Trump politicizza gli incendi in California e attacca il governatore Newsom

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Il presidente eletto chiede le dimissioni dell’esponente dem che è il suo “idolo polemico” da tempo. Tra teorie bizzarre sulla gestione dell’emergenza e polemiche fantasiose sulle specie protette

Di rado Donald Trump perde l’occasione per rovesciare un disastro naturale sulla testa dei suoi avversari politici, e la tragedia di fuoco che sta avvolgendo Los Angeles non fa eccezione. Anzi, si trova fatalmente all’incrocio fra due ossessioni trumpiane: l’acqua in California – che ci sarebbe ma democratici e ambientalisti la bloccano per proteggere i pesci – e il governatore Gavin Newsom, che Trump detesta da tempi non sospetti.

La linea del presidente eletto è chiara: la colpa di quello che sta succedendo è tutta di Newsom e delle sue decisioni, che hanno lasciato lo stato a corto di pompieri e gli idranti senz’acqua. Lo ha detto chiaramente in una dichiarazione da Mar-a-Lago e in vari post sul social Truth sempre più pesanti, che si concludono inevitabilmente con la richiesta di dimissioni.

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«Una delle migliori e più belle parti degli Stati Uniti sta bruciando completamente», ha scritto. «È tutto in cenere, e Newsom dovrebbe dimettersi. È tutta colpa sua!!!». Così Trump ha aizzato una furibonda battaglia politica sul peggiore incendio nella storia di Los Angeles, un evento senza precedenti che finora ha ucciso 5 persone ma le autorità dicono che il bilancio è destinato a salire, dato che il vento Santa-Ana continua a spingere le fiamme.

Il pesce «inutile»

Al centro dell’ossessione del presidente c’è un piccolo pesce protetto, lo “smelt”, che vive nel delta del fiume Sacramento–San Joaquin River, diventato il simbolo della contestazione sulle politiche per la salvaguardi ambientale.

Trump ha attaccato il governatore dicendo che si è rifiutato di firmare un decreto per pompare più acqua dal delta verso il sud della California per far fronte alla situazione. Le norme dello stato regolano l’uso dell’acqua per bilanciare esigenze ambientali, agricole e di consumo urbano, e Trump in questa fase di transizione in cui parla di qualunque cosa ma non decide e non risponde di nulla ha collegato la difesa dell’«inutile pesce» al cataclisma.

«Ora è stato pagato il prezzo definitivo. Chiederò a questo governatore incompetente di permettere a questa bellissima, pulita e fresca acqua di SCORRERE IN CALIFORNIA! È sua la colpa, e non c’è nemmeno acqua per gli idranti, non ci sono aerei dei vigili del fuoco. Un vero disastro», ha scritto. In aggiunta alle accuse, ha anche minacciato di togliere i fondi federali per le calamità naturali alla California, come prezzo per l’incapacità di gestire la situazione.

In realtà, Newsom non ha rifiutato di firmare alcun decreto, semplicemente si è attenuto alle leggi sul consumo idrico dello stato, che tengono conto anche della difesa della biodiversità. Il fatto è che l’acqua nel sud della California c’è.

Le riserve sono piene molto oltre la media stagionale e non c’è una situazione di particolare siccità, anzi, le stime delle forze dell’ordine dicono che c’è acqua a sufficienza per servire 40 milioni di persone per un anno. Le manichette dei pompieri funzionano poco per problemi di pressione generati dall’enorme domanda, non perché non ci sia acqua.

Jeffrey Mount, un analista che si occupa di risorse naturale al Public Policy Institute of California, ha detto al Washington Post che «non c’è relazione fra la gestione federale e statale dell’acqua e l’intensità di questi fuochi e alla capacità delle autorità di far fronte ai roghi».

La polemica di Trump è largamente strumentale, e Newsom ai microfoni della Cnn, sullo sfondo della città che brucia, ha evitato di commentare: «Ho molti pensieri e so cosa vorrei dire, ma non lo farò».

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Le ossessioni trumpiane

Da tempo Trump è ossessionato dalla questione idrica della California, quando era presidente ha bacchettato il governatore perfino sulla gestione dei boschi, argomento che ha tirato fuori anche nel podcast con Joe Rogan durante la campagna elettorale. Newsom, poi, è un target perfetto: politico con un ego molto ingombrante e note ambizioni nella politica nazionale, è un personaggio a suo modo trumpiano.

Del resto, è stato anche il marito di Kimberly Guilfoyle, personalità televisiva poi passata nell’universo di Trump e a lungo fidanzata con il primogenito Don Jr. Anche se la relazione è finita, il presidente eletto ha pensato di ricompensarla promettendole il posto di ambasciatrice in Grecia.

Ma nei giorni tragici del rogo tutto l’universo trumpiano ha iniziato a lavorare alacremente per scaricare le colpe sulle dissennate politiche woke che avrebbero alimentato, se non addirittura causato, la devastazione di questi giorni. Gli accoliti di Trump sui social hanno preso ad attaccare la sindaca di Los Angeles, Karen Bass, per aver tagliato i fondi dei vigili del fuoco di 17 milioni di dollari, risorse destinate ai servizi per gli homeless, altra devastante crisi sociale. A ruota si è diffusa la teoria che i roghi da cui il disastro è partito sono stati appiccati proprio dai senzatetto.

Su questo si è innestata anche la polemica sui corsi DEI – Diversity, Equity, and Inclusion – e le assunzioni per quote, che avrebbero distratto risorse e fondi decisivi per contrastare l’emergenza. Le proporzioni della catastrofe rendono risibili queste critiche – per far fronte adeguatamente all’emergenza ci vorrebbero risorse di cui nessuno stato dispone e che in tempi normali è perfettamente razionale allocare altrove – ma danno a Trump modo di lanciarsi verso l’insediamento bastonando i suoi avversari, e non solo quelli oltreconfine.

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