Con l’inizio del 2025, le previsioni economiche non indicano un forte incremento a livello globale. Secondo Mario Baldassarri, ex viceministro dell’Economia e attuale Presidente del Centro studi EconomiaReale di Roma nonché dell’Istao di Ancona, «abbiamo iniziato l’anno sulle basi di un rallentamento osservato negli ultimi mesi del 2024. Di conseguenza, sarà complicato assistere a un rilancio economico, soprattutto in Europa e in Italia».
L’Europa, dunque, potrebbe trovarsi ulteriormente indietro rispetto a Cina e Stati Uniti…
L’Europa dovrà affrontare i propri dilemmi in un contesto di competizione con gli Stati Uniti e la Cina, dove il suo ruolo appare marginale. Le prospettive economiche europee sono piuttosto limitate, poiché, come sostengo da tempo, Bruxelles avrebbe dovuto già da mesi render permanente il programma Next Generation EU.
Questo basterebbe a risolvere le problematiche dell’industria europea?
No, in quanto si tratta comunque di fondi che rappresentano una frazione minima del PIL europeo. Pertanto, pur essendo un passo necessario e urgente, è insufficiente. Sarebbe essenziale, infatti, istituire un bilancio federale dell’UE per progetti industriali comuni nei settori dell’energia, dell’automobilistico e per programmi specifici su temi come la difesa, la sicurezza, la formazione avanzata del capitale umano e l’innovazione tecnologica. Sinora, Bruxelles si è limitata a stabilire scadenze per la transizione energetica senza un piano industriale che orienti le aziende verso tali obiettivi, il che rappresenta un vero e proprio autolesionismo.
In che modo questi progetti industriali europei si distinguerebbero dal dirigismo?
È sufficiente osservare gli Stati Uniti, noti per il loro approccio liberale, che da oltre due anni hanno attuato l’Inflation Reduction Act, un piano di sostegno all’industria americana. Inoltre, 400 miliardi di euro annui di risparmi dei cittadini dell’UE vengono investiti negli Stati Uniti, a causa della mancanza di un mercato comune dei capitali e di progetti industriali integrati in Europa.
Prima di arrivare a questi progetti industriali europei, sarebbe necessario rivedere le scadenze sulla transizione, come lo stop alle auto con motore endotermico?
Personalmente, ritengo di sì, specialmente perché fino ad ora non esiste un piano industriale che giustifichi tali scadenze.
Per realizzare quanto auspica sarebbe necessario un significativo cambiamento politico.
L’analisi che ho presentato si basa su dati economici e comprendo che le mie proposte implicano decisioni prettamente politiche. Il panorama politico attuale, sfortunatamente, non è incoraggiante, anche a causa dell’assenza dell’asse franco-tedesco che ha guidato l’Europa per trent’anni. Pertanto, il 2025 per l’Europa potrebbe somigliare molto al 2024, se non peggio, a meno che non si verifichino cambiamenti significativi.
Ad esempio, se gli Stati Uniti non introducessero dazi penalizzanti sulle merci europee…
Sì, ma non possiamo ignorare anche la situazione geopolitica internazionale, con conflitti che coinvolgono aree cruciali per le forniture energetiche europee.
Cosa può fare l’Italia in questo contesto di stallo politico europeo?
Quanto detto per l’Europa, ovvero la necessità di sviluppare una strategia economica e industriale federale, vale anche per l’Italia, che nonostante il contributo del Pnrr cresce di poco. È fondamentale mantenere i conti in ordine, dato che la stabilità politica del governo italiano, sebbene non piaccia a tutti, ha trasmesso una sensazione di sicurezza agli investitori internazionali, riducendo così il nostro spread…
…Tuttavia, se la situazione in Francia dovesse peggiorare, resteremmo esposti al rischio di un contagio…
Sì, considerando che abbiamo un debito pubblico che ora raggiunge i 3.000 miliardi di euro da rifinanziare sui mercati.
Prosegua con ciò che stava dicendo: bene aver tenuto i conti in ordine, ma…
È evidente che l’intervento di 30 miliardi di euro per quest’anno, sebbene possa essere apprezzato qualitativamente, è quantitativamente insufficiente, tanto che lo stesso governo aveva previsto un impatto sulla crescita dello 0,1%. Il vero problema rimane quindi quello delle grandi riforme strutturali, da cui bisogna partire.
Potrebbe ricordarci quali sono le grandi riforme strutturali da attuare nel nostro Paese?
Giustizia, pubblica amministrazione, concorrenza e fisco. Inoltre, per quanto riguarda quest’ultimo, gli sgravi fiscali per cittadini e imprese dovrebbero essere di almeno 60 miliardi per avere un impatto significativo sull’economia. Le risorse necessarie, come ho già sottolineato, possono essere ottenute attraverso una ristrutturazione del bilancio pubblico, sia dal lato delle spese che delle entrate. L’auspicio per il 2025 è che possa essere finalmente l’anno in cui queste riforme vengano attuate. Considerando che mancano due anni alla fine della legislatura, potrebbe essere un momento opportuno per il governo per implementarle.
(Lorenzo Torrisi)
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