Oneri e accise in bolletta: le Pmi italiane pagano per tutti

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L’83% di quegli 8,2 miliardi di euro di prelievo per gli oneri di sistema – i costi sostenuti dai clienti finali per “attività di interesse generale per il sistema elettrico” – arriva dalle piccole e medie imprese italiane. La penalizzazione nei confronti dei competitor europei è insostenibile, a maggior ragione in un momento storico in cui il rapporto tra costi e marginalità è più che mai strategico per investire in nuove tecnologie e far fronte alla transizione green. Le imprese in bassa tensione determinano il 34% dell’energia prelevata dalle imprese del settore non domestico, ma pagano il 50,3% degli oneri nei quali è compreso il finanziamento del 38% – 1,1 miliardi di euro – di agevolazione per le imprese energivore. Di questo ne beneficia solo lo 0,3% delle imprese in bassa tensione. A dirlo sono i dati di Confartigianato Imprese.

LA RUSSIA CHIUDE I RUBINETTI: LE PMI TEMONO ULTERIORI RINCARI

All’indomani dell’interruzione delle forniture di gas russo, che raggiungeva l’Europa attraverso l’Ucraina, il prezzo del gas aveva raggiunto i 50 euro a megawattora (ora le quotazioni sono a 46,5 euro) e la situazione potrebbe peggiorare portando una nuova stangata sulle Pmi: le forniture russe coprono ancora una parte non certo piccola delle importazioni europee.

Il riempimento medio degli stoccaggi è di poco superiore al 70% di capacità rispetto all’84% di un anno fa, ma il prezzo del gas con il quale ci si deve confrontare oggi è il doppio rispetto alla media storica precedente il conflitto russo-ucraino ed è al di sopra del prezzo pagato da imprese e famiglie statunitensi.

I settori che subiranno le ripercussioni maggiori? Manifatturiero, logistica, agroalimentare, ceramica e metallurgia. Più costi sulle commodities significa una maggiore riduzione della competitività sui mercati esteri, ma anche sul mercato interno.

COMPETITIVITA’ SOTTO ATTACCO: IL PESO DI ONERI E ACCISE SULLE IMPRESE E’ DEL 27%

La parola che sposta gli equilibri nel contesto della geopolitica mondiale è proprio questa: competitività. Che sembra entrare in un vortice dove è l’instabilità a dover essere governata quotidianamente dagli imprenditori. L’eccessivo prelievo sulle Pmi italiane è confermato dai dati Eurostat: nei primi sei mesi del 2024, infatti, il peso degli oneri e delle accise sulle aziende è pari al 27,1% sul prezzo dell’energia elettrica (al netto di Iva). Una quota quasi doppia rispetto alla media Ue del 15,8%. In questo campo, l’Italia detiene il primato negativo tra i primi 20 Paesi dell’Eurozona per quanto riguarda il carico fiscale e parafiscale sul chilowattora. Il confronto con le maggiori economie europee è inclemente: la Germania è al 15,1%, la Spagna al 12,3% e la Francia all’8%.

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EQUILIBRI E SQUILIBRI: CHI SE LA CAVA

In Italia, il maggior peso di oneri e accise è fortemente svantaggioso per le micro e piccole imprese (consumi fino a 2.000 MWh), è equilibrato per chi consuma tra i 20mila e i 70mila MWh e offre relativi vantaggi per le aziende che hanno consumi più elevati. Fatti due conti, il carico fiscale e parafiscale sull’elettricità acquistata dalle imprese nella prima classe di consumo (fino a 20 MWh, classe IA) è 15,8 volte quello nella classe di consumo più elevata (oltre 150.000 MWh, classe IG), ampiamente superiore alle 4,6 volte registrate nella media Ue, al 7,4 volte della Germania e alle 10,5 volte della media Eurozona.

FAVORITE LE GROSSE INDUSTRIE: l’ESEMPIO NEL SETTORE TESSILE

Lo spiazzamento competitivo che colpisce l’Italia rispetto agli altri Paesi europei si traduce in un risultato tanto semplice quanto drammatico perché dimostra quanto favorisca le grosse industrie a discapito di quelle piccole.

  • La piccola tessitura – Con il pagamento dei propri oneri generali del sistema elettrico, di quelli non riscossi da venditori “efficienti e delle agevolazioni degli elettrivori, nel mese di ottobre 2024 si è trovata in bolletta uno “zaino” pari a 52 euro e 45 centesimi a megawattora.
  • La grossa tessitura – Ha la stessa tipologia di quella piccola – elettrivora, codice ATECO identico, stesso mercato, potenzialmente concorrente rispetto alla prima: il suo non è uno zaino ma una borsetta, perché in bolletta si è trovata un rincaro di 7 euro e 46 centesimi a megawattora.

LA DECARBONIZZAZIONE IN BOLLETTA E IL COLD IRONING

Il tessile rappresenta uno di quei settori in cui il Made in Italy è famoso e celebrato nel mondo, ma sembra che sia sbarrata la strada ad ulteriori misure che fanno pagare la decarbonizzazione in bolletta: ogni misura per la transizione energetica che si carica sulle fatture elettriche non fa male al Bilancio dello Stato, ma ferisce pesantemente il tessuto di piccole e piccolissime imprese. La malsana abitudine a rivolgersi alla bolletta come strumento occulto per manovre economiche è un vizio difficile da contenere: tra le new entries, infatti, a breve si farà spazio il Cold Ironing, uno sconto sugli oneri finalizzato alla decarbonizzazione del trasporto merci via mare ma di cui beneficeranno gli armatori delle navi, escluse le imbarcazioni private da diporto. Creare un flusso di risorse dalle piccole imprese agli armatori delle navi amplifica le già pesanti distorsioni e produce una serie di effetti negativi collaterali di cui non si sente l’esigenza.



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