fiumi sotto la media invernale, al sud riserve idriche ancora in enorme deficit

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Dopo il preoccupante dato sulle nevicate fornito dalla Fondazione Cima, che ha segnalato -63% di equivalente idrico nivale anche nel primo bollettino invernale, a evidenziare «preoccupazioni per il futuro» nonostante recenti precipitazioni c’è il nuovo monitoraggio realizzato dall’Anbi. «La situazione registra un incoraggiante miglioramento, ma non cessano le preoccupazioni per il futuro, a causa dell’insufficiente presenza di bacini per la raccolta delle acque, ma soprattutto perché in alcune regioni dell’Italia meridionale lo stato delle riserve idriche è ancora ben lontano dal recuperare l’enorme deficit accumulato a causa di una lunghissima siccità», spiega Massimo Gargano, direttore generale dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e della acque irrigue. 

In linea con i dati forniti dalla Fondazione Cima, anche l’Anbi segnala che dopo le scarse nevicate sulle regioni settentrionali (-52% in Piemonte con punte del 98% sulle aree meridionali della regione -70% circa in Lombardia, -55% in Veneto da ottobre a dicembre 2024), il recente abbassamento delle temperature ha portato un po’ di bianco sulle Alpi con accumuli di 240 centimetri su alcune delle vette più alte e anche su alcune stazioni degli Appennini. Piogge abbondanti sono arrivate anche in Basilicata e in Sicilia, dove è stato registrato un miglioramento della situazione dei bacini ormai svuotati da oltre un anno di siccità estrema e caldo anomalo. Anche sull’Isola, però, lo scarto negativo rispetto a 12 mesi fa rimane enorme e quantificabile in oltre 100 milioni di metri cubi (fonte Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia). L’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche evidenzia anche come su molta parte della Sardegna sia ancora grave la crisi d’acqua: complessivamente l’incremento dei volumi idrici, avvenuto nel mese di dicembre, è quantificabile in 32 milioni di metri cubi, ma in diversi territori gli invasi rimangono drammaticamente vuoti. 

Un’altra regione che non riesce a far dimenticare le conseguenze della siccità estiva è la Puglia, mentre in Campania sono in calo i livelli idrometrici dei fiumi Volturno, Sele e Garigliano. Nel Lazio flettono i flussi idrici dei fiumi Tevere (a Roma) e Fiora (in Tuscia), in rialzo invece quelli del Velino (in Alta Sabina); tra i laghi sono sostanzialmente stabili le altezze idrometriche di Bracciano e di Nemi (il suo livello risulta più basso di cm. 30 rispetto all’anno scorso). In Umbria il livello del lago Trasimeno è finalmente cresciuto di 5 centimetri, mentre i flussi nei fiumi Paglia e Chiascio si sono ridotti. Anche nelle Marche vanno riducendosi le altezze idrometriche dei fiumi ad eccezione del Tronto.

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In Toscana la portata del fiume Serchio, pur rimanendo inferiore di circa il 23% alla media storica del recente ventennio, sta crescendo mentre si riducono quelle di Sieve, Arno e soprattutto Ombrone (ora al 23% della media). In Liguria, fortemente decrescenti sono i livelli dei fiumi Argentina, Magra, Vara e soprattutto Entella. Continua ad evidenziarsi il pericolosissimo andamento torrentizio, assunto dai fiumi appenninici dell’Emilia-Romagna, le cui portate si sono improvvisamente rialzate per poi tornare ora sotto media (Santerno, Taro, Trebbia, Nure): il Savio è addirittura al 19% del consueto.

In calo la portata del fiume Po ai rilievi piemontesi (tra il 24% ed il 40% circa nelle sezioni torinesi ed alessandrine), mentre in Lombardia si stimano attualmente riserve idriche con un quantitativo inferiore del 38,7% al consueto di questo periodo e del 42,3% al gennaio 2024: ciò è dovuto principalmente alla scarsità di neve in quota, registrata fino alla settimana scorsa.

«Il dato, che non deve sfuggire – evidenzia Francesco Vincenzi, presidente di Anbi – è che, seppur con andamento altalenante, ma la gran parte dei corpi idrici del Paese sono sotto media in inverno: ciò significa un complessivo impoverimento della disponibilità d’acqua ed un incremento del rischio idrogeologico per improvvise ondate di piena, dettate dall’estremizzazione degli eventi atmosferici. Questa osservazione, evidente dalla lettura del nostro report settimanale, dovrebbe indurre l’avvio concreto del tanto richiesto Piano invasi, che assumerebbe anche una funzione calmieratrice in un quadro di sempre maggiore fragilità idraulica». 



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