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Per quanto riguarda i redditi di impresa, i ricavi che derivano dai canoni di locazione devono considerarsi conseguiti alla data di maturazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione
In tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi conseguiti alla data di maturazione dei medesimi in quanto, fino all’eventuale risoluzione del contratto, non possono essere qualificati componenti positivi dei quali non sia certa l’esistenza o la determinazione dell’ammontare, a nulla rilevando l’aspetto finanziario relativo alla concreta corresponsione.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 33303/2024.
I canoni di locazione dell’impresa sono tassati per competenza
Il caso riguarda il ricorso proposto da una società avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio finanziario aveva contestato la debenza delle maggiori imposte a titolo di IVA, IRES e IRAP per l’anno 2009.
La controversia è giunta dinanzi alla CTR che ha respinto l’appello dell’Amministrazione finanziaria, proposto contro la sentenza di prime cure che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente.
La CTR ha ritenuto che, ai sensi dell’articolo 3 del DPR n. 633/1972, le prestazioni di servizi, soggette a IVA solo se rese verso corrispettivo, si considerano effettuate all’atto del relativo pagamento.
Prima di tale momento non esiste nessun obbligo, ma solo la facoltà di emettere fattura o di pagare l’imposta.
Ha, quindi, richiamato la giurisprudenza secondo la quale, ai fini della determinazione del periodo d’imposta cui riferire il versamento dell’acconto sul corrispettivo di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, assume rilievo il momento del versamento della somma con emissione della relativa fattura, che costituisce operazione imponibile ex art. 6, comma 4, del DPR n. 633 del 1972, secondo il quale, in tale ipotesi, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato. Nella specie è corretto quanto statuito dal giudice di primo grado, secondo il quale, dalle risultanze della contabilità allegata agli atti, risultava che, quanto pagato (e dedotto) dalla società, corrispondeva esattamente a quanto fatturato (e dichiarato) dalla contribuente.
Avverso la sentenza di appello l’Ufficio erariale proponeva ricorso per Cassazione, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR e dell’art. 6, comma 4, del DPR n. 633/1972.
La ricorrente ha contestato che la sentenza impugnata abbia fatto riferimento all’art. 6 del DPR n. 633/1972, norma che concerne, tuttavia, solamente l’IVA. Diversamente, il principio che regola la determinazione del reddito d’impresa è quello della competenza economica, alla luce di quanto previsto dall’articolo 109 del TUIR.
Per i contratti di durata, quindi, i compensi si considerano conseguiti e le spese di considerano sostenute alla data in cui maturano i corrispettivi (regola del cd. pro-rata temporis).
L’imputazione all’esercizio di competenza deve, quindi, far riferimento alle quote di costi o di ricavi in corso di maturazione alla chiusura dell’esercizio, a nulla rilevando l’aspetto finanziario.
Ha quindi richiamato l’art. 2424 bis c.c. in materia di ratei e risconti, secondo il quale in tale voce devono essere iscritti i costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell’esercizio, ma di competenza di esercizi successivi. Anche secondo l’art. 2423-bis c.c., ai fini della redazione del bilancio, occorre tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento. A tal fine i ricavi sono conseguiti al momento della cessione dei beni o della prestazione dei servizi oggetto del processo produttivo.
La sentenza impugnata erra, quindi, nell’equiparare la tassazione del regime dei redditi rispetto a quello dell’IVA.
Il parere della Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze dell’Amministrazione finanziaria e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata il ricorso.
Come richiamato dalla Corte di Cassazione, in base all’art. 109, comma 1 del TUIR i ricavi concorrono a formare il reddito per l’esercizio di competenza e quest’ultimo, ai sensi del comma 2, lett. b), della norma appena richiamata, in caso di corrispettivi per canoni di locazione, deve essere individuato con riferimento alla data di maturazione dei corrispettivi.
Deve essere, quindi, data continuità all’orientamento secondo il quale, in tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi conseguiti, ai sensi dell’art. 109, comma 2, lett. b), del DPR n. 917 del 1986, alla data di maturazione dei medesimi, in quanto, fino all’eventuale risoluzione del contratto, non possono essere qualificati componenti positivi dei quali non sia certa l’esistenza o la determinazione dell’ammontare, a prescindere dalla concreta corresponsione.
Nel caso di specie risulta che l’avviso di accertamento fosse stato emesso non solo per le riprese a titolo di IVA, ma anche di IRES e IRAP. Il giudice di secondo grado ha, tuttavia, fatto riferimento all’art. 6 del DPR n. 633/1972, incentrando, conseguentemente, le sue valutazioni solamente in relazione al criterio che regola il pagamento dell’IVA, senza tener conto del principio di competenza che regola, invece, le imposte sui redditi ex art. 109 del TUIR.
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