Lo skipper che portava i turisti ora salva i migranti in mare: «Un Leone d’Oro mi ha cambiato la vita, chi è in pericolo va aiutato»

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di
Vera Mantengoli

Tiziano Rossetti con la barca a vela nel Mediteranneo: è il comandante del primo Circolo Arci Galleggiante. «Le persone prima si soccorrono e poi si decide cosa fare. Seguo le leggi del mare è impensabile non intervenire»

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La svolta arrivò grazie al Leone d’Oro alla Carriera consegnato dalla Biennale di Venezia a Michelangelo Pistoletto nel 2003. All’epoca il comandante Tiziano Rossetti, nato a Firenze nel 1968 e trapiantato a Venezia dal 1982, aveva 35 anni.

Velista, istruttore e regatante, di professione faceva lo skipper accompagnando turisti in giro per i mari. Da sempre sensibile alle questioni sociali, non avrebbe però mai pensato di trovarsi 21 anni dopo in mezzo al Mediterraneo a soccorrere 43 migranti. 




















































Eppure oggi è lui il comandante del primo Circolo Arci Galleggiante, parte del progetto «Tutti gli occhi sul Mediterraneo», sostenuto da una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso. 

Lo scopo è monitorare il Mediterraneo e le rotte dei migranti con le barche a vela Nihayet Garganey VI Grand soleil 56, una 17 metri e Karma Gib Sea 442, una 13 metri. Rossetti si sta preparando per febbraio quando ripartirà con l’equipaggio composto dal capomissione Maso Notarianni di Arci nazionale, da Francesco Delli Santi e Gianfranco Principe di Sailing for Blue Lab, dal documentarista Francesco Cabras, da nuovi membri sanitari e da Margherita Cioppi che cura la logistica a terra. «Per chi come me segue la legge del mare è impensabile non salvare le vite di chi rischia di morire»

Comandante Rossetti, quando ha deciso di dedicarsi al sociale?
«Nel 2003 Michelangelo Pistoletto riceve il Leone d’Oro alla Biennale e presenta il progetto «Love Difference – Movimento artistico per una politica intermediterranea», un tavolo specchiante a forma di Mediterraneo. L’artista cercava un velista per una perfomance e mi hanno contattato. Ho portato due artisti da Venezia a Dubrovnik. Fermavamo le barche che incrociavamo e portavamo un caffè a nuoto o con un canotto di 2 metri. In quel momento mi sono reso conto della forza che ha la vela per comunicare. Ero già attento ai temi sociali, ma da quel momento è diventato il filo conduttore tanto che nel 2011 ho corso la regata solitaria MiniTransat da La Rochelle a Salvador de Bahia con la mia associazione “Unavelaper” dedicando la barca a Emergency».

Com’è cambiato il suo lavoro?

«Ho cercato di unire sempre di più la vela al sociale portando gli associati a “Unavelaper” a fare dei viaggi alla scoperta della vela e di altre culture, incontrando molte associazioni e non facendo mai pagare i bambini. Tra tante realtà ho conosciuto l’associazione Aganoor di Bologna che si occupava di promozione sociale e ci siamo uniti organizzando viaggi ambientali e iniziando a portare in vela ragazzi di case famiglie. Dall’unione delle due associazione è nato così il progetto Sailingfor Blue Lab. Abbiamo conosciuto “Libera contro le mafie” e, insieme a Barbara Pucello, abbiamo iniziato a portare in barca i ragazzi del carcere minorile e anche un detenuto adulto cuoco che ha potuto viaggiare con noi portando la sua professione in barca. Spero possa farlo di lavoro quando uscirà. Unavelaper e Aganoor sono cresciute e hanno incontrato Arci Bologna che, lo scorso settembre, ha deciso di fare suo il progetto e di finanziare la prima missione di monitoraggio chiamata “Tutti gli occhi sul Mediterraneo”. A quel punto Aganoor ha preso il nome Sailing for Blue Lab diventando il primo Circolo Arci Galleggiante. Noi ora ci dedichiamo a questo al cento per cento. Nel Mediterraneo di barche italiane ci sono Mediterranea, Rescue people, Sailingfor Blue Lab, Maldusa e poi una costellazione di associazioni nordeuropee».

