«Giacinto, hai chiamato la polizia scientifica?»
«Sì, sì, arriveranno a momenti e poi anche il medico legale.»
«Giacinto, io ho bisogno di mettere qualcosa nello stomaco. Sono digiuno da quando sono partito e se non mangio mi sento male.»
«Va bene.»
Scendiamo le scale rapidamente e, per fortuna, nonostante siano ancora le quattro e mezza di mattina, il bar di fronte è aperto.
Lo raggiungiamo velocemente.
«Buongiorno, signora!»
«Buongiorno, dottore! Che vi servo?»
«Signora, prima che lo sappia da altri…»
«Ricorda il giovane collega libanese con cui sono venuto ieri pomeriggio e con il quale abbiamo riso tanto?»
«Sì, sì, che mi ricordo.»
«È morto! È stato ucciso questa notte in ospedale!»
Milena rimane impassibile. «Mi dispiace,» dice, «ma… non mi sorprende!»
L’amico commissario la fulmina con lo sguardo.
«Signora, sono il Commissario di Polizia Giacinto Lecari, devo farle subito una domanda, posso?»
Milena sbianca come una maglietta appena lavata. «Certo, certo…»
«Lei conosceva Mustafà Rambaied?»
E prima che Milena risponda, squilla il cellulare di Giacinto.
«Sì, sì, arrivo subito. Lei non si allontani da Randolfi, si tenga a disposizione. Andiamo, dottore, è arrivato il medico legale!»
L’uscita di Milena ci lascia senza parole. Mi afferro un cornetto prima di uscire e nel poggiare una moneta da due euro sul bancone, dico: «Milena, tu sai qualcosa. Il commissario tornerà ad interrogarti.»
«Buongiorno, dottore.»
«Buongiorno.»
«Sono Fabrizio Rotaro, il medico legale.»
«Sono il commissario Giacinto Lecari e il dottor Pasquale Traini, il suo collega gettonista che ci ha chiamato.»
«Ha dato uno sguardo al cadavere?»
«Sì! Il taglio alla gola è stato inferto con una lama corta e molto affilata: penso un bisturi. Il solco è preciso, chirurgico, direi, senza tentennamenti. La mano di un professionista! La vittima non si è accorta di niente, anche se ho notato delle ecchimosi intorno alle labbra. Anche una mano forte, di sicuro guantata, sulla bocca: di certo per evitare qualsiasi rischio di urla! Naturalmente, le saprò dare tutte le informazioni dopo l’autopsia.»
Mi sembrava di ritrovarmi in una scena di una serie TV di true crime; invece era tutto vero!
Giacinto mostra di sé l’aspetto più forte, deciso e sicuro, eppure, mentre il medico legale si congeda, mi lancia uno sguardo interrogativo.
Uno sguardo che hanno tutti i bambini quando stanno male e, non riuscendo ad esprimersi, mi guardano supplichevoli di aiuto.
«Ora dovrai contattare la famiglia, i genitori.»
«Già,» mi risponde.
«Senti, Pasquale, ma tu mi sai dare informazioni sul collega Mustafà?»
«Sì, ci ho parlato nel pomeriggio.»
«Allora andiamo in Questura, così mi racconti tutto con precisione.»
«Bene.»
«E prima che arrivi il magistrato, anche perché non so se lo sai, ma le indagini ora le conduce il magistrato. E io non so proprio chi possa essere.»
«Ok, andiamo.»
Ci precipitiamo nell’Alfa e…
«Hai visto il medico legale?»
«E allora?»
«Non so, mi ha fatto una strana impressione.»
«Cioè?»
«Nessuna domanda sulla vittima, nessuna osservazione sul suo colorito olivastro, sulla sua nazionalità, sul suo ruolo in ospedale! Niente… e quindi?»
«Indifferente, o magari finto indifferente… ho quasi avuto la sensazione che lo abbia riconosciuto. Come se lo avesse già visto!»
«Pasquale, sei terribile… ma allora mi devi stare accanto, sei forte.»
