Neonato morto a Bari, la culla era guasta: il «tappetino» non ha mandato l’alert

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BARI – Potrebbe essere nel malfunzionamento del «tappetino» su cui poggia la culla termica la risposta alla domanda sulla morte del neonato, il cui corpicino senza vita è stato trovato la mattina del 2 gennaio, nella saletta adiacente alla chiesa di San Giovanni Battista, nel quartiere Poggiofranco di Bari.

Ieri sono cominciate le operazioni tecniche dispositivo. Al lavoro, per circa tre ore, i consulenti nominati dalla Procura, il professore di ingegneria elettrica Saverio Mascolo e l’elettricista Luigi De Vecchis, con gli esperti di parte scelti dagli indagati per assistere agli accertamenti, gli ingegneri Michele Deligio e Paolo Lino, oltre agli investigatori della Squadra mobile e ai magistrati che coordinano l’inchiesta sulla morte del bambino, il procuratore aggiunto Ciro Angelillis e la pm Angela Maria Morea. Quello di ieri è stato il primo accesso alla saletta che ospita la culla dal giorno del ritrovamento del bambino. Il sito è sotto sequestro ormai da dieci giorni: sia il locale dove si trova l’incubatrice sia tutti i dispositivi al suo interno: telecamera, impianto di climatizzazione e la stessa culla, sul cui funzionamento – o presunto malfunzionamento – si stanno concentrando le verifiche. A partecipare ieri a queste prime operazioni tecniche c’era anche don Antonio Ruccia, il parroco indagato per omicidio colposo. «È in trepidante attesa di capire cosa è accaduto» ha riferito il suo avvocato, Salvatore D’Aluiso, a margine della consulenza.

Con il sacerdote è indagato anche l’elettricista Vincenzo Nanocchio (difeso dall’avvocato Giovanni De Leo) il quale per ultimo, il 14 dicembre scorso, ha fatto un intervento di manutenzione della culla, chiamato per un malfunzionamento dell’impianto. Nanocchio agli inquirenti ha spiegato di aver sostituito un alimentatore che non funzionava.

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Gli accertamenti sul dispositivo termico sono stati disposti dalla Procura per verificare l’eventuale malfunzionamento della culletta che potrebbe aver causato il decesso del bambino che – stando all’esito dell’autopsia – sarebbe per ipotermia. La consulenza tecnica quindi dovrà accertare il funzionamento del sistema, da quante e quali parti è composto, verificare se ha funzionato e, se non ha funzionato, perché; se ci sono altri sistemi per la salvaguardia bambino: videosorveglianza e riscaldamento della saletta e se questi abbiano funzionato, in caso contrario perché; il funzionamento del sistema di alimentazione elettrico.

Ieri sarebbe arrivata già la prima certezza: il tappetino non funziona. I tecnici hanno fatto diverse prove, facendo pressione sulla base della culla – lì dove viene adagiato il bambino – rilevando che tali pressioni non fanno partire il segnale di allarme. La culla, cioè, è collegata tramite un alimentatore ad un commutatore telefonico. Il commutatore – hanno accertato i consulenti – funzionerebbe. Stimolato autonomamente, cioè, partirebbe la telefonata al cellulare collegato, quello di don Antonio Ruccia, che dal primo momento ha detto che la chiamata non sia mai arrivata supponendo quindi che non fosse partita. In effetti, se gli accertamenti più specifici dovessero confermare questo primo sospetto e le iniziali verifiche di ieri, a non funzionare non sarebbe il dispositivo telefonico ma la culletta stessa, cioè il tappetino che ha al suo interno i circuiti che a loro volta collegano l’incubatrice alla sim che dovrebbe poi far scattare l’allarme e partire la chiamata. I consulenti hanno prelevato il tappetino incriminato e proseguiranno gli accertamenti sul dispositivo in un laboratorio del dipartimento di Ingegneria del Politecnico di Bari. Poi procederanno con le verifiche sull’impianto di climatizzazione della saletta. La relazione dovrà essere pronta entro venti giorni. Per tutta la durata delle operazioni tecniche in loco la Polizia ha delimitato l’area inibendo l’accesso a persone e mezzi.

Proseguono intanto le indagini per tentare di identificare la mamma del neonato – che si stima avesse una età tra le due e le tre settimane di vita – attraverso l’analisi delle telecamere della zona per capire l’orario esatto in cui è stato lasciato il bambino e quindi calcolare per quante ore sia rimasto al freddo. Nel fascicolo si ipotizza infatti a carico di ignori anche il reato di abbandono di minore seguito da morte.

 



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