Terzo mandato, la «furbata» di De Luca e le ambiguità della politica

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Antonio Polito

Le leggi si rispettano e non si aggirano.«Spetta agli elettori decidere da chi essere governati»: è il mantra di tutti i politici populisti insofferenti alle regole

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«Spetta agli elettori decidere da chi essere governati»: è il mantra di tutti i politici populisti, insofferenti delle regole e delle leggi. L’affermazione, presa in sé, è ovviamente vera: questa è la democrazia, il potere dato al popolo di scegliersi i propri rappresentanti e di cambiarli a date prefissate. Ma non è tutta la verità, né solo la verità o nient’altro che la verità. Perché il primo articolo della Costituzione afferma sì solennemente che «la sovranità appartiene al popolo», ma poi aggiunge: «…che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Ora il governo ha impugnato, cosa che è nell’ambito dei suoi poteri, una legge della Regione Campania fatta per aggirare con una furbata la norma nazionale che vieta il terzo mandato ai governatori (così come ai sindaci). E l’ha impugnata davanti alla Corte costituzionale che è il giudice supremo delle leggi. Dunque De Luca non può appellarsi alla sovranità popolare per chiedere di essere di nuovo candidabile, ma solo alla Costituzione, che è sovraordinata a tutti e stabilisce l’ambito in cui quella sovranità è esercitata legalmente.

Se così non fosse, del resto, se la democrazia consistesse solo nel rito periodico delle elezioni, potremmo definire democrazie anche i regimi di paesi in cui non esiste uno Stato di diritto: la Russia di Putin, per esempio dove il popolo vota ma la legge se la fa a suo piacimento l’autocrate che comanda da un quarto di secolo. E che, quando gli serve, si fa temporaneamente sostituire da un alter ego, da una controfigura, quel Medvedev che gli ha tenuto in caldo la poltrona proprio come ha fatto De Luca con Bonavitacola e come potrebbe ancora fare nel caso sia proprio impossibilitato a governare in prima persona. Insomma: le leggi si rispettano, e non si aggirano. E sembra davvero blasfemo confondere una semplice brama di potere personale con il messaggio di Wojtyla riprodotto alle spalle del governatore nella sua ultima conferenza stampa: quando disse al suo popolo «Non abbiate paura», il Papa si riferiva alla speranza nel Cristo non a quella in don Vincenzo.




















































Ma detto questo, e ribadita dunque la primazia della legge negli ordinamenti liberali, bisogna ammettere che in Italia le leggi lasciano spesso troppi dubbi sulla loro applicazione, aprendo la via a percorsi tortuosi e infiniti e a interpretazioni interessate o di parte. Prendiamo il caso per l’appunto della legge che dal 2004 stabilisce il limite dei due mandati consecutivi, a mio parere più che giusto perché quando c’è l’elezione diretta di una carica monocratica di governo bisogna assicurarsi che i poteri particolarmente ampi che essa affida non si trasformino in potere personale, perché «il potere corrompe, ma un potere assoluto corrompe assolutamente». È per questo che la norma non riguarda i parlamentari, i quali rappresentano i cittadini ma non li governano, non amministrano la cosa pubblica ma fanno le leggi. E infatti negli Usa il presidente non può essere eletto per più di due mandati di seguito, mentre deputati e senatori sono spesso eletti per più legislature. Del resto, anche nel disegno di legge costituzionale del governo Meloni per l’istituzione del premierato, accusato di essere «autoritario» da parte dell’opposizione, si prevede il limite dei due mandati per il premier eletto.

E però ha ragione De Luca quando dice che quella norma è stata già aggirata in Piemonte e in Veneto, dove infatti Zaia sta facendo il suo terzo mandato proprio grazie alla stessa trovata di De Luca, cioè con il recepimento ritardato della legge nazionale, senza che i governi dell’epoca la impugnassero. Ciò non vuol dire che se si è sbagliato una volta bisogna continuare a farlo. Ma dimostra che in Italia non si sa mai se una norma è «auto-applicativa», specialmente per ciò che riguarda le Regioni: se cioè per esser applicata ha bisogno oppure no di un ulteriore espressione di volontà politica da parte di un’assemblea legislativa. Nel caso specifico, l’ambiguità cui si aggrappa De Luca è proprio lì: quella legge nazionale — sostiene — non era stata finora recepita dal consiglio regionale della Campania, lo è da adesso e dunque la sua validità comincia ora, di conseguenza il mio prossimo mandato sarebbe il secondo e non il terzo.
Curiosamente la stessa ambiguità vale per la riforma dell’autonomia differenziata voluta dalla maggioranza di centrodestra e tanto contestata dallo stesso De Luca: il governo dice che la sentenza della Consulta che ne ha abrogato parti importanti è «auto-applicativa», e dunque la riforma può andare avanti comunque, mentre gli oppositori sostengono il contrario, che va cioè riscritta daccapo.

Infine qualcosa del genere sta avvenendo in Sardegna dove una sentenza della Corte dei conti ha dichiarato decaduta la governatrice Todde per irregolarità nelle spese elettorali, ma la maggioranza di centrosinistra nell’isola sostiene invece che quella decadenza scatta solo se il Consiglio regionale la ratifica. Fingendo di dimenticare che agì in senso opposto nei confronti di Berlusconi, quando pretese che la sua decadenza dal Senato, prevista dalla legge Severino per una condanna penale, fosse un atto dovuto che non richiedeva un ulteriore giudizio dell’assemblea. Troppe leggi poco diritto, si potrebbe dire di questo nostro sfortunato paese che produce un terzo di norme scritte in più di Francia e Germania. Scritte spesso da politici incapaci o volutamente ambigui, e dunque sempre destinate ad essere reinterpretate, aggirate, evase, contestate. Creando una costante incertezza, che è tra le cause del calo della fiducia dei cittadini nella democrazia. Basti dire questo: ora De Luca andrà avanti e si candiderà, e se la decisione della Corte Costituzionale arriverà tardi potrebbe persino accadere che lui venga eletto e che una sentenza immediatamente successiva lo renda ineleggibile. Così il «popolo sovrano» avrebbe eletto De Luca e finirebbe governato da Bonavitacola. Vi pare democrazia, questa?

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12 gennaio 2025 ( modifica il 12 gennaio 2025 | 07:41)

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