«Speriamo solo che il magistrato ci lasci la libertà di indagare!»
«Giacinto, sei proprio bravo. Sei l’orgoglio di tuo padre. Hai realizzato ciò che lui ha sempre desiderato e per una serie di circostanze non ha potuto realizzare. Sei un bravo giovane e sono sicuro che farai una gran carriera.»
«Grazie Pasquale delle tue parole, ma per il momento io non so proprio da dove iniziare.»
«Ma non dire fesserie. La prima cosa che devi fare, e non hai bisogno che te lo dica io, devi avvisare la famiglia di Mustafà: lui mi ha fatto vedere una foto in cui c’è la moglie e due figli. E non credo vivano in Italia, ma a Beirut, in Libano. Poi devi far perquisire tutto il reparto di pediatria e di ostetricia alla ricerca dell’arma del delitto e anche tutto il resto dell’ospedale. E poi viene la parte più difficile, e cioè quella di interrogare tutti coloro che conoscevano o quantomeno avevano parlato con Mustafà, ad iniziare dalla signora del bar… visto che l’infermiera mi ha detto che lui era qui da una settimana circa. Dove alloggiava, dove andava a mangiare, ecc. Tra l’altro, quando sono arrivato ieri mattina, ho avuto, o meglio, io e Mustafà abbiamo avuto una discussione con la collega pediatra strutturata, cui poi alle 14 ho dato il cambio. Questa donna con cui dovrai parlare, ed al più presto, ha avuto parole molto pesanti ed offensive non solo verso di me, ma anche verso Mustafà. Direi troppo offensive e credo del tutto ingiustificate.»
«Sospetti di lei?»
«No… no… una cosa è avere una discussione violenta, un’altra è tornare di notte a tagliare la gola del ragazzo, anche se, a pensarci bene, è andata via urlando: “Ve la farò pagare cara!!”»
Raggiungiamo la stanza di Giacinto in Questura e gli racconto per filo e per segno ciò che era successo.
Giacinto mi ascoltava a bocca aperta.
«Ma questa è fuori di testa: è ciclotimica!»
Poi: «Pasquale, ma tu lo avevi mai incontrato prima, il giovane collega e la meno giovane collega?»
«Mai,» risposi. «Me ne aveva parlato Furio, il direttore della Cooperativa la Nuova Sanità… anzi… devo avvisarlo… gli verrà un colpo.»
«E dove sta il signor Furio?»
«A Lagordoneta, un paesino vicino Chioggia.
Cazz…!!»
Si spalanca la porta senza bussare e…
«Giacinto, ho saputo! Beh, è un bel battesimo del fuoco per te.»
«Pasquale, ti presento il Questore: piacere… Pasquale Traini, Tommaso Moscatelli. È lei che ha telefonato questa notte?»
«Sì… dottore, ma si è fatto un’idea di questa brutta storia?»
«Come ho raccontato al mio ex paziente, sono arrivato ieri mattina in ospedale intorno alle 11, ho incontrato Mustafà in infermeria della pediatria dopo circa 15 minuti. Come ho detto, abbiamo avuto un alterco con la collega strutturata di cui le riferirà Giacinto.»
«Siamo stati insieme a parlare, o meglio, ho parlato io fino alle 15… 15:30. Poi Mustafà si è dileguato. E questa mattina, intorno alle 3, più o meno, mi ha chiamato Rebecca, la caposala…»
«E che impressione le ha fatto?»
«Dottore, non saprei… non è stato ciarliero. Eppure avrebbe dovuto parlare lui per apprendere la lingua italiana!»
«Giacinto, forza! Gli uomini sono a tua disposizione. Comincia con la perquisizione. Il magistrato ha già firmato il mandato.»
«Dottore, posso avvalermi della collaborazione del mio ex pediatra?»
Il Questore mi lancia uno sguardo deciso, poi… «Attento Giacinto… tra tutti i medici… i pediatri sono i più cattivi, specie quelli in pensione!»
