Le frasi choc di Oliviero Toscani sul Veneto e la querela da 50 milioni della Lega: «Aveva ‘l’immunità dell’artista’ e lasciammo stare»

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di
Silvia Madiotto

Dai «leghisti analfabeti» ai «veneti ubriaconi». Anche dopo le richieste di risarcimento il fotografo continuava a provocare. L’ex sceriffo di Treviso Gentilini lo portò in tribunale: «Ma lui era come me»

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Alla fine, dopo anni di liti sui giornali e in tribunale, avevano smesso di querelarlo. Tanto lui non mollava, come se non gliene fregasse niente. Passavano un tot di mesi dal primo insulto e ne arrivava un altro. Fra le «vittime» preferite del sarcasmo e delle offese di Oliviero Toscani c’erano soprattutto i leghisti e la Lega. 

E i leghisti, talvolta perché tirati in ballo direttamente, talvolta per difendere il «popolo veneto», non si sono sottratti alla sfida con il fotografo più iconico della famiglia Benetton. Zaia, Tosi, Gentilini, Bitonci e molti altri. Hanno tutti avuto (chi prima, chi dopo) a che fare con Toscani, mancato il 13 gennaio a seguito di una malattia.




















































Era febbraio del 2000 quando Toscani definì la Lega «diarrea mentale». Dell’ex sindaco di Treviso, lo Sceriffo Giancarlo Gentilini, disse «prima c’era Ridolini, oggi Gentilini con la sua provincialità schifosa, appartiene agli enzimi diarroici». Fu querelato, il Carroccio gli chiese un milione di euro, Genty stesso chiese i danni. Disse il segretario regionale Giampaolo Gobbo: «Così ha offeso tutti i trevigiani». Gentilini non riuscì a trattenersi: «I toscani me li fumo e tutto finisce in cenere». E di nuovo il fotografo: «Vuol dire che morirà di cancro ai polmoni». Ma il processo si fermò presto: nel 2006 fu assolto.

Frasi caustiche e querele

Questo non aveva certo dissuaso l’allora ministro Luca Zaia che, per la campagna elettorale del 2010 – quella del primo mandato in Regione – si era affidato a Fabrica, il laboratorio creativo di casa Benetton cresciuto a pane e Toscani. Non poteva però, certo, bastare per fare «pace». Nel 2014 nel mirino finirono Massimo Bitonci, sindaco di Padova, che il fotografo definì «non appartenente alla razza umana», e i leghisti bollati come «imbecilli e analfabeti». Querelato. 

Nel 2015 fu la volta del caso «veneti ubriaconi e alcolizzati atavici, si sente da come parlano». Il segretario leghista era Flavio Tosi, suggerì di chiedergli 50 milioni di euro di risarcimento; l’allora eurodeputata Mara Bizzotto si rivolse a lui con aria minacciosa dicendo «quando verrà in Veneto ci penseremo noi a organizzargli una festa coi fiocchi». Zaia era presidente, gli chiese di scusarsi «con il popolo veneto, senza appellarsi di nuovo alla satira, che è più raffinata». Ma poi, incalzato in radio, aveva aggiunto: «Toscani ha detto una serie incredibile di puttanate. Mi appello alla sua intelligenza, solo i cretini non cambiano idea». Toscani aveva fatto spallucce: «I veneti che si incazzano hanno la coda di paglia», scriveva sui social. Finita qui? No. Chi ha votato al referendum sull’Autonomia? «Mona». Salvini? «Un ritardato». Il Prosecco? «È industriale e inquina». Che da certe parti, qui in Veneto, è come insultare la mamma.

«Eravamo spiriti liberi che lottavano per le loro idee»

Ma nel giorno degli addii, anche quelle liti passano in secondo piano. «Un personaggio capace di caratterizzare un lungo tratto di vita italiana, una mente fervida, anche quando prendeva posizioni controverse, ma sempre con coraggio e mettendoci la faccia – l’ha ricordato Zaia -. Rendiamo onore a una persona geniale che ha legato al Veneto lunghi anni della sua attività di fotografo e comunicatore di eccezionale capacità, ha cambiato i criteri basilari della comunicazione». 

Gentilini posa l’ascia di guerra: «Eravamo due spiriti liberi che combattevano per le loro idee ma il confronto è sempre stato pacifico. Toscani ha segnato la storia, proprio come me». E le offese? E le querele? «Quando non si ha nulla da dire, le offese inventate non possono intaccare l’integrità morale di chi lavora per il territorio. Sì, l’ho portato in tribunale, ma fa parte della vita: la gente che tace non mi piace, e non piaceva nemmeno a lui». 

Anche Gobbo rende a Toscani l’ultimo saluto: «Era il suo modo di essere sempre provocatore al massimo, ma non è mai stato portato in giudizio per questo. Non capiva che la Lega esprimeva ed esprime orgoglio, identità e storia di un popolo. Per lui, che voleva portare un certo tipo di pensiero, noi eravamo uno choc. Ma aveva anche cercato di scusarsi: con me lo fece attraverso un comune amico. E poi per i giudici aveva “l’immunità dell’artista”. Così, la terza volta che insultò la Lega lasciammo stare».

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