Tendenze Fra I Giovani: Andare Dallo Psicologo Online: Perché Lo Fanno

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Negli ultimi quattro anni, le richieste di aiuto psicologico sono cresciute di almeno dieci punti percentuali, passando dal 29% del 2020 al 39% del 2024. A incidere particolarmente su questo aumento è stata soprattutto la pandemia, che secondo un sondaggio del 2021 a cura dell’Ordine nazionale degli psicologi avrebbe provocato un aumento dell’83% dei disturbi d’ansia e del 72% di quelli depressivi e dell’umore. In risposta a un crescente bisogno e relativo dibattito pubblico sul tema della salute mentale, nel 2022 è stato introdotto il cosiddetto “bonus psicologo”, ovvero un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia: “Una misura d’urgenza, erogata in un periodo post-pandemico sulla base dell’evidenza di un crescente malessere”, è come lo ha definito Laura Parolin, Professoressa ordinaria al Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca.

Dalla sua approvazione, il bonus è stato rinnovato ogni anno con fondi differenti. Dai 10 milioni del 2022 si è arrivati alla legge di bilancio approvata a dicembre scorso che ha stanziato 9,5 milioni di euro per il 2025, 8 milioni per il 2026 e 9 milioni per il 2027. Dal 2028, sono previsti 8 milioni di euro all’anno. Il bonus ha risposto a un’esigenza evidente, come dimostra anche il monitoraggio condotto in cooperazione tra vari atenei italiani tanto dal punto di vista dei pazienti quanto dei terapeuti. “Gli esiti sono molto buoni e incoraggianti”, ha detto la Professoressa Parolin che ha gestito questa ricerca, da cui emerge la situazione della salute mentale in Italia e l’impatto della psicoterapia. Innanzitutto, spiega Parolin, vi è una forte componente femminile tra i partecipanti al monitoraggio e nel 72% dei casi si tratta di persone che non si erano mai rivolte a un terapeuta: “Quando abbiamo chiesto loro il perché, ci aspettavamo che la risposta fosse per vergogna o per stigma. In realtà, la motivazione prevalente è stata ‘non potevo permettermelo’”. È chiaro dunque, che “la misura del bonus, pensata per rispondere al bisogno di supporto psicologico in fasce di popolazione con un ISEE basso e che non potevano permettersi una terapia, in effetti ha colto proprio nel segno”. Dalla ricerca è emerso anche che chi ha potuto usufruire del bonus ha riscontrato un miglioramento dei sintomi, della qualità della vita e di benessere generale, con una riduzione significativa tanto dei giorni di assenza sul lavoro quanto persino di consumo di antidolorifici. Perciò, commenta Parolin, la misura del bonus “non deve essere pensata solo come una spesa dal punto di vista di chi la eroga, ma come un vero e proprio investimento” in un maggiore benessere delle persone. Le note negative evidenziate hanno riguardato più che altro gli aspetti burocratici con cui tanto i pazienti quanto i terapeuti si sono dovuti confrontare per il ricorso al bonus, ma il livello di soddisfazione per il percorso svolto è stato molto elevato.

Se il bonus ha avuto un impatto significativo sulla qualità della vita di coloro che lo hanno ottenuto, perché ha garantito l’accesso a un supporto psicologico altrimenti negato, è emerso anche come in realtà si riveli poi una misura inadeguata rispetto alle necessità. Nel 2024 ad esempio il portale dell’INPS su cui si può richiedere il contributo ha ricevuto oltre 400mila domande: solo 3.325 però sono state quelle accolte. “Da un lato”, dice Parolin, “è evidente che il bisogno di supporto psicologico è presente, ma dall’altro è anche altrettanto evidente che questo bisogno non può essere affrontato solo con delle misure d’urgenza”, come può essere appunto un bonus. Secondo l’esperta, è allora necessario piuttosto “un ripensamento strutturale dei servizi pubblici”. Per avere supporto psicologico nel pubblico, è possibile ad esempio rivolgersi al Cup, a un consultorio o alle strutture del Dipartimento di salute mentale: il problema è che oggi questi servizi “difficilmente riescono a fornire percorsi di psicoterapia perché non hanno a disposizione un numero sufficiente di professionisti”, spiega Parolin. Per questa ragione, negli ultimi anni si è parlato sempre con più insistenza dell’istituzione di un servizio di cure primarie che andrebbe a svolgere un ruolo centrale in termini di prevenzione, interventi precoci e orientamento sul territorio: Parolin li definisce come “punti di accesso di prossimità che possono accogliere il disagio del paziente e aiutarlo a rielaborarlo, a trovare una soluzione, ed essere in rete con gli altri servizi presenti sul territorio”. A ciò l’esperta aggiunge anche la necessità di prevedere veri e propri servizi di psicoterapia, che possano andare oltre il supporto psicologico limitato nel tempo ad oggi offerto nel pubblico e rispondere quindi alla domanda di chi non può permettersi la terapia nel privato. In Italia non esiste ancora una legge nazionale sul tema e alcune Regioni, come la Campania e la Lombardia, si sono già mosse autonomamente per offrire questo servizio. A novembre 2023 intanto la commissione Affari Sociali della Camera ha adottato un testo unico per l’istituzione a livello nazionale dello psicologo di assistenza primaria, che possa fornire un primo livello di assistenza psicologica accessibile e di qualità: in assenza di finanziamenti però niente ancora è cambiato.

