Opinioni | La sicurezza, una priorità (anche per la sinistra)

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Sbaglia la sinistra a pensare che il problema della sicurezza dei cittadini non sia una priorità, non la riguardi. Che sia solo un’invenzione o una semplice percezione indotta da social, media, politica. E non sbaglia solo perché così lascia spazi enormi alla destra e a derive securitarie che possono essere pericolose per la stessa convivenza pacifica.
Sbaglia perché tradisce una vetusta concezione delle dinamiche sociali e psicologiche di questo tempo.
Le società occidentali invecchiano, quella italiana più di altre. Non si fanno bambini, le famiglie non sono più «quelle di una volta» e si invecchia spesso da soli, spesso senza figli.
La percezione di ansia diffusa tra i più giovani, malattia sociale ignorata, si salda con la fragilità di una società sempre più con i capelli bianchi.

La «colonna sociale» di cui parlava l’indimenticato Giorgio Ruffolo si è fatta ancora più sgranata, separando con maggiore distanza la testa dei pochi ricchi dalla coda dei molti poveri.
Ma, di più, la colonna sociale si muove lenta, appesantita da due valigie pesanti, cariche una di ansia e l’altra di fragilità.
La sicurezza è un problema che riguarda tutti, ma in particolare chi ha di meno. Non capire questo significa rischiare di dare ragione a quella semplificazione ingiusta che identifica la sinistra con la cosiddetta Ztl.
È dove c’è meno luce, più degrado, ci sono meno scuole, uffici, teatri, negozi, cinema, che le persone sono più esposte.
E la sicurezza riguarda anche gli anziani.
Che hanno il privilegio di vivere molto di più del passato ma si trovano ad affrontare, dopo la pensione, un tempo lungo di vita spesso da soli e sempre dovendo fronteggiare una società che richiede conoscenza e uso di tecnologie che inevitabilmente gli sono ostiche.




















































Se una donna sale su una metropolitana il suo diritto a non essere saccheggiata prevale su quello di chi le sfila dalla borsa il portafoglio con la pensione. È la legge, oltre che il buonsenso, a dirlo.
Nessuno può dire di aver affrontato davvero questo tema con successo. In questi venticinque anni destra e sinistra si sono infatti equamente divise la responsabilità del ministero dell’Interno.
La sicurezza dei cittadini non la si garantisce alterando le leggi o accettando la diffusione dell’autodifesa o, peggio, della diffusione delle armi. E neanche identificando propagandisticamente la violenza con l’immigrazione. I fatti di cronaca ce lo dimostrano. La maggioranza degli autori di femminicidi o i camorristi parlano la nostra lingua.
Ma le leggi, quelle che ci sono, vanno fatte rispettare. Da tutti, senza distinzione di passaporto. E se qualcuno le viola, rubando, scippando, aggredendo una ragazza o un anziano, non deve, dopo pochi giorni, essere in grado di farlo di nuovo.
Il discorso è complesso e questo, in una stagione di diffuso disturbo dell’attenzione, già affatica i più. Il tema della sicurezza chiama in causa molte cose: la condizione della giustizia, la inumana condizione carceraria, la lotta al traffico della droga e ai poteri criminali che la gestiscono, le difficoltà dei processi educativi, il governo dei flussi migratori e, in generale, il grande tema della giustizia sociale.

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Più una società è squilibrata e più tende alla violenza. Chi è consapevole della opportunità, non solo della necessità, di una società multietnica, deve saper garantire più di altri che accoglienza e responsabilità individuale vadano di pari passo, che chi arriva nel nostro Paese sia disponibile a rispettarne le leggi e a intraprendere processi di formazione e di integrazione a fronte dei quali abbia la garanzia della totalità dei diritti individuali. Lo ius soli serve proprio a questo.
Affrontare questi temi, nella loro complessità e con una visione d’insieme, dovrebbe essere il compito della politica.
E paradossalmente la sinistra dovrebbe essere la più attrezzata alla comprensione della natura di «sistema» che il tema della sicurezza porta con sé.

Ma non ci si rifugi dietro il paravento di soluzioni delegate alla «futura umanità».
Il tema della sicurezza personale dei cittadini non è rinviabile con formule sociologiche.
È qui, è oggi.
Non è accettabile che in tutto il Paese proliferino zone, quartieri, strade off limits, sotto il controllo di organizzazioni di spacciatori, di camorristi, di bande di ragazzi senza identità e speranze.
Se non si vuole che certe idee violente, razziste, autoritarie si diffondano ancora più velocemente, bisogna avere il coraggio di capire che la vita concreta dei cittadini di questo tempo è fatta di tre priorità.
Tre, non due.
Lavoro, sanità e sicurezza.

6 gennaio 2025



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