L’introduzione dell’App per il processo penale telematico, entrata in vigore con l’inizio del nuovo anno, ha messo in luce gravi disagi organizzativo e tecnici che rischiano di paralizzare il sistema giudiziario italiano.
La nuova piattaforma, approvata a ridosso del decreto del 27 dicembre, avrebbe dovuto segnare un passo avanti nell’innovazione digitale della giustizia. Tuttavia, la sua attuazione si è rivelata un boomerang, con tribunali e procure che si sono affrettati a sospenderne l’uso per evitare ulteriori disagi.
Disagi nell’uso dell’app per il processo telematico: il punto di vista del Ministro Nordio e la denuncia dei magistrati
Dal 1° gennaio avrebbe dovuto essere gestito in modalità esclusivamente telematica solo il deposito «degli atti del processo nelle fasi dell’udienza preliminare, dei riti speciali (giudizio immediato, abbreviato, patteggiamento e decreto penale di condanna) e del dibattimento».
Il problema è stato rappresentato dai ripetuti crash dell’applicativo ministeriale APP per la gestione del processo, con svariati disguidi tecnici, causati da una progettazione iniziale del software che è stata definita non adeguata alla reale organizzazione degli uffici.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha tentato di ridimensionare la portata del problema, definendo i disservizi “normali difficoltà legate all’evoluzione tecnologica”. Ha inoltre sostenuto che il sistema non sarebbe così inefficiente come appare, minimizzando le conseguenze dei malfunzionamenti. Questa posizione, però, non sembra trovare consenso tra gli addetti ai lavori.
L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso un giudizio netto e contrario. Alessandra Maddalena, vicepresidente dell’associazione, ha descritto il primo giorno di utilizzo dell’App come “disastroso”, denunciando un bilancio segnato da disagi generalizzati nei tribunali di tutta Italia. “I rinvii e i problemi organizzativi finiscono per gravare sempre sui cittadini,” ha sottolineato, evidenziando l’indifferenza del Ministero della Giustizia verso le vere criticità del sistema giudiziario.
La dura critica dell’ANM si inserisce in un contesto di già accesa tensione con via Arenula, aggravata dalla coincidenza con il dibattito su una controversa riforma costituzionale, che secondo i magistrati distrae dalle priorità reali.
Sospensioni a catena nei tribunali italiani: la reazione delle istituzioni giudiziarie
Questo caos ha spinto numerosi tribunali a intervenire per arginare una situazione giudicata insostenibile. La sospensione temporanea della piattaforma è stata adottata come misura di emergenza per evitare che i disservizi si traducano in ulteriori ritardi e inefficienze.
A Roma, cuore pulsante della giustizia italiana, la Procura ha imposto un drastico stop all’uso dell’App fino al 31 gennaio. Il procuratore capo Francesco Lo Voi ha diramato una circolare in cui dispone che tutti gli atti giudiziari vengano redatti e depositati esclusivamente in forma cartacea. La stessa circolare vieta l’uso di strumenti telematici per la trasmissione di documenti e memorie, richiedendo il ricorso a modalità analogiche. Questo ritorno al passato, seppur temporaneo, rappresenta una battuta d’arresto significativa per un sistema che avrebbe dovuto avanzare verso una maggiore digitalizzazione.
Un quadro critico diffuso
La decisione della Procura di Roma non è un caso isolato. Tribunali di grande importanza come quelli di Milano, Torino, Napoli, Bolzano e Pescara hanno adottato provvedimenti simili. Le corti, gravate dai malfunzionamenti della piattaforma, hanno optato per un congelamento dell’App, sottolineando la necessità di garantire la continuità dei procedimenti senza aggravare il già complesso panorama giudiziario italiano.
Il comune denominatore delle sospensioni è la preoccupazione per le ripercussioni sui cittadini. Gli operatori della giustizia temono che l’inefficienza del sistema telematico finisca per ricadere su chi attende risposte dalla macchina giudiziaria, con effetti negativi sul diritto di accesso alla giustizia e sulla percezione dell’efficienza istituzionale.
Le conseguenze della sospensione
La sospensione dell’App non è priva di conseguenze pratiche. Tornare al formato cartaceo comporta un aumento dei tempi e dei costi, sia per gli operatori della giustizia che per i cittadini. La gestione fisica degli atti, la necessità di archiviazione e il rischio di errori legati al trattamento manuale rappresentano un ulteriore ostacolo alla funzionalità del sistema.
Inoltre, questa situazione getta un’ombra sulla strategia complessiva di modernizzazione della giustizia italiana. L’adozione dell’App era stata annunciata come un passo cruciale verso una maggiore efficienza e trasparenza, ma la sua gestione appare ora come il simbolo di un’occasione mancata. La sospensione generalizzata rischia di incrinare ulteriormente la fiducia degli operatori e degli utenti finali nei confronti di un progetto già ampiamente criticato.
Un’opportunità sprecata?
L’interruzione dell’uso dell’App evidenzia una mancanza di pianificazione adeguata e di test preliminari che avrebbero potuto evitare l’attuale situazione. La telematizzazione dei procedimenti giudiziari rappresenta una sfida fondamentale per rendere il sistema più rapido e accessibile, ma l’attuazione disorganizzata di questo progetto ne mette in discussione l’efficacia.
Nel frattempo, i tribunali sono costretti a lavorare con soluzioni di emergenza che non solo rallentano i processi, ma rischiano di consolidare l’immagine di un sistema giudiziario incapace di adattarsi alle esigenze del presente. La vera sfida per il Ministero della Giustizia sarà non solo risolvere i problemi tecnici in tempi rapidi, ma anche ristabilire la fiducia in un progetto che, almeno per ora, sembra aver fallito il suo obiettivo principale.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link