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Se la sanità pubblica lascia un vuoto, è lì che allora si introducono i privati, che in molti casi applicheranno al diritto alla salute e all’accesso alle cure le logiche di profitto tipiche di un’azienda privata. La giornalista Francesca Cicculli che, insieme ai colleghi Edoardo Anziano e Roberta Lancellotti, ha condotto Tracciamenti, un’inchiesta sulle piattaforme di telepsicologia che negli ultimi anni sono diventate sempre più rilevanti, ha infatti spiegato: con la pandemia “molte persone si sono rese conto di aver bisogno di un aiuto ma non hanno trovato la sanità pubblica disposta ad accogliere questa necessità”. In Tracciamenti, ad esempio, viene mostrato il tentativo di “prenotare una seduta con uno psicologo sfruttando il Sistema sanitario nazionale: l’operatrice del Cup ci ha risposto che non c’erano posti disponibili in una grande città come Roma, l’unico posto era a Viterbo, un’altra provincia”. È in questo contesto allora che “si sono inseriti i privati e in particolare le piattaforme di telepsicologia” che, “oltre a dare supporto psicologico immediato – basta compilare un questionario e si viene subito associati a un professionista che in poco tempo fissa un appuntamento – offrono anche terapie a un prezzo inferiore rispetto alla terapia classica in presenza, e sono ideali per chi ha poco tempo per motivi personali e di lavoro, perché ti permettono di fare la terapia ovunque e in qualsiasi momento. Tutte queste caratteristiche hanno permesso loro di crescere velocemente e ora, quando si cerca supporto psicologico, i primi risultati che appaiono sul web riguardano proprio i siti di queste piattaforme”.

Lasciare spazio ai privati però può comportare anche una serie di rischi, come dimostra l’inchiesta di Cicculli, Anziano e Lancellotti. “Le piattaforme di telepsicologia hanno deciso volontariamente di comportarsi sul web come qualsiasi altra società o servizio online, nonostante trattino dati molto sensibili. Hanno quindi installato sui propri siti cookie di terze parti, ovvero pezzi di codice che tracciano l’attività dell’utente online per finalità di marketing”, dice Cicculli. Di conseguenza, “le terze parti con cui condividono queste informazioni sanno che l’utente ha richiesto aiuto psicologico online e, nel caso di alcune piattaforme, sanno anche se ha fatto davvero la terapia, perché il tracciamento riguarda anche la sessione con il terapeuta. I dati che vengono raccolti sulle piattaforme di telepsicologia possono essere riutilizzati da Meta, LinkedIn o TikTok per profilazione a scopi di marketing”. Per quanto non vengano “condivisi i dettagli della conversazione con il terapeuta o il contenuto del questionario iniziale”, chiarisce Cicculli, sono comunque “tracciate le azioni che l’utente fa durante la compilazione del questionario e durante la terapia: click, durata della connessione, passaggio dallo status di ‘compilatore’ del questionario a quello di utente registrato”. Il guadagno per le piattaforme è indiretto, perché “non vendono i dati degli utenti”, dice Cicculli, ma grazie ai cookie “riescono ad arrivare a più clienti in modo capillare, solitamente persone che hanno cercato già in precedenza supporto psicologico online o che hanno dimostrato in qualche modo un interesse verso quel servizio” e in certi casi possono capire “se gli investimenti fatti online sono serviti e in che volume. Tramite i cookie l’azienda può capire, per esempio, quanti nuovi clienti hanno portato le sponsorizzate su Facebook. In questo modo loro riescono a indirizzare in modo mirato i loro investimenti e a massimizzare i loro profitti”.  Cicculli spiega che “il tracciamento che queste piattaforme permettono non è illegale” e che “al momento non ci sono normative più stringenti per chi tratta dati relativi alla salute mentale”. Inoltre, “tutti noi ormai abbiamo normalizzato l’uso di questi sistemi di tracciamento, presenti in tutto il web: quello che ci chiediamo è se piattaforme che trattano dati così sensibili debbano comportarsi come Amazon, ad esempio, e sfruttare un nostro bisogno per fare profitto, considerando anche che non sappiamo davvero poi come le terze parti utilizzino i nostri dati”. Intanto, “come utenti forse dovremmo essere più consapevoli di quali dati lasciamo online e come questi vengono poi trattati”.

Al tempo stesso è importante notare anche quali alternative le persone oggi hanno. Secondo un sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli e dal Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, i principali fattori di stress oggi in Italia sono l’aumento dei prezzi e la condizione lavorativa ed economica: è piuttosto prevedibile allora che piattaforme che garantiscono supporto psicologico a prezzi sostenibili continuino ad avere un certo successo, come ben sottolineava anche Cicculli, soprattutto se la risposta politica si limita a essere una misura insufficiente in termini di risorse come è il “bonus psicologo”. Secondo la Professoressa Parolin, “il bonus non rappresenta una vera soluzione” e sarebbe invece importante investire di più nel pubblico: per farlo però bisognerebbe innanzitutto “aumentare il personale e assumere più psicoterapeuti, e questo è in capo a chi può decidere i tetti di spesa e assunzione”. Poco si è fatto però finora: “Noi abbiamo tutta la capacità di testimoniare la bontà degli interventi e l’efficacia del lavoro degli psicologi”, dice l’esperta. A mancare è la “volontà di dare spazio a queste misure”.



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