Conosceva già il mondo delle Ong?
«Sì perché più volte sia io che Delli Santi eravamo stati chiamati per guidare i gommoni durante i salvataggi e lo avevamo fatto come volontari, ma poi ci siamo resi conto che potevamo essere più utili con una barca a vela. Noi non nasciamo in contrapposizione al governo, siamo marinai che non accettano che il nostro Paese non segua le leggi del mare perché sono leggi fondamentali per la vita. Le persone prima si soccorrono e poi si decide cosa fare. Grazie a questo approccio riusciamo a risvegliare quelle coscienze che altrimenti si barricherebbero dietro a un credo politico. Ognuno ha la sua visione politica, ma anche se sei di destra non puoi pensare che sia giusto abbandonare le persone in mare».

Veniamo alla prima missione. Quando è stata?
«Lo scorso 13 novembre eravamo a Lampedusa e dovevamo fare affiancamento alla barca Nadir della ong tedesca Resqship. Siamo partiti poco prima con l’accordo di trovarci più tardi. Mentre siamo in mare aperto sentiamo alla radio da Frontex la segnalazione di una barca in difficoltà e, quando dopo 30 minuti vediamo che nessuno si muove, decidiamo di andare noi. C’era buio totale. A un certo punto vedo delle lucine e ci avviciniamo fino a quando ci troviamo di fronte a una barca in legno stracarica di persone. Siccome vedevo dei lampi all’orizzonte chiamiamo la Mrcc di Roma (Maritime Rescue Coordination Center) per chiedere il permesso di salvarli. Ci dicono prima che dobbiamo mandare una mail, poi che dobbiamo fare una call, poi se abbiamo chiamato Malta, tutto questo di notte e in mezzo al nulla. Nel frattempo arriva la Nadir e mettiamo in sicurezza i profughi con i salvagenti. Il permesso arriva dopo tre ore. Li portiamo verso Lampedusa impiegandoci quattro ore e con un vento che soffiava a 30 nodi. Se non ci fossimo stati noi non credo che avrebbero potuto salvarsi con quel tempo».

Che cos’ha provato?
«Noi siamo gente di mare scafata, ma ho provato molta rabbia nel vedere come si espongono le persone a dei rischi inutili. In quelle tre ore di attesa siamo passati da un mare quasi calmo a un mare mosso. Perché? Come si possono scoraggiare le barche di chi sta salvando vite umane? Inoltre non avremmo dovuto esserci noi, ma la Guardia Costiera alla quale spesso è impedito di intervenire, come racconta bene il documentario Ombre sul mare che ha vinto il Premio Morione 2024. In questo caso erano migranti dal Bangladesh, c’erano tre donne e un bambino, tutti con maglietta e pantaloncini corti, senza acqua, senza niente e da due giorni in mare con il freddo che c’era. Come si può lasciare che le persone rischino di morire così?».

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Che cosa ne pensa del piano Albania?
«Non ha senso. Noi non ci rendiamo conto di cosa significhi lasciare tutto e intraprendere un viaggio verso l’ignoto, rischiando la propria vita e finendo magari a fare la prostituta in una tangenziale o il bracciante sfruttato in un campo. Il progetto Albania è folle da ogni punto di vista e mi sembra uno spot politico per mantenere un serbatoio di lavoro a basso costo. Fino a quando non avremo una legge sul salario minimo continuerà questo sfruttamento. Salvini e Meloni puntano sulla paura dell’altro, ma non ha senso impedire alle persone di spostarsi, avviene da sempre. La società è cambiata e lo si vede dalle scuole che sono multiculturali. Perché non creare invece un sistema di accoglienza migliore?».

Come?
«Bisogna creare dei ponti con la Libia gestiti da organizzazioni umanitarie, in alternativa possiamo solo andarli a cercare e salvarli. Quello che non accetto a 56 anni è che sento ancora dire che la cosa migliore è aiutarli a casa loro, come sentivo decenni fa. Quindi oggi dico aiutiamoli ovunque siano».

Che progetti avete per il 2025?
«Andremo in missione ogni mese per dieci giorni e nel frattempo cerchiamo di recuperare fondi con eventi che organizziamo e con la piattaforma di crowfounding. Abbiamo anche un progetto molto simbolico, quello di riscoprire la lingua sabir nel Mediterraneo, un misto di diverse lingue con il 60 per cento di termini veneziani, adottata anche dai turchi e chiamata lengua franca. In sabir, per esempio, salvare si diceva salvar. Il senso è quello di riscoprire una cultura mediterranea che unisce e non divide, un po’ come il tavolo specchiante di Pistoletto. Nel frattempo non ci fermiamo. rispettiamo le leggi del mare».

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7 gennaio 2025

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