Ceclia Sala, cosa c’è dietro l’arresto in Iran? La lotta di potere nel regime per sabotare i riformisti di Pezeshkian

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


Nella vicenda dell’arresto e della liberazione di Cecilia Sala si riflettono le ambiguità di un Iran spaccato nella sua classe dirigente in due anime. La prima è quella rappresentata dalle guardie rivoluzionarie islamiche, Irpg, i pasdaran, e il settore più conservatore della politica iraniana che in tutti i momenti cruciali ha trovato la sponda più alta e importante nella Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei. La seconda è quella che si riconosce nel presidente “riformista”, Masoud Pezeshkian, sostenuto anche dalla componente moderata dei conservatori. La prima è diffidente e aggressiva nei confronti dell’Occidente, la seconda è disposta ad aprire un dialogo che passa anzitutto attraverso l’accordo sul nucleare e guarda all’insediamento di Trump alla Casa Bianca, nonostante l’intransigenza mostrata dal tycoon verso Teheran nel suo primo mandato, come a un’opportunità di ripresa di un dialogo.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Cecilia Sala, gli Stati Uniti: «L’Iran rilasci tutti gli stranieri detenuti»

I PRECEDENTI

In questa oscillazione del pendolo politico in Iran, rimangono ciclicamente intrappolati cittadini occidentali. È successo col diplomatico svedese dell’Unione europea, Johan Floderus, e con Saeed Azizi, 60enne con doppia cittadinanza svedese-iraniana, scambiati lo scorso giugno con Hamid Noury, condannato all’ergastolo come responsabile dell’esecuzione di centinaia di prigionieri politici in Iran nel 1988. Floderus era accusato di spionaggio e «diffusione della corruzione sulla terra». Nel maggio 2023, Teheran aveva liberato l’operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele, condannato a 40 anni per spionaggio, in cambio del diplomatico iraniano Assadollah Assadi, in carcere per terrorismo in Svezia. «C’è un dualismo evidente – spiega Nicola Pedde, direttore dell’Igs, Institute for Global Studies, e massimo esperto di Iran in Italia – che deriva dalla transizione generazionale. La prima generazione della rivoluzione, oggi al potere, è minoritaria ma si trova al governo e ha una visione più pragmatica della politica, orientata verso la riapertura di un’interlocuzione con l’Occidente e gli americani. Negli ultimi giorni la stampa iraniana ha dato non a caso ampio risalto alle rivelazioni per cui Trump avrebbe già inviato qualche proposta per un nuovo accordo sul nucleare».

I RISCHI

La seconda generazione, quella di estrazione militare, pasdaran e industriale bellica, «non solo è più assertiva, ma ritiene di non avere più motivi per credere nell’Occidente, considera tradite tutte le proprie attese ed è orientata verso Russia e Cina». Questo dualismo, secondo Pedde, ha giocato «un ruolo fortissimo nella gestione di una vicenda molto intricata come quella dell’arresto di Cecilia Sala, che implica anche una ridefinizione del sistema di potere». Quasi un braccio di ferro, come nel caso della decisione di rispondere o no ai raid israeliani (dopo l’attacco iraniano per l’uccisione del leader di Hamas, Haniyeh, a Teheran). Gli arresti degli occidentali mettono in forte crisi e imbarazzo lo stesso governo riformista, perché poi sono le istituzioni, riformiste e moderate, a dover trovare la soluzione alle crisi create da scelte degli apparati di sicurezza. «Lo scontro fra queste due componenti è particolarmente acceso e il dibattito politico iraniano è infuocato», dice Pedde. «È un fattore ricorrente della politica di quel Paese: gli esponenti della prima generazione danno un visto a una giornalista, e gli apparati di sicurezza della seconda generazione la arrestano col pretesto di violazioni di legge, per usarla come merce di scambio». Emblematica la discussione sul nucleare. I riformisti cercano il compromesso, i pasdaran ritengono che per essere credibili, bisogna sviluppare l’arma nucleare. «Nel rilascio di Cecilia Sala – prosegue Pedde – ha inciso sicuramente il fatto che l’Italia, è il miglior interlocutore che ancora hanno gli iraniani in Europa. La nostra posizione, sia pure critica e di chiusura, è diversa da quella di Germania, Regno Unito e Francia. Oltretutto, si apre a Ginevra la settimana prossima una sessione negoziale sul nucleare a cui l’Iran non poteva presentarsi con una giornalista italiana in carcere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Microcredito

per le aziende