Il progetto vuole promuovere uno stile di vita semplice e sostenibile:«Il food è un’occasione per educare e sensibilizzare.È nostra responsabilità ricordare che dietro a ogni piatto c’è una storia, invitando a riflettere su come le nostre scelte alimentari possano avere un impatto vero e immediato sul Pianeta»
«Voglio raccontare il mio percorso da single ad alto impatto a mamma (quasi) green, alla ricerca di una vita più semplice, sana e slow». Con questo spirito nel 2010, poco dopo la nascita di sua figlia Carlotta, Raffaella Caso, genovese classe 1974, e oggi milanese d’adozione, ha dato vita a «BabyGreen», una guida per famiglie sostenibili. Nel 2024, poi, sono arrivati, il secondo sito «The Green Kitchen» e i social (@raffaella_thegreenkitchen), focalizzati sulla cucina green e organizzata. «Tutto è cominciato come il piccolo diario di una neomamma alla ricerca di una vita più naturale e si è trasformato in un lavoro a tempo pieno», racconta al Corriere della Sera, chiarendo come «non è vero che vivere più green è faticoso, è esattamente il contrario. Credo nell’impegno dei singoli e provo ogni giorno a trovare nuove soluzioni per vivere green».
Un’avventura che ha portato Caso a lasciare l’insegnamento allo Iulm e il Touring Club Italiano dove per anni era stata coordinatrice dei programmi di sostenibilità e di certificazione: «Sono stata una studentessa universitaria negli anni ’90 e ho assistito alla crescita di internet, sognando già da allora di creare un mio progetto online. Ma sapevo che avrei prima dovuto fare un bel po’ di esperienza in azienda. Quando è arrivato il momento di avviare la mia avventura in proprio, non avevo dubbi che sarebbe stata digitale. Non sapevo ancora, però, che la vera ispirazione sarebbe arrivata dall’arrivo di una figlia e dal desiderio di creare per lei un mondo più sostenibile. Dedicarmi a un progetto che rispecchiasse i miei valori e il mio stile di vita, lontana dalle logiche un po’ tossiche dell’azienda, per me è stato fondamentale e non me ne sono mai pentita neanche per un istante!», racconta. I social – chiarisce – permettono «ai creatori di contenuti di diffondere informazioni e dati seri e certificati e agli utenti di sviluppare un senso critico per identificare le fonti e le persone affidabili. Creando connessioni autentiche», racconta, ricordando le grandi amicizie create con le alcune lettrici con le quali chiacchiera di sogni, obiettivi e problemi. Una rete di scambio che dimostra come i social «non solo diffondono informazioni, ma creano una comunità che cresce insieme, portando avanti un messaggio di sostenibilità e consapevolezza alimentare.
Tuttavia, non possiamo ignorare il tema del giudizio, che è sempre più dilagante sui social. Purtroppo – ricorda – capita che scelte alimentari o stili di vita diversi dal mainstream diventino motivo di critica o dibattito poco costruttivo. È importante ricordare che il cambiamento verso una vita più sostenibile è un percorso unico per ciascuno di noi, fatto di piccoli passi e di imperfezioni. Credo che il vero valore dei social sia nell’accogliere, non nel giudicare, e nel costruire una conversazione che ispiri e non intimorisca».
Una grande attenzione è rivolta da Caso a ricette e cibo, come linguaggio universale, capace di raccontare storie e creare connessioni: «Voglio aiutare chi mi segue a rendere la cucina meno faticosa, affrontando il carico mentale legato alla pianificazione dei pasti e alla gestione degli avanzi, trasformandola in un momento piacevole. Forse – confessa – è per questo che l’attenzione si concentra spesso sulle ricette, che sono immediate e visibili, lasciando in ombra tutto ciò che c’è dietro, dalla fatica del lavoro agricolo allo sfruttamento animale, all’impatto ambientale e alle dinamiche economiche. Credo che questa disconnessione nasca anche dal nostro bisogno di appagamento istantaneo, che non ci porta a chiederci cosa c’è dietro al nostro piatto. È più semplice concentrarsi sul risultato finale: il piatto da fotografare, da condividere, da gustare», chiarisce, ricordando di aver scelto un’alimentazione completamente vegetale legata a salute, rispetto degli animali e tutela delle risorse del Pianeta. «Credo che questa scelta rappresenti un passo concreto verso un futuro più sostenibile, dove il cibo non è solo fonte di nutrimento, ma anche di rispetto per gli ecosistemi e per tutte le forme di vita», sottolinea, osservando la crescente curiosità delle persone verso la scelta di determinati ingredienti. Insomma, «parlare di ricette è solo il punto di partenza.
Il food può diventare un’occasione per educare e sensibilizzare. È anche nostra responsabilità, come comunicatori, ricordare che dietro a ogni piatto c’è una storia, e invitare le persone a riflettere su come le nostre scelte alimentari possano avere un impatto vero e immediato sul Pianeta», conclude, invitando ognuno di noi a pensare di poter fare la differenza con le proprie piccole scelte quotidiane. «La sostenibilità non è una rinuncia, ma un modo per vivere meglio, con più qualità e meno sprechi. Bastano piccoli passi: organizzare i pasti per ridurre gli sprechi, scegliere prodotti di stagione e locali, e dire no al superfluo. Non servono cambiamenti drastici: ogni gesto conta, e ciascuno può trovare la propria strada verso una vita più sostenibile e in armonia con il Pianeta. E garantisco che la vita migliora davvero e tanto».
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