2 milioni di tonnellate d’acciaio e c’è il bonus ai lavoratori

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Con lo stipendio di gennaio che sarà pagato il 12 febbraio, i dipendenti di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, porteranno a casa l’una tantum sul welfare. Prevista dall’accordo di luglio sulla cassa integrazione straordinaria, l’una tantum non sarà erogata come aggiunta alla retribuzione ma attraverso buoni spesa per un ammontare equivalente al 2% dello stipendio annuo base di ciascun dipendente.

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Manca ancora l’ufficializzazione e i sindacati metalmeccanici non hanno comunicato nulla ai lavoratori, ma questa, con tutta probabilità, è la strada che sarà intrapresa. L’una tantum arriva poiché a fine anno Acciaierie in amministrazione straordinaria ha centrato l’obiettivo a cui il bonus è vincolato. Ovvero, il siderurgico ha prodotto circa 2 milioni di tonnellate di acciaio. Se si fosse prodotto di più, ci sarebbe il 3%, sotto i 2 milioni, invece, l’1%. Il dato finale non è stato ancora certificato, e per questo non è stata fatta alcuna comunicazione ufficiale sull’una tantum, ma i riscontri che ai sindacati giungono da AdI collocano la produzione del 2024 attorno ai 2 milioni.

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Questo perché dall’arrivo dei commissari la produzione dell’altoforno 4 è stata migliorata e stabilizzata e a quest’impianto da metà ottobre si è aggiunto l’altoforno 1. La situazione di partenza al 20 febbraio, quando AdI è stata commissariata, vedeva invece l’altoforno 4 prossimo allo spegnimento, non essendoci più materie prime per la produzione, e l’altoforno 1 fermo da mesi come anche il 2. Adesso gli ultimi dati evidenziano per ciascun altoforno una produzione media di ghisa – che poi va in acciaieria 2 per la trasformazione – di 4.650 tonnellate al giorno. E nei prossimi mesi tornerà in attività anche l’altoforno 2.

Tornando all’una tantum, la modalità di assegnazione potrebbe essere simile a quella del bonus welfare del contratto di lavoro, 200 euro, riconosciuto a giugno ai dipendenti. In questo caso su una piattaforma online i dipendenti di AdI hanno scelto come spendere i 200 euro.

L’erogazione di una somma legata alla produzione è stata decisa dai commissari con la finalità di rimotivare il personale di AdI.

Il ragionamento dei commissari è partito da un punto: anni di cassa integrazione, promesse disattese e rivendicazioni fatte cadere nel dimenticatoio, anche quelle relative al funzionamento dei servizi igienici del siderurgico e ai bus per il trasporto interno, hanno provocato nei dipendenti sfiducia, scoramento e disillusione. E che serpeggi molto malessere tra il personale dell’ex Ilva, lo dimostra anche un indicatore tutt’altro che banale, rappresentato dall’attenzione che il popolo della fabbrica presta alle voci e alle ipotesi che prospettano la riapertura dell’esodo incentivato – come avvenne nel 2018, quando furono dati 100mila euro lordi, a scalare di trimestre in trimestre, a chi si dimetteva – oppure il ripristino del calcolo all’esposizione dell’amianto ai fini della pensione. Perché c’è interesse su questo? Perché tra i dipendenti non si nutre fiducia nel futuro, e nemmeno nella privatizzazione che verrà, e quindi se c’è una buona opportunità per andar via dalla fabbrica, meglio coglierla al voto. Evidente, quindi, che se il clima generale è questo – è stata l’analisi dei commissari – bisogna investire anche sulla rimotivazione dei dipendenti. Ora l’una tantum di febbraio non sarà certo la svolta, ma è pur sempre un qualcosa, un segno di attenzione, anche se piccolo, rispetto al nulla della precedente gestione Morselli-ArcelorMittal.

L’una tantum si unisce ad altre iniziative contemplate dall’accordo sulla cassa integrazione e sono la rotazione dei lavoratori sospesi, escludendo dalla cassa “i dipendenti addetti alle attività di manutenzione e alla sorveglianza delle attività connesse alla sicurezza e all’ambiente, quando direttamente impegnati in specifici programmi di manutenzione, sorveglianza e alle attività legate al piano di ripartenza”, un piano di formazione e riqualificazione professionale dei dipendenti orientato su “Alfabetizzazione informatica”, “Processo produttivo forni elettrici” e “Domiciliazione digitale”, e infine il ricorso allo smart working laddove è possibile.

È previsto un incontro di stabilimento per l’organizzazione del lavoro agile – un debutto per AdI, visto che non vi ha mai fatto ricorso – e l’accordo prevede che si possano fare quattro giorni al mese lavorando da casa. L’adesione sarà su base volontaria. I giorni andranno concordati con l’azienda. Nell’intero gruppo, lo smart working coinvolgerà 2.200 dipendenti su circa 10mila. L’applicazione sarà sperimentale sino al 31 dicembre 2025. Le figure interessate sono dirigenti, impiegati e addetti alle aree staff, dirette e indirette. Non operai dunque.

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Se c’è qualche passo avanti per i diretti di AdI, non così invece per quelli dell’indotto.

L’inizio dell’anno conferma che la gran parte delle imprese appaltatrici non ha erogato la tredicesima e qualcuna non ha nemmeno pagato gli stipendi il mese scorso. Questo perché da Acciaierie non sono arrivati i saldi attesi sulle fatture scadute ma solo acconti.

I sindacati dicono che dalle imprese non ci sono segnali di nuovi pagamenti da AdI. Ed ora l’attenzione si sposta sul periodo 12-20 gennaio, quando l’indotto dovrà corrispondere le retribuzioni di dicembre. Cosa accadrà?
 





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