Caso Santanchè, freddezza dentro FdI (e anche tra gli alleati): il «bivio» sulla ministra

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di
Marco Cremonesi

Dal partito della premier nessuna nota ufficiale, ma il rinvio a giudizio prende una piega meno accidentata

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Una nota tira l’altra. E così, la vicenda della ministra Daniela Santanchè, nel giorno del rinvio a giudizio, prende una piega appena un po’ meno accidentata. Ma solo dal punto di vista comunicativo e della rappresentazione che la maggioranza vuole dare di sé.

Dopo diverse ore di silenzio, alle 16:37, la situazione si distende con una stringata nota della Lega: «Si è colpevoli dopo tre gradi di giudizio, non prima: ribadiamo la fiducia al ministro Santanchè». Meno di due righe che però distendono il clima. Non che i comunicati avrebbero spinto la premier Giorgia Meloni a decisioni diverse da quelle che prenderà: la vicenda ha anche rimesso in dubbio il viaggio negli Usa per l’insediamento di Trump.




















































 Non è più detto che per decidere l’uscita di Santanchè la premier voglia attendere i pronunciamenti della magistratura su un altro processo. Quello che tutti in maggioranza, e Meloni per prima, sembrano considerare più grave, la presunta truffa all’Inps per le casse integrazioni di Visibilia durante il Covid. Una exit strategy, per la ministra del Turismo, potrebbe essere decisa prima delle pronunce dei giudici.

In Forza Italia la nota della Lega sblocca qualcosa. E difatti, alle 17:02 arriva il comunicato azzurro, in questo caso di tre righe: «Siamo garantisti sempre, non da oggi: si è innocenti fino alla condanna definitiva. Vale per un privato cittadino come per un ministro. Ribadiamo la fiducia di Forza Italia a Daniela Santanchè». Non è certo che, senza la nota leghista, sarebbe arrivata quella di FI. «Ma non sarebbe stato bello apparire più timidi di altri» spiegano dal partito. Infine, arriva la nota di Maurizio Lupi, Noi moderati. Che dice una cosa in più: «Un rinvio a giudizio non è una sentenza di condanna, men che meno una sentenza di condanna definitiva. Per noi il garantismo vale sempre e per chiunque, perciò fino al terzo grado il ministro Santanchè è innocente». 

Ma non tutti, nella maggioranza, hanno sottolineato la necessità di aspettare il terzo grado di giudizio. E meno di tutti, forse, ci pensano in FdI. Dove, peraltro, non si nasconde la freddezza, al di là dell’assenza di note ufficiali: «Una bella mano a Santanchè — ironizza un deputato — l’hanno data le richieste di dimissioni delle opposizioni». Più tardi, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé (FI) dà voce a un altro pensiero comune: «Non vi può essere automatismo tra rinvio giudizio e dimissioni». Il giorno dopo il via libera alla separazione delle carriere, dimissionare un ministro per il rinvio a giudizio «ci farebbe mitragliare — dice un altro deputato azzurro — di provvedimenti giudiziari».

Resta il fatto che nessuno considera particolarmente stabile il posto di Santanchè. Tutti i salviniani ammettono infatti che il comportamento degli alleati, riguardo ai processi nei confronti dei leghisti a partire da quello a Salvini, è stato assolutamente rispettoso. Però l’uscita di Santanchè potrebbe innescare quel rimpasto che, a torto o a ragione, i leghisti sperano possa portare novità positive. È vero, qualcuno ricorda che Salvini «dal suo processo è stato assolto. E dunque può ricoprire qualsiasi incarico». Il riferimento è al Viminale ma nessuno ci crede davvero: «Non si capisce perché Piantedosi dovrebbe andare a perdere in Campania con il figlio di De Luca o chissà chi altro».


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17 gennaio 2025 ( modifica il 17 gennaio 2025 | 22:05)

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