Massimo Carlotto: «In Veneto politica asservita alle associazioni di categoria»

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Scrutando il Veneto del Duemila, regala una certezza: «Da tempo ho smesso di valutare l’agire delle amministrazioni pubbliche all’interno di dinamiche proprie. Quello che conta davvero sono i rapporti progettuali e di interesse tra le varie associazioni di categoria».

Massimo Carlotto, 68 anni, vanta un profilo intellettuale ormai sconfinato: scrittore di noir, ma anche drammaturgo; firma giornalistica e autore di saggi; “fumettaro” e sceneggiatore. Ha debuttato con “Il fuggiasco”  caldeggiato dalla geniale Grazia Cherchi. Poi ha regalato il ciclo dell’Alligatore approdato nel 2020 alla serie Rai diretta da Daniele Vicari ed Emanuele Scaringi. E ha curato la collana editoriale Sabot/Age, con i nuovi autori a cavallo del millennio. Fra i tanti riconoscimenti, spicca il Premio Letterario Noir Ecologista Jean Claude Izzo.

L’ultimo romanzo è “Trudy” (Einaudi Stile Libero Big, pagine 216, euro 18). Pagine in cui brilla la criminalità al lavoro… nel mondo del lavoro.

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«Il lavoro è terra di conquista della criminalità. Non soltanto delle culture mafiose, ma anche di cordate politico-finanziarie-imprenditoriali: vere e proprie bande di incensurati che saccheggiano, evadono, sfruttano praticamente impuniti e in qualche modo protetti, perché rappresentano la base di quel blocco sociale che sostiene il governo. Ed è in grado di sostenerne altri in futuro, a seconda delle opportunità. In Trudy  ho voluto raccontare il “sistema Prato”, il meta-distretto della moda che si fonda su un sistema illegale, dove lo sfruttamento è bestiale (12 ore, 7 giorni su 7) e dove è “normale” picchiare i sindacalisti. In particolare mi sono occupato della relazione tra illegalità e controllo (nel senso di protezione) di cui sono incaricate le agenzie di sicurezza. I pretoriani della nuova e vecchia classe dirigente. Il progetto è evidente: criminalizzare il dissenso, controllare l’agire di magistratura  e forze dell’ordine in merito ai reati dei colletti bianchi e usare i pretoriani come polizia privata». 

Il “caso Alì” a Camin conferma la mega-cementificazione che ormai invade l’intera provincia: i magazzini come nuova forma anche di speculazione immobiliare?

«Nella valutazione ambientale redatta da Alì, l’impatto è definito insignificante e i campi di Granze un’area degradata. È sempre la stessa storia. Lo sviluppo della logistica in termini di cementificazione non ha mai tenuto conto delle esigenze dei territori e degli abitanti. La logica concorrenziale che domina il settore della Grande Distribuzione ha prevalso e prevale ormai da troppo tempo. Pensare che Alì si accontenti di Granze è una pia illusione, perché è sufficiente osservare le politiche degli altri gruppi per rendersi conto che quel polo non potrà che espandersi. Le voci che indicano Saonara mi sembrano più che fondate. E in quest’ottica mi sembra che la speculazione immobiliare sia uno degli snodi di una progettualità di largo respiro, in cui la Grande Distribuzione intende assumere ruoli di controllo economico e politico del territorio».

Logistica: da una dozzina d’anni era già tutto spianato (la “cricca” di Padova Est) con Alberto Nerazzini per “Report”.  Perché non cambia nulla?

«Non solo non cambia nulla ma, come spiegato nella risposta alla precedente domanda, la logistica è “il” settore strategico che gestisce la distribuzione e circolazione delle merci. L’unica novità è che sviluppa forme endemiche di conflittualità. L’esperienza sindacale di Cobas-ADL è estremamente indicativa in questo senso. I lavoratori della logistica, a differenza di altri comparti, sono in grado di costruire terreni di lotta e di contrattazione vincenti. Quindi è vero: non cambia nulla, tuttavia il percorso è molto più accidentato di una volta».

La copertina di Trudy di Massimo Carlotto (Einaudi)

Letteratura Working Class: qual è la sua potenza narrativa?

«La cultura italiana, che da tempo si è trasformata in industria culturale, ha espulso il lavoro dalla narrazione che racconta il Paese. La letteratura in particolare si è allontanata dalle tematiche della produzione e delle ricadute sulle vite delle persone, in nome di una visione consolatoria della società. L’idea di coltivare un percorso Working Class, a partire dall’esperienza inglese, è estremamente importante e non solo come pratica della rottura di un modello. Significa restituire dignità e “fisicità” a un mondo nascosto sotto il tappeto. Tra l’altro, è innegabile che uno dei motivi che hanno causato l’abbandono della lettura da parte di larghe fasce di popolazione è dovuto anche all’incapacità di approfondire la quotidianità, i bisogni, le contraddizioni e le giuste aspirazioni di coloro che subiscono attraverso l’occupazione le differenze di classe. Il limite di questo filone potrebbe essere la visione totalizzante del proprio ruolo, mentre altri filoni letterari devono riappropriarsi del lavoro. Per esempio il noir, che sempre di più si sta esprimendo come letteratura del conflitto».

Padova, città delle gru (edili) e degli struzzi (amministrazioni pubbliche). Un’eredità più che pesante per le nuove generazioni…

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«Padova, cioè il Veneto. Ormai da un bel po’ sono più che persuaso: più delle scelte amministrative pubbliche contano gli interessi delle associazioni di categoria che dominano l’economia del territorio. Mi sembra che, a differenza di un tempo, le relazioni a livello regionale siano molto più strette e che la Regione Veneto, come momento di articolazione politica, sia molto più asservita. Come sono convinto che la futura maggioranza lo sarà ancora di più. Il nodo dell’eredità non è tanto il peso del lascito, ma la difficoltà di rifiutarlo in termini di opposizione e costruzione di percorsi altri. Le nuove generazioni hanno bisogno di riuscire a immaginare  e poi a praticare un’alternativa a questo Veneto che sempre più sta divorando se stesso».



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