La farmhouse Radical a Lavagna

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Sono nati a centinaia di chilometri di distanza (in un caso, svariate migliaia), ma hanno scelto la Liguria per impiantare un progetto gastronomico con radici saldamente agricole. Caterina Ravano e Segundo Achinelli da qualche anno si sono infatti trasferiti a Lavagna, cittadina del Tigullio nella Riviera di Levante, in una villa di famiglia già attorniata di orto e terreni. Li hanno risistemati con pratiche rigenerative e nuovi tipi di coltivazioni e cucinano per ospiti e commensali in un calendario di eventi gastronomici con cotture basate sul fuoco e ingredienti autoprodotti. Il progetto di Radical, la loro farmhouse.

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Caterina Ravano e Segundo Achinelli, cuochi-agricoltori che hanno scelto il Tigullio

Nata a Lugano in una famiglia di origine italiana — “siamo parenti dei Romanengo, storici confettieri genovesi” —, Ravano ha 30 anni e ha gestito per sei un proprio bistrot ad Anversa, in Belgio. Al suo Wild ha lavorato con la sorella Chiara, esperta di panificazione, portando avanti una ricerca già molto improntata sul vegetale. Achinelli invece è argentino di Buenos Aires e ha affiancato uno dei più noti chef internazionali di asado e cucina alla brace: Francis Mallmann. “Ci siamo conosciuti in Belgio, dove lui si trovava per lavoro”, racconta Caterina, “e poco dopo è arrivata la pandemia”.

Caterina Ravano al lavoro nell'orto di Radical

Un momento di messa in discussione anche per loro, come per molti colleghi della stessa generazione: “Mi sentivo un po’ distaccata da quello che facevo. Avevo già in mente di avvicinarmi alla ‘terra’, solo pensavo di farlo più avanti”. Mentre il mondo rallenta, loro invece premono sull’acceleratore e si trasferiscono nella campagna ligure.

Villa Tiscornia: da residenza di famiglia a progetto agricolo a Lavagna

È a circa un chilometro dal mare Villa Tiscornia, la grande residenza abitata dalla famiglia di Ravano fino agli anni ’70, poi usata come casa al mare nella bella stagione. Già in una zona verde e ricca di biodiversità, l’edificio centrale è nato con intorno due ettari di oliveto, e un altro mezzo ettaro di orto. “Negli ultimi decenni è stato diviso in piccole parcelle e affidato a persone del posto, che l’hanno tenuto molto bene”; casualmente, alcune di loro, ormai anziane, lasciano l’attività poco prima dell’arrivo della coppia, “e questo ci ha motivato a prendere in mano l’appezzamento, per evitare cadesse in disuso”. Mentre si lavora al ripristino della stalla per ricavarne una dependance, le molte stanze della villa, quando non occupate dalla famiglia, sono messe a disposizione per l’accoglienza di ospiti esterni. Segundo e Caterina cucinano per loro, ma anche per chi partecipa ai brunch e alle cene che organizzano spesso, aperte a tutti e spesso in collaborazione con chef amici.


L’agricoltura rigenerativa nell’orto di Radical 

Stiamo sviluppando il lato accoglienza, ma non vogliamo diventare un agriturismo”, spiegano i fondatori. “Tenere sempre aperta la cucina forse limiterebbe le nostre possibilità”; mentre loro, precisano, vogliono dedicarsi in primo luogo all’orto, e valorizzare con la gastronomia il buono che produce, secondo i suoi ritmi. Quelli naturali per cui non sono previsti concimi di sintesi ma pratiche sostenibili e non impattanti, che mirano ad aumentare naturalmente la fertilità del suolo (del tipo di quelle promosse tra l’altro dalla PAC – Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, nelle sue declinazioni). Oltre alle orticole già presenti, Ravano e Achinelli hanno messo a dimora varietà ‘esotiche’ che nel clima fortunato del Tigullio si sono ambientate benissimo, come il chayote originario del Messico. Puntando all’autonomia anche per i panificati, hanno inoltre seminato il proprio grano, “che quest’anno ci ha dato i primi 30 chili di farina”.

La cucina di materie prime e fuoco della farmhouse Radical 

Come si fa ad allontanare un cuoco argentino dalla brace? Impossibile. E infatti Segundo continua a preferire le cotture cosiddette ancestrali, però applicate sul prodotto vegetale. Da Radical non lavorano infatti carni e pesci — un’eccezione per le proteine animali si fa per il latte, i formaggi e lo yogurt di un produttore amico da poco lontano — ma appunto tutto ciò che viene dalla fattoria. Comprese le uova dalle ‘galline felici‘ del pollaio. I piatti proposti guardano da un lato alla tradizione locale (già di per sé un miscuglio di influenze mediterranee), tra le storiche torte liguri cotte nel forno a legna costruito ad hoc, testaroli e pasta fresca. Dall’altro invece restituiscono una ‘fotografia’ dell’orto con combinazioni particolari.

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Un piatto a base di ortaggi di Radical

È esemplare la tortilla di mais con zucca fritta e crema di fagioli, che ‘riassume’ l’usanza della milpa: un agrosistema di coltivazione del Mesoamerica in cui il granturco cresce ‘consociato’ a legumi e altre varietà striscianti, come la zucca, per assecondare le possibilità del suolo. Ciò che non si consuma subito, inoltre, è venduto a una rete di vicini di casa oppure fermentato e messo in conserva. Oltre alle buone pratiche che si diffondono anche nelle nostre aziende agricole e allevamenti (qui altri esempi), i fondatori di Radical mettono a frutto così competenze agricole di altre latitudini per una materia che nasce ‘buona’ nel campo, prima di giungere in cucina.

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