«L’agricoltura contadina argine all’agrobusiness» | il manifesto

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difficile da pignorare

 


La Dichiarazione delle Nazioni unite sui diritti dei contadini (Undrop, 2018) riguarda le persone che si dedicano a una «produzione agricola su piccola scala per la sussistenza e/o orientata al mercato, basata in larga misura, ma non necessariamente in modo esclusivo, sul lavoro della famiglia o del nucleo familiare, o su altre forme non monetarie di organizzazione del lavoro, con un particolare legame di dipendenza e attaccamento alla terra». Questo orizzonte è al centro del saggio di Antonio Onorati «In difesa dei contadini» (Terra Nuova edizioni, ottobre 2024, 13 euro). L’autore, da anni tornato all’attività agricola, è stato fra gli animatori della Ong Crocevia ed è membro attivo dell’Associazione rurale italiana (Ari/Ecvc). Il 2024 era iniziato con le proteste agricole in Europa e si è concluso con nuove agitazioni, contro l’approvazione dell’accordo di libero scambio Mercosur.

Secondo il Coordinamento europeo de la Via campesina – Ecvc, l’accordo porterà benefici solo all’industria europea e all’agribusiness brasiliano.
La liberalizzazione dei mercati agricoli, per sua natura, risponde agli interessi dell’agricoltura industriale e della grande industria di trasformazione: materie prime a basso costo, concentrazione del controllo dei mercati, ruolo fondamentale del capitale speculativo nelle borse dei futures, rafforzamento delle dipendenze tra economie agricole, fragilità e insicurezza alimentare. L’agricoltura contadina deve confrontarsi con un mercato rispetto al quale non ha alcun interesse ma che rafforza i suoi competitori. Il mercato internazionale dei prodotti agricoli è una quota minima della produzione agricola globale, ma il suo andamento determina i prezzi al consumatore sui mercati nazionali.

Antonio Onorati

Come si costruiscono le alternative al mercato globalizzato?
Passo dopo passo, a diversi livelli. La fine degli accordi sull’agricoltura all’Omc (Organizzazione mondiale del commercio), l’uscita del settore agricolo dagli accordi bilaterali di liberalizzazione dei mercati, la fine degli aiuti all’esportazione (se vuoi stare sul mercato mondiale, ci stai con i tuoi soldi), avrebbero un impatto positivo sul mercato interno. E a livello istituzionale mi sembra importante la discussione avviata, per esempio, dai paesi Brics. Non perché questi stiano sviluppando un’idea di mercato globale basato sulla sovranità alimentare, ma perché creare – se accadrà – una piattaforma di scambi alternativa alle borse di Chicago e Parigi può rompere la trasmissione della volatilità dei prezzi delle derrate globali e dell’energia ai mercati interni e quindi all’economia contadina.

Microcredito

per le aziende

 

Quale futuro in Italia e in Europa per l’agricoltura familiare e di piccola scala, per i coltivatori diretti, visto che la concentrazione fondiaria viene favorita?
Nel mondo, l’agricoltura contadina è la vita di almeno due miliardi di donne e uomini che hanno sfamato e continuano a sfamare il mondo lavorando con la terra e non contro di essa. Certo, secondo Eurostat, nell’Unione europea il numero di aziende agricole è in forte calo da diversi anni: tra il 2010 e il 2020, l’Unione ha perso circa 3 milioni di aziende agricole, quasi tutte a conduzione familiare. Malgrado questa moria costante, l’agricoltura di piccola scala resta centrale a livello italiano ed europeo. Un argine all’erosione della forza lavoro in agricoltura e nei territori rurali, pur nell’assenza di appropriati quadri normativi e specifiche politiche di sostegno.

Sulla questione fondiaria, il documento finale del «Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura», presentato dalla presidente della Commissione europea il 4 settembre 2024, fa qualche passo avanti?
Affinché al documento – che è stato influenzato dalla nostra partecipazione –, seguano azioni coerenti, Ecvc ha proposto e avviato in sede di Parlamento europeo la discussione su una sua proposta di direttiva per la redistribuzione delle terre. Il libro In difesa dei contadini la descrive in dettaglio. Una riforma agraria si impone, così da favorire l’accesso all’uso della terra e contrastare i processi di concentrazione che riducono la capacità produttiva agricola dell’intera Ue, impediscono il rinnovo generazionale e bloccano l’accesso ai «contadini del futuro.

Quali interventi pubblici si impongono?
Intanto, per quanto riguarda i soldi della Politica agricola comune (Pac), porre fine al criterio distributivo basato sul numero di ettari. Sostenere l’agricoltura contadina sulla base del modello produttivo agroecologico e decentrato e della capacità di creare occupazione effettiva, così anche da riportare vita e produzione sulle colline e sulle montagne. Inoltre è fondamentale uscire, nel campo della ricerca pubblica, dalla logica riduzionista quando si pensa all’innovazione in agricoltura (Ogm vecchi e nuovi, digitalizzazione, robotizzazione, data mining). La complessità della produzione del cibo si basa sulla complessità degli esseri viventi. In Italia, poi, abbiamo un problema supplementare: il mancato riconoscimento sociale dei lavoratori della terra, considerati cittadini a metà, fino a immaginare possibile la loro condizione di schiavitù.

Da più parti si sostiene l’assoluta necessità di ricorrere ai «nuovi Ogm» (in Italia chiamati Tea – tecniche di evoluzione assistita), così da aiutare le piante ad affrontare stress biotici e abiotici e da ridurre l’uso di agro-farmaci.
I nuovi prodotti annunciati hanno poco a che vedere con la lotta al cambiamento climatico. Portano però con sé brevetti, nessuna tracciabilità, nessuna valutazione dell’impatto sull’ambiente e sui sistemi agrari. Saranno liberi di contaminare i campi. L’Italia, paese Ogm-free fin dal 2000, perderà questo vantaggio. A chi giova?

Il mercato contadino come alternativa al capitalismo: realtà o desiderio?
Dice un proverbio dei paesi nordici: «Uno accende il fuoco e molti vengono a riscaldarsi». I mercati contadini – di prossimità, locali, interni – sono uno dei fuochi accesi ma di sicuro non bastano a riscaldare la casa. Per esistere hanno bisogno di strumenti, regole, politiche specifiche e differenziate. Fondamentale è la comprensione della formazione del costo, del prezzo e del valore: per determinare il compenso al lavoro contadino. Oltre a dover affrontare il controllo a monte e a valle dei costi di produzione e dei prezzi, dobbiamo domandarci se tutti i contadini debbano diventare anche negozianti e trasformatori, se tutti i consumatori debbano fare parte di un Gas o di una Csa. Le risposte a queste domande sono difficili da dare, spesso difficili da accettare; è evidente che il mercato contadino e la vendita diretta non sono gli unici strumenti per la circolazione dei prodotti dell’agricoltura, compresa quella contadina. Alimentare le grandi città richiede anche un passaggio attraverso l’industria di trasformazione. Si dovrà immaginare una riduzione della taglia degli impianti, una loro redistribuzione sul territorio. Ma questo, nell’ottica di una transizione agro-ecologica, solleva una serie di questioni che affronto nel libro.



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