Ogni anno, a gennaio, ricorre l’anniversario della morte di Bettino Craxi, il compianto leader del Partito socialista e già presidente del Consiglio dei ministri. Il Riformista ha ricordato lo statista durante l’appuntamento settimanale de L’ora del Riformista, il talk di approfondimento sui maggiori temi della politica italiana e internazionale.
L’appuntamento – dal titolo 25 anni senza Bettino Craxi, moderato da Aldo Torchiaro – ha visto come ospiti Margherita Boniver (presidente della Fondazione Bettino Craxi), Stefani Craxi (figlia di Bettino e presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Senato), Claudio Martelli (ex vicesegretario del Psi), Fabio Martini (giornalista de La Stampa e autore del libro Controvento. La vera storia di Bettino Craxi) e Umberto Ranieri (dirigente del Partito democratico e fondatore di Libertà Eguale).
Il direttore Claudio Velardi ha aperto il dibattito, sottolineando come la sinistra – del Pds prima e del Pd poi – non abbia mai veramente dato attenzione alle posizioni lungimiranti prese da Craxi già 40 anni fa. Per Stefania Craxi, suo padre è stato il leader della sinistra riformista, dell’unica sinistra italiana che ha avuto ragione dalla storia. «Io non credo che vada ricordato – ha detto – Va invece colta l’estrema attualità del suo pensiero. Dopo 25 anni bisogna sciogliere delle contraddizioni che sono talmente grandi da non poter essere colte da chiunque. Bisogna restituire a papà il posto che merita nella storia positiva dell’Italia repubblicana, è stato uno statista. È giunto il momento di fare i conti con questa storia».
Assassinio è l’unica parola che può spiegare quello che è stato fatto a Bettino Craxi. Non ce ne sono altre secondo Boniver, che ha precisato come lo stesso leader socialista – in una sorta di testamento trovato sul suo comodino – avesse scritto che «la storia condannerà i miei assassini». «In questi anni – ha aggiunto – la nostra Fondazione ha fatto un lavoro molto rigoroso, e oggi vedo che importanti firme del giornalismo descrivono la vicenda. Ma penso che questa storia non dovrà essere condivisa solo da noi, ma anche dai tantissimi giovani che ogni 19 gennaio affollano la tomba nel cimitero di Hammamet».
E come raccontare Craxi ai 20enni di oggi lo ha spiegato nel suo intervento Martini. «”Lui fino alla fine dei suoi giorni – ha affermato – si è definito di sinistra. Diceva: “Sono uno degli uomini più di sinistra di questo paese”. Dedicò molta della sua attenzione alla politica estera per una sfida continua, per riaffermare la sovranità nazionale. Craxi poi viene associato anche alla causa palestinese, ma in quel caso – d’accordo con il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan – aveva coordinato un piano di pace che spiazzava gli opposti radicalismi. L’azione dell’Achille Lauro contribuì anche, appunto, a spegnere questa possibilità. Ricordando anche un altro caso in cui lui si batté, chiudo dicendo che Craxi aiutò concretamente gli esuli, in particolare i cileni che avevano subito un colpo di Stato ordito sostanzialmente con l’accordo della Cia”.
[https://video.ilriformista.it/25-anni-senza-bettino-craxi-il-dibattito-a-lora-del-riformista-con-boniver-stefania-craxi-martelli-martini-e-ranieri-35948]
Martelli, che di Craxi fu vicesegretario, ha evidenziato come il riformismo sia nato proprio nel mondo socialista, contrapponendosi al rivoluzionarismo. «L’altro riformismo – ha dichiarato – è quello cattolico, questo va riconosciuto: i tentativi sedicenti riformisti degli ultimi anni si sono arenati proprio perché sono privi di queste due componenti fondamentali. Non dico che lo debba fare un partito socialista per necessità: lo devono fare tutti coloro che si ispirano al socialismo europeo, al laburismo, alla socialdemocrazia. Insomma, ci sono tante diverse correnti socialiste. Ripeto, non è questione di un partito: è questione di un orizzonte, di prospettiva. Per il resto, il riformismo liberale in Italia non l’ho visto al lavoro».
In chiusura della discussione, Ranieri ha sottolineato come Craxi – con grande intuito strategico – riuscì a far recuperare al socialismo italiano la fisionomia originaria, che aveva smarrito nella morsa della subalternità alla Democrazia cristiana e al Partito comunista italiano.
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