Tra i «voluntarios» che spalano Paiporta

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Da un po’ di tempo a questa parte in via Josè Iturbi 5 a Paiporta c’è un bel fermento. Comincia alle 9,30 del mattino e va avanti fino a sera, contrastando con l’usuale aspetto sonnacchioso e desolato di una cittadina di provincia del sud della Spagna. Ci troviamo nella sede delle Brigadas voluntarias de Paiporta: un grande magazzino pieno zeppo di generi alimentari e per l’igiene, elettrodomestici, vestiti, equipaggiamento, una sala da pranzo, un atrio il cui punto di convergenza di volontari e abitanti è la macchinetta del caffè che funziona a ritmo continuo e la scrivania dell’accoglienza. L’ingresso è decorato con disegni di bambini, cuori e stelle di carta, messaggi di affetto e gratitudine per i volontari. Sono uguali a quelli che pendono da finestre e balconi, e anche dai tanti mezzi di militari e vigili del fuoco che attraversano o stazionano per le strade come in uno scenario di guerra.

PAIPORTA È UNO DEI MUNICIPI dove la catastrofica alluvione del 29 ottobre 2024, la Dana, ha provocato i danni più gravi. I suoi 29 mila abitanti si sono visti travolgere nell’ora di punta del rientro dal lavoro da un’ondata fango e detriti proveniente dal burrone che taglia la città, normalmente attraversato da un rigagnolo d’acqua, e che nel corso della Dana si è trasformato in una gigantesca fiumara senza limiti. Nel giro di pochi secondi anche le strade sono diventate dei fiumi, trascinando con sé tutto quello che incontravano: le vittime sono state 60, un quarto del totale. «E dire che a Paiporta non è caduta una goccia d’acqua» racconta Rachel Rubio Herrera, una delle coordinatrici delle Brigadas, in azione dal giorno stesso del disastro. «Ha piovuto molto più a monte, così tanto che hanno dovuto aprire le paratie delle dighe per evitare che saltassero, il che sarebbe stato ancora peggio. Quindi quei milioni di metri cubi di acqua pieni di tutto quello che hanno incontrato sul loro tragitto sono arrivati fino a qua tramite il vecchio alveo del fiume e non c’è stato nulla in grado di contenerli. Il fatto è che non puliscono le montagne, i campi, gli alvei dei fiumi; è questo il problema».

A PAIPORTA I SEGNI DEL DISASTRO sono ancora evidenti: la città è ingrigita dal pulviscolo lasciato dal fango quando si secca e sgretola, le strade sono costellate di cumuli di detriti e disseminate di mezzi di trasporto impietriti che si mescolano a quelli ancora in uso, sui quali i proprietari devono esporre il cartello funziona, non portare via per evitare che vadano ad aggiungersi alle torri di automobili, moto, furgoni, camion, camper che ai limiti della città hanno creato quelli che vengono chiamati «i cimiteri di macchine». La ferrovia risulta spettrale con i binari scomparsi sotto il fango dal quale emergono i piloni e i cavi della corrente, qualche esercizio commerciale che è scampato miracolosamente o si è ripreso in fretta si alterna a serrande sconnesse o sfondate da dove si intravede la distruzione, decine di persone si mettono in fila presso i centri di distribuzione di cibo e generi di prima necessità.

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UNO DI QUESTI È QUELLO GESTITO dalla Brigadas che si occupa di almeno 150 famiglie, destinate a diventare di più, dice Rachel, perché progressivamente i centri di distribuzione gestiti dall’amministrazione pubblica o da altre organizzazioni di volontariato vanno chiudendo.

Volontari a Paiporta – EPA

«SOLO EL PUEBLO SALVA EL PUEBLO» è la scritta che troneggia sul simbolo delle Brigadas, un pugno rosso alzato: l’iniziativa è del Partito Comunista locale, ma i volontari sono di ogni credo e estrazione. L’organizzazione si è avviata dal primo momento, nel pieno dell’emergenza: in svariati gruppi sono partiti dalla città di Valencia, a piedi, per raggiungere le località più colpite, in molti casi sono stati i primi ad arrivare. Facendosi strada fra il fango che raggiungeva i fianchi, creando gruppi per spostare automobili, mettendo cibo e acqua nei cesti legati a corde lanciati dalle persone bloccate nei piani alti degli edifici, rimasti anche senza elettricità. Una situazione orribile, ricorda Rachel, durata giorni anche per il ritardo quando non l’assenza di intervento e pianificazione da parte delle autorità. In seguito le Brigadas sono andate strutturandosi giorno per giorno in base alle necessità della popolazione colpita: dopo essersi installati negli edifici di una scuola che hanno contribuito a ripulire, hanno cercato e trovato un’altra sede da dove far partire le squadre di pulizia, raccolta e distribuzione di beni di ogni genere. A distanza di due mesi il lavoro da fare è ancora tantissimo: ogni giorno gruppi di persone con stivali, tute e occhiali di protezione, mascherine, armati di pale, secchi e spazzoloni si distribuiscono per la città e i dintorni, spesso affiancando militari e vigili del fuoco a cui è impedito di entrare dentro i garage, mentre loro si addentrano anche nei piani interrati per facilitare e completare il lavoro delle macchine. Oppure vanno a rimuovere detriti nei campi inondati dal fango dove i proprietari non hanno i soldi per fare intervenire le imprese private, o si occupano delle persone fragili, a cui gli aiuti vanno portati a domicilio; ci sono anche squadre di elettricisti e idraulici, che vanno a rimettere in sesto case e negozi.

I VOLONTARI COMPONGONO una straordinaria e commovente umanità che viene da tutta la Spagna: Tomàs viene da Las Palmas, capitale di Gran Canaria, ed è a Valencia perché a sua volta ha sperimentato una catastrofe, l’eruzione vulcanica e il sisma del 2021, e nutre una gratitudine profonda nei confronti dei tanti volontari che anche in quell’occasione accorsero numerosi; Txus è una sessantenne vigorosa, ridanciana e instancabile di San Sebastiàn, nei Paesi Baschi, arrivata «con la lotteria di Capodanno» come ama ripetere, e che sicuramente si ripresenterà per le vacanze pasquali. C’è chi transita qualche giorno, chi si ferma per settimane, chi arriva ogni giorno o solo il fine settimana. Non mancano i volontari stranieri: Francia, Italia, Germania, Olanda, addirittura Singapore. «Senza esagerare- afferma Rachel- posso dire che da qui sono passate migliaia di persone».

NON SONO TUTTE ROSE E FIORI. A volte, anche fra i volontari circola il malumore, perché in qualche occasione ci si chiede se non si stia facendo con grande lentezza e fatica il lavoro che dovrebbe fare qualcun altro con ben altri mezzi; oppure se abbia senso affiancarsi alle imprese che sono state commissionate dai privati e dall’amministrazione, che spende così anche i soldi che dovrebbero invece arrivare alle persone. Questo è uno dei punti del malcontento che circola nei discorsi e si palesa nelle scritte sui muri, piene di rabbia nei confronti delle autorità, in primis il Presidente della regione Mazòn.

«AUYDA YA» – AIUTO SUBITO! è lo slogan che anima le manifestazioni che si svolgono ogni due settimane e che coinvolgono centinaia di cittadini, che non hanno ancora visto un soldo di risarcimento. Nel frattempo, dentro questo quadro di contraddizione, le Brigadas vanno avanti con il più chiaro e lineare degli obiettivi: restare fino a che Paiporta non si sarà risollevata.



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