Lo scontro sulla separazione delle carriere (nel nome di Berlusconi)

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Poco dopo le 13, un lungo applauso della maggioranza saluta la trascrizione dei risultati del voto sul tabellone elettronico. Nessuna sorpresa, dunque. Stante la compattezza del centrodestra sulla questione, è arrivato il primo semaforo verde di un ramo del Parlamento alla «madre di tutte le riforme» della giustizia – come la chiama il Guardasigilli Carlo Nordio – quella che introduce la separazione assoluta fra le carriere di magistrato giudicante e magistrato requirente. La Camera ha infatti approvato il pacchetto di modifiche costituzionali con 174 sì, 92 no e 5 astensioni. Oltre alle forze di maggioranza, per la riforma hanno votato dall’opposizione +Europa e Azione (che nel programma elettorale del 2022 conteneva una proposta in tal senso), mentre Italia Viva si è astenuta. Per il no hanno votato invece, come preannunciato, il Pd, M5s e Alleanza Verdi e Sinistra. Inoltre, è passato un odg del forzista Enrico Costa che impegna il governo «a valutare l’opportunità di garantire concorsi separati» per i due percorsi. Il governo aveva anche proposto la riformulazione di diversi odg sulla parità di genere, ma la riscrittura è stata rigettata dalle opposizioni, perché aleatoria. Alla fine, è stato approvato l’odg dell’azzurro Paolo Emilio Russo sull’impegno a «valutare ogni più opportuno intervento diretto a consentire il rispetto della parità di genere».

Si tratta del primo dei quattro via libera (due per ciascuna Camera, sul medesimo testo e a distanza di tre mesi uno dall’altro) necessari per l’approvazione del ddl, che potrebbero avere luogo – pronostica Nordio – a fine estate. Poi, qualora la maggioranza raggiunta non fosse dei due terzi, il testo verrà sottoposto al vaglio del referendum. La legge modifica il Titolo IV della Costituzione: oltre alla divisione assoluta dei percorsi di carriera, prevede l’istituzione di due organi di autogoverno distinti, un Csm, per i magistrati giudicanti e uno per i requirenti, con componenti estratti a sorte; inoltre, istituisce un’Alta Corte di Giustizia per le questioni disciplinari. Per il ministro Nordio, oggi le toghe «dipendono dalla sedimentazione correntizia. Noi spezzeremo questo legame patologico».

Soddisfatti sono i big del centrodestra, con particolare enfasi in Forza Italia, dove tutti – a partire dal vicepremier Antonio Tajani – la dedicano a Silvio Berlusconi, ricordando come la riforma sia stata per 35 anni un vessillo del Cavaliere. A sua volta, l’altro vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini rivendica la «storica battaglia della Lega». Di opposto avviso le tre principali forze di opposizione, i cui interventi hanno acceso il confronto in Aula con la maggioranza, col Pd pronto a stigmatizzare «il furore ideologico» e l’intento «punitivo» di modifiche pensate per «smantellare la Costituzione». Critici pure Avs (per Angelo Bonelli «è una deriva autoritaria» per assoggettare la magistratura «al potere esecutivo») e M5s, con l’ex procuratore antimafia Federico Cafiero de Raho che mette in guardia dall’«indebolimento» dell’autonomia e indipendenza delle toghe.

Fuori dal Parlamento, risale la tensione nel rapporto fra esecutivo e magistratura associata. In una nota, l’Anm parla di «allarme» e «profonda preoccupazione» per le conseguenze» di una riforma «sbagliata che non migliora il servizio giustizia» ma agisce solo «sulla magistratura e toglie garanzie a tutti i cittadini italiani». Per l’Anm «la separazione delle carriere determina l’isolamento del pm e ne mortifica la funzione di garanzia». Anche le dediche al Cavaliere non entusiasmano le toghe: «Ho sentito dire che la riforma era il sogno di Berlusconi e del ministro Nordio. Mi auguro davvero che non si trasformi, ma lo temo, in un incubo per i cittadini», osserva la vicepresidente dell’Anm Alessandra Maddalena. «No ai processi alle intenzioni – è la contro replica del Guardasigilli -. L’Anm potrebbe fare battaglia in vista del referendum? Auspico che le argomentazioni usate saranno razionali». Ma le frizioni paiono destinate ad aumentare ben prima del passaggio referendario. Contro la riforma, infatti, la corrente di Magistratura democratica propone che, nelle imminenti cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario, le toghe abbandonino le aule quando parleranno il Guardasigilli o i suoi rappresentanti.





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