Negli ultimi giorni, diverse città italiane sono state teatro di atti vandalici rivolti contro le sedi di aziende operanti nel settore degli affitti brevi e contro dispositivi come le key box, spesso utilizzate per il check-in anticipato degli ospiti. Queste azioni, rivendicate da gruppi come la “Banda di Robin Hood”, stanno destando preoccupazione tra gli operatori del settore e le istituzioni, sia perché alimentano la tensione sociale, ma anche per la pessima immagine che stanno dando al turismo italiano all’estero.
L’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi (AIGAB) ha espresso solidarietà agli operatori colpiti, condannando fermamente questi episodi come attacchi alla libertà privata e imprenditoriale. AIGAB ha lanciato un appello al Governo, in particolare al Ministero dell’Interno e al Ministero del Turismo, affinché vengano tutelati i diritti dei proprietari che mettono a reddito i loro immobili attraverso gli affitti brevi, sottolineando l’importanza economica del settore: “Ci appelliamo al Governo, e in particolare al Ministero dell’Interno e al Ministero del Turismo, e alle autorità di Pubblica Sicurezza affinché tutelino con ogni mezzo previsto i diritti dei proprietari italiani che mettono a reddito i loro immobili attraverso gli affitti brevi, così come degli imprenditori del turismo in appartamento. E soprattutto chiediamo di porre fine ad una campagna denigratoria messa in campo ormai da mesi contro un mercato che porta al PIL italiano annualmente un valore pari a circa 57 miliardi di euro: nel 2023 il settore ha fatto registrare infatti 11miliardi in GBV (valore delle prenotazioni), 44miliardi di indotto (spese degli ospiti per ristoranti, trasporti, cultura, esperienze, shopping) oltre a 2 miliardi di euro per ristrutturazioni e manutenzioni delle case promosse sul circuito degli affitti brevi. Basta demagogia”.
Il Ministro del Turismo, Daniela Santanchè, ha dichiarato: “Condanniamo con fermezza gli atti vandalici delle ultime ore contro i gestori degli affitti brevi. Rimaniamo, come sempre, aperti al dialogo e siamo pronti a una riflessione comune, purché si svolga in un clima di confronto costruttivo, volto a valutare un eventuale miglioramento delle norme attualmente in vigore”.
Quella che si sta consumando, tra presunti difensori del diritto alla casa e famiglie che cercano di mettere a reddito la propria con gli affitti brevi è fondamentalmente una “guerra tra poveri“, tra chi non riesce a pagare i canoni di locazione nelle grandi città e chi si rivolge agli affitti brevi perché gli stessi canoni da affitto ordinario non sono sufficienti ad integrare il reddito familiare. Non a caso la maggior parte delle seconde case degli italiani sono vuote, in zone non turistiche si preferisce tenerle a disposizione anziché affittarle: secondo i dati di Aigab su 9,6 milioni di seconde case sono 503mila sono adibite ad affitti brevi.
“Nel 2023 – ricordano dall’Aigab – il settore degli affitti brevi ha fatto registrare infatti 11 miliardi in GBV (valore delle prenotazioni), 44 miliardi di indotto (spese degli ospiti per ristoranti, trasporti, cultura, esperienze, shopping) oltre a 2 miliardi di euro per ristrutturazioni e manutenzioni delle case promosse sul circuito degli affitti brevi. Su 503mila appartamenti destinati agli affitti brevi solo il 25% è gestito da aziende di property management che sono circa 30 mila, con un indotto nel mondo del lavoro di circa 150mila persone”.
Questi atti vandalici non nascono in un vuoto culturale, ma sono il frutto di un clima di crescente tensione alimentato da mesi di denigrazione mediatica. Il settore degli affitti brevi è stato costantemente dipinto come il principale colpevole di problemi complessi e stratificati come l’overtourism, la gentrification, l’aumento degli sfratti e la crescita vertiginosa dei canoni d’affitto per locazioni a lungo termine. Questa narrativa, utilizzata spesso per sostenere la necessità di regolamentazioni più rigide, ha contribuito a creare un’immagine polarizzata del fenomeno, in cui l’affitto breve è percepito come il nemico da combattere.
In questo contesto è però fondamentale chiedersi se questa semplificazione non stia nascondendo un problema più ampio e strutturale. In un Paese dove esistono circa 9 milioni di abitazioni vuote, possiamo davvero credere che il problema risieda principalmente nelle case immesse nel circuito degli affitti brevi?
La vera questione non è il fenomeno degli affitti brevi in sé, ma l’assenza di politiche abitative a lungo termine. Da un lato, servirebbero interventi per incentivare l’uso delle case vuote e risolvere il problema della disponibilità di alloggi a prezzi accessibili, anche attraverso politiche di affitto calmierato. Dall’altro, sarebbe necessario offrire tutele reali sia ai proprietari, spesso gravati da costi fiscali e gestionali, sia agli inquilini, per evitare situazioni di squilibrio.
Creare un nemico comune non è la soluzione: alimenta la “guerra tra poveri” che non solo non risolve i problemi reali, ma li aggrava. Il vandalismo non è una forma di lotta sociale, ma una manifestazione di un disagio che va affrontato con dialogo e proposte concrete. Smettere di accusare chi cerca di sfruttare le proprie risorse per migliorare la propria condizione economica è il primo passo per costruire un dibattito equilibrato, capace di proporre soluzioni che guardino alle radici del problema. Tanto più che tali atti rischiano di compromettere l’immagine dell’Italia come destinazione turistica accogliente e sicura, con possibili ripercussioni negative sull’intero comparto turistico e sull’economia nazionale.
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