Prezzo del gas e rinnovabili, l’inversamente proporzionale che danneggia cittadini e imprese

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I prezzi del gas tornano a crescere. E con lo stop dei rifornimenti dalla Russia deciso da Putin a partire dal primo gennaio, il rischio di un’impennata si fa ancora più alto, pur restando il costo – per ora – più basso rispetto ai livelli “monstre” del 2022. Ma se il prezzo del gas non è più tornato ai livelli pre-guerra in Ucraina, continuando a mettere in crisi famiglie e aziende italiane, il motivo è soprattutto uno: la mancata decarbonizzazione della nostra economia e il mancato sviluppo delle rinnovabili, come invece accaduto in altri Paesi europei.

È quanto emerso da un importante incontro organizzato dal Coordinamento Free (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) svoltosi alcuni giorni fa, dal titolo “Caro energia, cosa fare per ridurre i prezzi”. Incontro in cui sono intervenute le associazioni delle rinnovabili, ma anche rappresentanti delle aziende – acciaierie, cartiere – e dei consumatori.

Italia maglia nera nella dipendenza da gas (e sulle bollette)

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Il costo dell’energia resta un problema enorme, il vero elefante nella stanza: incide sia sulla risalita dell’inflazione, sia sulla competitività delle imprese, italiane ed europee, visto che l’Europa non ha una produzione propria di gas e le sue imprese devono far fronte a prezzi dell’elettricità dalle due alle tre volte superiori rispetto agli Stati Uniti. “Eppure nel Rapporto Draghi”, spiega Attilio Piattelli, presidente del Coordinamento Free, “la decarbonizzazione è vista come un’opportunità per l’Europa per spostare la produzione di energia verso fonti energetiche pulite, sicure e a basso costo. Il Rapporto dà per scontato che l’introduzione delle rinnovabili sia un elemento di abbassamento dei prezzi”.

Rispetto alla dipendenza dal gas, l’Italia è una vera e propria maglia nera. Siamo il Paese maggiormente dipendente (circa il 40%). “Purtroppo”, continua Piattelli, “la rilevanza del gas fa la differenza in termini di prezzo dell’energia e questo nonostante rappresenti una minoranza del mix energetico della Ue. Inoltre, siamo soggetti a continue fluttuazioni, che non possiamo controllare. Ecco perché l’unica cosa realmente utile che possiamo fare è ridurre sempre più la nostra dipendenza dal gas, in modo da stabilizzare i prezzi”.

Germania e Spagna: tante rinnovabili, giù le bollette

Alcune cifre: nel 2019 abbiamo speso 12,4 miliardi di costi di importazione del gas, salite nel 2022 a 85,4 miliardi. La situazione è migliorata nel 2023 e 2024, ma è rimasta comunque elevata, con circa 15-20 miliardi in più all’anno rispetto ai valori precedenti al 2022, e valori di circa 2-3 volte maggiori. Se confrontiamo i prezzi medi dell’energia elettrica in Italia dal 2019 ad oggi, passiamo da 52 euro per megawattora del 2019 ai 29 del 2020, dai 125 del 2021 ai 304 del 2022, dai 127 del 2023 ai 103 del 2024 (gennaio-ottobre).

Il problema italiano appare ancora più chiaro se confrontato con Germania e Spagna. “In questi due Paesi si supera la percentuale del 60-65% di fonti rinnovabili elettriche, contro il 43,8% che i dati Terna indicano per i primi sei mesi del 2024 in Italia”, spiega G.B. Zorzoli, ex presidente del Coordinamento Free. “In Spagna così il prezzo è calato del 40%, e in Germania quasi del 30%”.

L’importanza dei contratti a lungo termine

Un altro aspetto importante per stabilizzare i prezzi è la stipula dei contratti a lungo termine (PPA). “L’ottimale”, spiega a Zorzoli, “dovrebbe essere almeno dieci anni. Sono contratti che stabilizzano il prezzo dell’energia elettrica. Idealmente, se tutta l’energia fosse venduta tramite questi contratti, il prezzo crollerebbe: per le aziende è poi fondamentale avere un prezzo stabile nel tempo per poter programmare. Non a caso in Spagna hanno curato lo sviluppo di questi contratti, prevedendo per legge una garanzia pubblica, anche per le piccole e medie imprese, cosa che in Italia non esiste, così che il rischio ricade sulle imprese”.

La vera autonomia è data dalle rinnovabili

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Da un monitoraggio effettuato sui prezzi zonali italiani nel periodo primavera-estate del 2024, da maggio a settembre ci sono stati 5 mesi in cui mediamente si è avuto oltre il 50% di contributo da fonti di energia rinnovabile e ci sono state 116 ore a prezzo zero e 990 ore con prezzi zonali inferiori a 65 €/MWh. Mauro Vergari, consigliere di Adiconsum: “Sulle rinnovabili c’è un enorme problema comunicativo. Dovremmo scendere in piazza contro questo furto legalizzato delle bollette alte. Siamo il Paese del sole, del vento, del mare, occorre far capire quanto sia fondamentale sviluppare le rinnovabili. Invece il mondo del fossile è più forte, riesce in continuazione a dare false notizie, contro le auto elettriche, le pompa di calore, con slogan come ‘senza gas non riusciremmo a coprire il fabbisogno energetico’, ‘ci serve il nucleare’ etc. I poteri forti del fossile stanno vincendo, eppure in Italia abbiamo circa 4 milioni e mezzo di persone in povertà energetica”.



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