Manodopera appaltata, inchiesta della procura di Milano. L’azienda: «Noi nel giusto, collaboreremo»
False fatture, a fronte della stipula di fittizi contratti d’appalto con agenzie interinali che erano in realtà dei «serbatoi di manodopera», con lavoratori ai quali veniva sistematicamente omesso di versare contributi e oneri fiscali. Se saranno accertati, sono fatti pesanti quelli ricostruiti dall’inchiesta del pm milanese Paolo Storari che l’8 gennaio ha portato il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza a eseguire un decreto di sequestro preventivo d’urgenza da 8 milioni di euro a carico di Aspiag service srl. L’ipotesi di reato è di frode fiscale. Due gli indagati: Christof Rissbacher, amministratore delegato di Aspiag, e Antonio Suma, imprenditore al quale sono riconducibili le due agenzie coinvolte, la New way jobs srl e Ova work & Hr services srl.
I «serbatoi di manodopera» sotto la lente della procura
L’inchiesta è una delle tante che Storari sta portando avanti in tema di «serbatoi di manodopera»: un sistema attraverso cui grandi aziende di vari settori si garantiscono «tariffe altamente competitive» sul mercato «appaltando manodopera» in modo irregolare. Manodopera che solo formalmente lavora per le cooperative ma che in realtà lo fa per conto dei colossi del settore senza ricevere i contributi previsti. In passato, indagini analoghe hanno riguardato aziende del calibro di Amazon, Dhl, Gls, Lidl, Brt ed Esselunga e, in alcuni casi, portato a sequestri milionari e alla regolarizzazione di migliaia di lavoratori. Nel caso di Aspiag, il sistema fraudolento sarebbe stato portato avanti per «numerosi anni» e avrebbe comportato «non solo il sistematico sfruttamento dei lavoratori ma anche ingentissimi danni all’erario». I lavoratori coinvolti, fra 2021 e 2023, sarebbero stati in media il 50% della forza lavoro, con picchi di oltre 20 mila operai. Con debiti accumulati, nei confronti di Inps e Agenzia delle entrate, per quasi 25 milioni.
La procura: rapporti di lavoro schermati e omessi controlli
Dalle indagini, spiega il procuratore Marcello Viola in una nota, sarebbe emerso che i rapporti di lavoro «con la società committente» sarebbero stati «schermati» da «società filtro» che a loro volta si sarebbero avvalse di diverse società cooperative («serbatoio») che «avrebbero «sistematicamente omesso il versamento dell’Iva» e dei contributi. Le due cooperative (per altro destinate al fallimento, in quanto Suma le avrebbe «ampiamente spogliate di ogni risorsa trasferendo il denaro su conti svizzeri») avrebbero informato Aspiag «periodicamente» dei «soli contributi e ritenute versate» per i «dipendenti» diretti, trasmettendo invece per i lavoratori somministrati solo «elenchi excel del personale» e le «buste paga». Un meccanismo che Aspiag avrebbe «di fatto» accettato nonostante i contratti non prevedessero «l’impiego di lavoratori interinali» nei magazzini, «omettendo di esercitare qualsivoglia controllo, anche a campione». Agli inquirenti, Suma ha descritto una «situazione molto drammatica, perché i committenti non ci riconoscono mai il pagamento del personale».
L’azienda: «Massima collaborazione, noi nel giusto»
Aspiag, fa sapere in una nota, «offre la massima collaborazione alle autorità giudiziarie, nella convinzione di aver sempre operato nel giusto e nel rispetto della legalità. L’azienda ripone la massima fiducia nel lavoro della magistratura, auspicando possa essere fatta chiarezza nel più breve tempo possibile».
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