatori e «come minimo moralmente violenti»: così il gip, Angela Corvi, definisce i connotati della condotta violenta dei quattro indagati principali (nove in tutto) nell’inchiesta — condotta da Carabinieri e Guardia di Finanza e coordinata dai pm antimafia Erica Battaglia e Teodoro Catananti — che ha portato a cinque arresti, a vario titolo, per bancarotta fraudolenta, truffa ai danni dello Stato e ulteriori reati tributari per milioni di euro. E lo avrebbero fatto grazie a «una complessa attività di schermatura» del dominio reale della società bresciana Ucl spa — che aveva sede in città — e della Cadel srl (di Monza) che la controllava. Svuotate.

In «un vorticoso circolo di trasferimenti di quote societarie, nonché di reclutamento di persone disponibili a svolgere passivamente il ruolo di fiduciari» piegandosi alle volontà degli amministratori di fatto. Cioè Claudio Angelo Mancini, 60enne di Campobasso, finito in carcere insieme ad Antonio Bruzzaniti, calabrese di 69: per il giudice, «presidente e vero padrone» della azienda il primo e «vero dominus» di cui assecondare ordini e desiderata il primo. Ai domiciliari Gabriele Abbiati, 51 anni, commercialista di Monza, e il «factotum» Fabio Maria Bonasegale, milanese di 55 anni. Per Domenico Caragnano, 51enne di Taranto, infine, è stato disposto il divieto di esercitare imprese e di assumere uffici direttivi nelle aziende.




















































Due i filoni di indagine. Il primo nasce dalla scomparsa dall’imprenditore Pasquale Lamberti, che deteneva la maggioranza delle quote di Ucl e Cadel, svanito nel nulla nel luglio 2021 da Besate, Milano. È nel settembre 2020 che — su idea di Mancini, una sfilza di precedenti alle spalle, omicidio compreso — il 100% delle quote viene acquistato per circa tre milioni dalla società (di comodo) svizzera Bfp Bau Service Ag, riconducibile agli stessi indagati. Come lo sarà la seconda società svizzera con cui cercheranno di «rilanciare», all’apparenza, la società bresciana ormai prossima al collasso: stando agli accertamenti sarebbero stati distratti oltre 2.474 milioni dal capitale sociale. Loro, i legali rappresentanti (sulla carta) elvetici, sarebbero serviti anche per procurare auto di lusso e utenze telefoniche sempre diverse. Tra i dipendenti — rimasti — di Ucl si sarebbe poi instaurato «un clima di terrore» perenne. «intimidatorio e di costante minaccia».

Antonio Bruzzaniti, stando alle indagini e alla semestrale della Dia, risulta «a capo, con il nipote Leone (indagato), del Gruppo Bruzzaniti, autonoma ramificazione della più ampia cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara che dagli anni novanta investe anche in Lombardia». Ma in questa inchiesta non sono stati contestati nè reati associativi nè l’aggravante di stampo mafioso. Tuttavia, per il gip, «l’intero contesto che emerge evidenzia il rapporto di particolare rispetto, reverenza e sudditanza del ‘presidente’ di Ucl spa — Mancini — nei confronti di Antonio e Leone Bruzzaniti («collocato ai vertici della ‘ndrina Bruzzaniti e tra le figure di riferimento dell’intera cosca»), ai cui desideri si conformava incondizionatamente». Cristallino, per il giudice, «che facessero delle intimidazioni» la cifra stilistica del proprio lavoro.
Si sarebbero indebitati con le banche per oltre un milione di euro, aggravando il dissesto della società bresciana (e del gruppo).

Illegittimamente, avrebbero ottenuto da Banca Progetto spa e da Monte dei Paschi di Siena spa finanziamenti agevolati garantiti dallo Stato per circa 1,8 milioni tra il 2021 e il 2022. Ancora, contestati il falso in bilancio e compensazioni indebite per crediti di imposta inesistenti (teoricamente generati per attività di ricerca e sviluppo nel Programma Industria 4.0) con mancato versamento all’Erario di circa 1,5 milioni.
Poi ci sono gli sconti sulle fatture (false), con le banche, al fine di anticipare e incassare il credito, per quasi 1,2 milioni e i bonifici — o prelievi ingiustificati — per trasferire il denaro, da centinaia di migliaia di euro: per la casa della figlia, le auto, le ristrutturazioni, gli amici e i parenti. Il Tribunale ha disposto un sequestro da 650 mila euro. a cui si sommano i 2,5 milioni preventivi stabiliti d’urgenza dalla Procura.

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18 gennaio 2025 ( modifica il 18 gennaio 2025 | 14:54)

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