Nuovo Giornale Nazionale – IL CASO SALA E IL SILENZIO STAMPA

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I familiari di Cecilia Sala hanno chiesto il silenzio stampa e il mainstream li ha accontentati. Ciò significa che a meno di clamorosi accadimenti e fino a quando questa brutta storia non finirà nel bene o nel male, conosceremo poco o nulla dei suoi sviluppi.

Il silenzio stampa lo chiedevano (a volte) i familiari dei rapiti dalla Anonima Sequestri per non danneggiare i loro cari, nella speranza che un allentamento della pressione riducesse la possibilità di gesti irrazionali da parte dei sequestratori.

Ma qui non abbiano a che fare con un manipolo di banditi sardi che si accontenta di un cospicuo riscatto. L’Iran è un regime, sovrano, che non ha certo bisogno che qualcuno gli faccia pubblicità per rinforzarne le trame, e che spesso e volentieri agisce proprio nell’ombra. Un regime i cui magistrati si basano sulle veline dei servizi segreti per costruire improbabili castelli accusatori, che non di rado conducono al patibolo. Un regime che se ne frega delle pressioni mediatiche perché ci convive da decenni. Stendere una cortina sul suo operato è la decisione più sbagliata, e al tempo stesso più pericolosa, che si possa prendere.

Chi conosce il millenario istituto dell’estradizione sa bene che in simili casi uno Stato ha scarsissimi spazi di manovra, soprattutto quando esiste uno specifico accordo con lo Stato richiedente (in questo caso gli USA). La competente Corte d’Appello di Milano è chiamata a stabilire se i fatti di cui è accusato Mohammed Abedini Najafabad, l’ingegnere iraniano arrestato a Malpensa, costituiscono reato anche nel nostro ordinamento, senza poter entrare nel merito delle accuse.

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Abedini è accusato dagli USA di aver fornito, attraverso una società a lui riconducibile, componenti elettroniche per droni (fabbricate negli USA) al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (i famigerati Pasdaran), la potente organizzazione politico-militare che controlla un terzo dell’economia iraniana e incarna fedeltà assoluta alla Guida Suprema. Un ente che gli USA considerano organizzazione terroristica. Quindi, l’accusa lanciata da Washington è associazione per delinquere finalizzata al terrorismo. Un’accusa che negli USA porta dritto all’ergastolo.

E il fatto che i Pasdaran non siano considerati né dall’Italia né dalla UE (con eccezione della Svezia) un’organizzazione terroristica, non muta i termini della questione. Questo tipo di commercio verso l’Iran costituisce comunque reato, per effetto delle numerose sanzioni che da tempo colpiscono la teocrazia iraniana.

Non potendo il ministro della Giustizia opporsi a un verdetto negativo della magistratura sulla richiesta delle autorità americane, il finale migliore sarebbe che la Corte d’Appello di Milano ritenesse l’ingegnere iraniano non estradabile, mettendolo subito in libertà. La ragione potrebbe derivare dal fatto che gli USA lo condannerebbe con ogni probabilità al cosiddetto ergastolo without parole, il «fine pena mai vero», soluzione che la Corte italiana potrebbe considerare «trattamento disumano e degradante», cosa che le imporrebbe, per legge e per consuetudine internazionale, di respingere la richiesta di estradizione.

In questo modo il governo italiano potrà allargare le braccia, ma avrebbe anche la possibilità di dare la colpa ai giudici e alla loro rivendicata indipendenza se i rapporti con gli USA potessero in qualche modo risentirne. Mentre a Teheran non importerebbe nulla di come il suo protetto è riuscito a fregare gli americani, liberando così Cecilia Sala.

La Corte d’Appello di Milano potrebbe invece autorizzare l’estradizione dell’iraniano, magari evitando questa volta di farselo scappare, come con Artem Aleksandrovich Uss, figlio di un oligarca russo, arrestato nel marzo 2023 proprio su richiesta USA, che lo ricercava per riciclaggio e contrabbando di tecnologie militari. Messo ai domiciliari con braccialetto elettronico proprio dalla Corte d’Appello di Milano, sparì grazie ai suoi contatti con i servizi segreti di mezzo mondo, che gli mandarono in soccorso una banda di trafficanti serbi.

E se i giudici italiani dicessero sì all’estradizione di Abedini, la patata bollente passerebbe nelle mani di Nordio, cioè del Governo. Il quale sa bene che l’Iran avrebbe mille scuse per tenere in carcere Cecilia Sala per tutto il tempo che vorrà.

In un simile scenario il governo non consegneREBBE mai l’ingegnere iraniano agli USA. Non a caso Giorgia Meloni si è fiondata a Mar-a-Lago per parlare con Trump, promettendogli quello che vuole pur di salvare l’ostaggio italiano.





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