Il Pd riunisce al Der Mast le forze progressiste e cerca unità
L’agenda della giornata è fitta ma Pierluigi Bersani, 73 anni, icona quasi pop apprezzata anche dagli avversari, lo dice chiaro: «Dove c’è qualcosa di sinistra cerco sempre di andare». Sabato 18 gennaio la sinistra si è trovata al Der Mast di via Carducci, pieno come un uovo dalle nove del mattino, aiutati da Bersani per capire il che fare (darsi una mossa) e con chi (larghi e unitari, ma con le idee chiare su dove si sta).
Tanta intellighenzia locale d’area Pd (Da Corsini a Pagani, inviti mirati a Luca Trentini (Sinistra italiana), Valentina Gastaldi (Brescia Attiva), Alessandro Sipolo (cooperante), Francesco Bertoli (Camera del Lavoro), ospiti nazionali, saluti e coordinamento in mano alla consigliera regionale Miriam Cominelli. Nessuna operazione nostalgica per ricordare gli antichi fasti ma un momento che prova a superare i recinti di partito per guardare al futuro. Bersani su questo è chiaro: «La sinistra ne ha viste anche di peggio rispetto a oggi, ma è sempre riuscita a darsi una mossa». Basta, quindi, con le posture «passatiste, predicatorie, nostalgiche», perché il momento è duro ed è necessario agire. «Peggio dei passatisti ci sono solo quelli che non hanno nemmeno capito la mucca che abbiamo in casa e si accontentano del battibecco quotidiano tra destra e sinistra».
Già, ma la mucca quale sarebbe? «Abbiamo segnali di emergenza democratica in Italia e in Europa. La globalizzazione galoppante ha creato spaesamento, insicurezza, disuguaglianze, dumping dei diritti». Non solo. La mucca nella stanza è anche una destra di nuovo conio difficile da leggere, una tecnologia che va a braccetto con la regressione democratica, un’America trumpiana che vuol contenere la Cina, dialogare con Putin e mettere al guinzaglio l’Europa. «Diminuisce la sovranità statale: basta, per favore, con l’idea ridicola della Meloni che fa da ponte tra Usa ed Europa, al massimo fa il ponte di Messina». In Italia la situazione è declinante, figlia di «politiche di bassi salari, bassi investimenti, caduta di competitività, aumento del costo del lavoro per unità di prodotto, mentre sul piano sociale la linea chiara è quella di disarticolare il sistema fiscale in ottica divisiva e corporativa, cosa che comporterà inevitabilmente la disarticolazione del welfare universalistico».
Il processo è in atto, la mucca nella stanza è ben visibile, e quindi? «Servono visione e programma, senza timore di apparire utopici». Bersani non è un rivoluzionario, non sogna la rivoluzione d’Ottobre, è un solido riformista, ragiona di come riprendere in mano i temi del welfare universalistico, dei diritti del lavoro («Agli amici cislini dico: non basta la contrattazione, serve una sponda normativa, altrimenti si arriva al contratto One-to-One»): «Senza mai rinunciare alla transizione ecologica, ma sapendo che deve essere accompagnata con il denaro necessario per evitare che faccia passi indietro».
Con chi avere programma e visione? Bersani è unitario, è noto, ma a chi ripete che bisogna guardare al centro dice che il tema sarebbe da lasciare alla geometria: «In mezzo non c’è nulla, questo è il tempo che impone di stare da una parte o dall’altra, sapendo poi che le società sono molto frammentate e che le aree devono quindi essere plurali».
E quindi, se siamo convinti che siano in gioco valori di democrazia liberale, bisogna coinvolgerli. E quindi, se pensiamo che siano in discussione valori civici, bisogna aprirsi sempre più al grande mondo civico che ancora c’è in Italia. E poi ci sono le nuove generazioni e da qui l’invito ai giovani che sono già attivi a voltare le spalle al partito e ad essere tra i giovani perché «ribellarsi è giusto ed è un dovere mobilitarsi». «Noi della mia generazione non dobbiamo raccogliere, ma seminare. Uscire dal risiko politico e rivolgersi alla società». Bersani prosegue l’agenda di giornata, ma prima c’è spazio per un caffè e per concedersi ai selfie con militanti e simpatizzanti.
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