La densa nuvola di fumo che aleggiava nei bar e nelle discoteche, nei ristoranti o negli uffici, per i più giovani è solo un racconto, per quelli poco più grandi è invece uno sfumato ricordo. Sono però molte le persone che il fumo libero nei locali chiusi l’hanno impresso bene nella memoria e che quel 10 gennaio 2005, data di entrata in vigore della legge Sirchia, non lo dimenticheranno mai.
Sono infatti passati vent’anni dall’istituzione del divieto di fumo nei luoghi pubblici, previsto dall’articolo 51 della legge 3/2003 che porta il nome dell’allora ministro della Salute nel governo Berlusconi II, Girolamo Sirchia. Fu una svolta epocale per l’Italia, abituata all’odore acre e appiccicoso del tabacco in ogni spazio condiviso, un passo enorme frutto di una volontà che si era però già andata formando nel tempo, pur tra mille difficoltà.
Il percorso
Il primo mattone verso una vera e propria normativa antifumo venne posto nel 1962. Con la legge 165 del 10 aprile fu vietata «la propaganda pubblicitaria di qualsiasi prodotto da fumo, nazionale o estero», senza fare distinzioni tra pubblicità diretta e indiretta.
Stop veri e propri sul consumo si ebbero però solo più di dieci anni dopo. La legge 584 dell’11 novembre 1975 sancì il «divieto di fumare in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblico», specificando come i «determinati locali» fossero le corsie degli ospedali, le aule scolastiche, le sale d’attesa delle stazioni, i locali chiusi adibiti a pubblica riunione, i cinema, le sale da ballo.
Questo niet al tabacco venne esteso nel 1995, tramite una direttiva del presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre, ai locali destinati al ricevimento del pubblico per l’erogazione di servizi pubblici e utilizzati dalla Pa, usate dalle aziende pubbliche e dai privati esercenti servizi pubblici.
La legge Sirchia
E dopo un primo tentativo di stringere ancor più le maglie della norma fatto dall’allora ministro della Salute Umberto Veronesi, si arrivò nel 2003 all’approvazione della legge 3 e dello specifico articolo 51 che contiene il divieto di fumo in luoghi chiusi.
Il bando si proponeva di proteggere infatti la salute dei non fumatori: «È vietato fumare nei locali chiusi – recita il testo entrato ufficialmente in vigore il 10 gennaio 2005 e attualmente ancora valido –, ad eccezione di quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico e di quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati».
Oltre a ciò la legge Sirchia impose l’obbligo di affissione di cartelli appositi per indicare il divieto, identificando i responsabili dell’applicazione della norma e prevedendo al contempo multe per i fumatori che la violavano e per gli esercenti inadempienti. Oltre a ciò ha stabilito stretti criteri per le aree fumatori, dove queste sono consentite (ventilazione, superfici, collocazione, barriere, segnalazioni).
Ultimo passo fu poi compiuto a partire dal 2016, con il recepimento progressivo da parte dell’Italia di una specifica direttiva europea, la 2014/40/UE. A seguito di ciò fu stabilito il divieto di fumo in autoveicoli in presenza di minori e donne in gravidanza, nelle pertinenze esterne degli ospedali e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pediatrici, nonché nelle zone esterne dei singoli reparti pediatrici, ginecologici, di ostetricia e neonatologia.
La pubblicità
Capitolo a parte lo merita il discorso della promozione di prodotti a base di tabacco. Come si diceva il primo niet è datato 1962. Inoltre dal 1992 non fu più consentita la pubblicità televisiva «delle sigarette e di ogni altro prodotto del tabacco, anche se effettuata in forma indiretta, mediante utilizzazione di nomi, marchi, simboli o altri elementi caratteristici di prodotti del tabacco o di aziende la cui attività principale consiste nella produzione e vendita di tali prodotti» (decreto ministeriale 425/1991).
Venne inoltre proibita la sponsorizzazione di «programmi radiofonici e televisivi da parte di persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consista nella fabbricazione o vendita di sigarette o altri prodotti del tabacco» (art. 8, Decreto 581/1993), «la pubblicità a mezzo stampa e via internet, nonché la distribuzione gratuita dei prodotti del tabacco nel contesto di sponsorizzazioni di eventi e di attività» (d.lgs. 300/2004). Si deve a quest’ultima normativa, a partire dal 2005, il divieto all’uso del marchio di prodotti del tabacco durante i Gran Premi di Formula1 d’Italia e di San Marino, nonché nelle gare del motomondiale.
A Milano
Giungiamo ai giorni d’oggi. L’ultimissima novità arriva direttamente da Milano. Nel capoluogo lombardo dall’1 gennaio 2025 è entrato in vigore quanto già previsto dal Piano aria e clima del 2020 ed entrato in vigore nel 2021 con i primi limiti ai fumatori nei parchi, all’interno degli impianti sportivi e nei cimiteri, ad eccezione di chi usa le sigarette elettroniche.
Ora il no al fumo è stato esteso a tutte le aree pubbliche o «a uso pubblico incluso le aree stradali», con l’eccezione di «luoghi isolati dove sia possibile il rispetto della distanza di almeno 10 metri da altre persone». L’ammenda va da 40 a 240 euro ed è concessa una deroga per le sigarette elettroniche.
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