«Già…» dico io.
«Sì, sì, arriveranno a momenti e poi anche il medico legale.»
«Giacinto, io ho bisogno di mettere qualcosa nello stomaco. Sono digiuno da quando sono partito e se non mangio mi sento male.»
«Va bene.»
Scendiamo le scale rapidamente e, per fortuna, nonostante siano ancora le quattro e mezza di mattina, il bar di fronte è aperto.
Lo raggiungiamo velocemente.
«Buongiorno, signora!»
«Buongiorno, dottore! Che vi servo?»
«Signora, prima che lo sappia da altri…»
«Ricorda il giovane collega libanese con cui sono venuto ieri pomeriggio e con il quale abbiamo riso tanto?»
«Sì, sì, che mi ricordo.»
«È morto! È stato ucciso questa notte in ospedale!»
Milena rimane impassibile. «Mi dispiace,» dice, «ma… non mi sorprende!»
L’amico commissario la fulmina con lo sguardo.
«Signora, sono il Commissario di Polizia Giacinto Lecari, devo farle subito una domanda, posso?»
Milena sbianca come una maglietta appena lavata. «Certo, certo…»
«Lei conosceva Mustafà Rambaied?»
E prima che Milena risponda, squilla il cellulare di Giacinto.
«Sì, sì, arrivo subito. Lei non si allontani da Randolfi, si tenga a disposizione. Andiamo, dottore, è arrivato il medico legale!»
L’uscita di Milena ci lascia senza parole. Mi afferro un cornetto prima di uscire e nel poggiare una moneta da due euro sul bancone, dico: «Milena, tu sai qualcosa. Il commissario tornerà ad interrogarti.»
«Buongiorno, dottore.»
«Buongiorno.»
«Sono Fabrizio Rotaro, il medico legale.»
«Sono il commissario Giacinto Lecari e il dottor Pasquale Traini, il suo collega gettonista che ci ha chiamato.»
«Ha dato uno sguardo al cadavere?»
«Sì! Il taglio alla gola è stato inferto con una lama corta e molto affilata: penso un bisturi. Il solco è preciso, chirurgico, direi, senza tentennamenti. La mano di un professionista! La vittima non si è accorta di niente, anche se ho notato delle ecchimosi intorno alle labbra. Anche una mano forte, di sicuro guantata, sulla bocca: di certo per evitare qualsiasi rischio di urla! Naturalmente, le saprò dare tutte le informazioni dopo l’autopsia.»
Mi sembrava di ritrovarmi in una scena di una serie TV di true crime; invece era tutto vero!
Giacinto mostra di sé l’aspetto più forte, deciso e sicuro, eppure, mentre il medico legale si congeda, mi lancia uno sguardo interrogativo.
Uno sguardo che hanno tutti i bambini quando stanno male e, non riuscendo ad esprimersi, mi guardano supplichevoli di aiuto.
«Ora dovrai contattare la famiglia, i genitori.»
«Già,» mi risponde.
«Senti, Pasquale, ma tu mi sai dare informazioni sul collega Mustafà?»
«Sì, ci ho parlato nel pomeriggio.»
«Allora andiamo in Questura, così mi racconti tutto con precisione.»
«Bene.»
«E prima che arrivi il magistrato, anche perché non so se lo sai, ma le indagini ora le conduce il magistrato. E io non so proprio chi possa essere.»
«Ok, andiamo.»
Ci precipitiamo nell’Alfa e…
«Hai visto il medico legale?»
«E allora?»
«Non so, mi ha fatto una strana impressione.»
«Cioè?»
«Nessuna domanda sulla vittima, nessuna osservazione sul suo colorito olivastro, sulla sua nazionalità, sul suo ruolo in ospedale! Niente… e quindi?»
«Indifferente, o magari finto indifferente… ho quasi avuto la sensazione che lo abbia riconosciuto. Come se lo avesse già visto!»
«Pasquale, sei terribile… ma allora mi devi stare accanto, sei forte.»
