La Procura ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo: la donna di 48 anni aveva affrontato anche un intervento per curare una patologia cardiaca. La famiglia ha presentato un esposto:«Sterilizzazione difettosa»
Dopo due interventi, il primo per sconfiggere un tumore mammario e, un secondo, per curare una patologia cardiaca, il 30 dicembre scorso a spegnere per sempre il sorriso di Debora Danieli, 48 anni, residente a Ponte San Nicolò (Padova) è stato un batterio killer che la donna potrebbe avere contratto proprio durante le cure in ospedale. Una morte sulla quale, ora, la Procura di Padova vuole fare chiarezza in seguito all’esposto presentato dai familiari, che si sono affidati a Studio3A spa, società specializzata nel risarcimento.
Il pubblico ministero Marco Brusegan nei giorni scorsi ha aperto infatti un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, al momento contro ignoti, per la prematura morte, tutta da chiarire, della quarantottenne padovana deceduta, prima di Capodanno, all’ospedale di Padova dopo una via Crucis lunga più di otto mesi e una vana battaglia contro un’infezione. Nel gennaio dello scorso anno alla donna era stato diagnosticato un tumore alla mammella. Una volta presa in carico dallo Iov, l’Istituto Oncologico Veneto di Padova, e operata il 15 aprile, dopo l’intervento le era stata accertata anche una malformazione cardiaca che l’aveva costretta a sospendere l’iter oncologico.
Era stata trasferita nel reparto di Cardiochirurgia «Gallucci» per risolvere l’ulteriore problematica al cuore. A due settimane, però, dalle dimissioni, la donna era dovuta tornare di corsa in ospedale in seguito ad un’infezione da Staphylococcus Aureus. «Un battere contratto molto verosimilmente durante l’intervento cardiochirurgico – ipotizza l’avvocato Riccardo Vizzi, consulente legale della famiglia -, che potrebbe essere stato presente a causa di un difetto della sterilizzazione degli ambienti ospedalieri. Abbiamo chiesto pertanto alla Procura di compiere le opportune indagini».
Debora Danieli, impiegata al Centro medico Serena di Padova, molto conosciuta e stimata in città, nonostante le cure e già debilitata dagli interventi subiti, non era riuscita a sconfiggere l’infezione ed era stata dunque costretta a svariati successivi ricoveri, fino all’ultimo a fine dicembre.
«Ci hanno chiamato dall’ospedale il 30 dicembre dicendoci che avevano trovato mia sorella morta sul letto ma non sapevano con esattezza quando si fosse spenta e nemmeno perché – spiega la sorella Valentina -. Era stata ricoverata il 27 dicembre in seguito ad un dolore al petto e al braccio e sottoposta alla cura di antibiotici». Il giorno prima del decesso il papà Roberto e la mamma Adriana Ivanov, ex docente del liceo Tito Livio di Padova, erano andati a trovarla.
«Debora camminava lungo i corridoi con la flebo, era piena di forza – spiega la sorella -. Aveva un carattere tosto, sognava di tornare a casa per festeggiare l’anno nuovo e tornare a cantare, la sua grande passione». La famiglia, assistita dall’avvocato Massimo Pavan del foro di Venezia, il 31 dicembre ha dunque presentato una denuncia ai carabinieri chiedendo all’autorità giudiziaria di accertare le cause del decesso ed eventuali responsabilità, attraverso un’autopsia giudiziale.
La Procura ha acquisito e posto sotto sequestro tutta la documentazione medica e la salma, e ha aperto un fascicolo, disponendo l’esame autoptico a cui è seguita dunque la nomina per l’accertamento tecnico non ripetibile del medico legale Antonello Cirnelli, Giorgia Bonalumi, specialista in cardiochirurgia, e l’infettivologo Ermenegildo Francavilla. Il consulente tecnico per la parte offesa è invece il medico legale Alessandra Rossi. Nel frattempo, l’Azienda ospedaliera di Padova ha spiegato di non avere elementi sufficienti per rilasciare dichiarazioni in merito all’improvvisa scomparsa della donna.
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