«Speriamo solo che il magistrato ci lasci la libertà di indagare!»
«Giacinto, sei proprio bravo. Sei l’orgoglio di tuo padre. Hai realizzato ciò che lui ha sempre desiderato e per una serie di circostanze non ha potuto realizzare. Sei un bravo giovane e sono sicuro che farai una gran carriera.»
«Grazie Pasquale delle tue parole, ma per il momento io non so proprio da dove iniziare.»
«Ma non dire fesserie. La prima cosa che devi fare, e non hai bisogno che te lo dica io, devi avvisare la famiglia di Mustafà: lui mi ha fatto vedere una foto in cui c’è la moglie e due figli. E non credo vivano in Italia, ma a Beirut, in Libano. Poi devi far perquisire tutto il reparto di pediatria e di ostetricia alla ricerca dell’arma del delitto e anche tutto il resto dell’ospedale. E poi viene la parte più difficile, e cioè quella di interrogare tutti coloro che conoscevano o quantomeno avevano parlato con Mustafà, ad iniziare dalla signora del bar… visto che l’infermiera mi ha detto che lui era qui da una settimana circa. Dove alloggiava, dove andava a mangiare, ecc. Tra l’altro, quando sono arrivato ieri mattina, ho avuto, o meglio, io e Mustafà abbiamo avuto una discussione con la collega pediatra strutturata, cui poi alle 14 ho dato il cambio. Questa donna con cui dovrai parlare, ed al più presto, ha avuto parole molto pesanti ed offensive non solo verso di me, ma anche verso Mustafà. Direi troppo offensive e credo del tutto ingiustificate.»
«Sospetti di lei?»
«No… no… una cosa è avere una discussione violenta, un’altra è tornare di notte a tagliare la gola del ragazzo, anche se, a pensarci bene, è andata via urlando: “Ve la farò pagare cara!!”»
Raggiungiamo la stanza di Giacinto in Questura e gli racconto per filo e per segno ciò che era successo.
Giacinto mi ascoltava a bocca aperta.
«Ma questa è fuori di testa: è ciclotimica!»
Poi: «Pasquale, ma tu lo avevi mai incontrato prima, il giovane collega e la meno giovane collega?»
«Mai,» risposi. «Me ne aveva parlato Furio, il direttore della Cooperativa la Nuova Sanità… anzi… devo avvisarlo… gli verrà un colpo.»
«E dove sta il signor Furio?»
«A Lagordoneta, un paesino vicino Chioggia.
Cazz…!!»
Si spalanca la porta senza bussare e…
«Giacinto, ho saputo! Beh, è un bel battesimo del fuoco per te.»
«Pasquale, ti presento il Questore: piacere… Pasquale Traini, Tommaso Moscatelli. È lei che ha telefonato questa notte?»
«Sì… dottore, ma si è fatto un’idea di questa brutta storia?»
«Come ho raccontato al mio ex paziente, sono arrivato ieri mattina in ospedale intorno alle 11, ho incontrato Mustafà in infermeria della pediatria dopo circa 15 minuti. Come ho detto, abbiamo avuto un alterco con la collega strutturata di cui le riferirà Giacinto.»
«Siamo stati insieme a parlare, o meglio, ho parlato io fino alle 15… 15:30. Poi Mustafà si è dileguato. E questa mattina, intorno alle 3, più o meno, mi ha chiamato Rebecca, la caposala…»
«E che impressione le ha fatto?»
«Dottore, non saprei… non è stato ciarliero. Eppure avrebbe dovuto parlare lui per apprendere la lingua italiana!»
«Giacinto, forza! Gli uomini sono a tua disposizione. Comincia con la perquisizione. Il magistrato ha già firmato il mandato.»
«Dottore, posso avvalermi della collaborazione del mio ex pediatra?»
Il Questore mi lancia uno sguardo deciso, poi… «Attento Giacinto… tra tutti i medici… i pediatri sono i più cattivi, specie quelli in pensione!»
«Già…» dico io.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link