La pensione per gli invalidi può arrivare prima del previsto. Esistono misure che consentono di accedere alla quiescenza in qualità di invalido in modo molto anticipato. Quando si parla di pensione per invalidi, non si può tralasciare l’Ape sociale o la quota 41 per i precoci.
In entrambe le misure, infatti, rientrano tra i destinatari gli invalidi, purché abbiano almeno il 74% di disabilità certificata. E se l’invalidità è specifica, c’è la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile, che richiede un’invalidità all’80%.
In quest’ultimo caso, le uscite ammesse sono a 56 anni per le donne e 61 anni per gli uomini, con almeno 20 anni di versamenti. Per la quota 41, invece, non ci sono limiti anagrafici.
Per l’Ape sociale, serve avere almeno 63,5 anni di età e almeno 30 anni di versamenti.
Ma oggi analizziamo come fare ad accedere a una pensione con l’assegno ordinario di invalidità nel 2025, una misura senza limiti di età, per la quale bastano solo 5 anni di versamenti.
Invalidità e pensione: senza limiti di età bastano 5 anni di contributi, ecco come funziona l’assegno ordinario
Chi esce dal lavoro con la quota 41 per i precoci, come si evince dal nome, deve arrivare ad almeno 41 anni di versamenti. E deve averne 35 effettivi e almeno 1 anno di contributi versati prima dei 19 anni di età. L’invalidità richiesta è almeno 74%, lo stesso grado necessario per l’Ape sociale, per la quale, come detto, servono 63,5 anni di età e 30 anni di contributi.
Chi lascia il lavoro con l’Ape sociale non può svolgere prestazioni lavorative, salvo il lavoro autonomo occasionale entro 5.000 euro di reddito annuo.
Non deve lavorare neanche chi va in pensione con invalidità specifica: infatti, la riduzione della capacità lavorativa, pari almeno all’80%, non deve essere generica (come per gli invalidi civili), ma specifica per le mansioni svolte e per la tipologia di lavoro.
Con l’assegno ordinario di invalidità, invece, non ci sono vincoli: infatti, si può anche proseguire a lavorare dopo aver iniziato a percepire il trattamento.
Ecco i beneficiari dell’assegno ordinario di invalidità
Per ottenere l’assegno ordinario di invalidità civile, occorre il certificato del medico di famiglia (detto certificato introduttivo), che il medico di base trasmette in versione digitale.
Con tale certificato e la relativa ricevuta di trasmissione, l’interessato si reca al Patronato per presentare la domanda di invalidità civile all’INPS. Dopo la domanda, l’interessato viene convocato dalla Commissione Medica Invalidi Civili per la visita. Se riconosciuto disabile in misura non inferiore al 67%, si può richiedere l’assegno ordinario, che prevede un limite minimo di contributi versati.
Bastano 5 anni di versamenti, ma almeno 3 di essi devono essere stati versati negli ultimi 5 anni precedenti la domanda di pensione.
Importi, regole e cosa bisogna sapere delle pensioni per gli invalidi
Ricapitolando: con una riduzione della capacità lavorativa di almeno due terzi (quindi 67% di invalidità civile), si può percepire l’assegno ordinario di invalidità. In attesa che l’INPS pubblichi la consueta circolare con i nuovi importi annuali, nel 2024 l’assegno ordinario è stato di 333,33 euro al mese. La prestazione non si applica ai lavoratori dipendenti del settore pubblico, ma è destinata solo ai lavoratori del settore privato e ai lavoratori autonomi.
La misura è temporanea e soggetta a revisione periodica. Una volta concessa, dura 3 anni. Prima della scadenza, l’interessato è convocato a visita di revisione e deve necessariamente presentarsi per non perdere la prestazione. Se permangono le condizioni che danno diritto al beneficio, la misura viene rinnovata per altri 3 anni, e così via.
Dopo tre rinnovi triennali, se l’invalido conserva i requisiti, la misura diviene definitiva. Ma lo è solo fino al 67° anno di età. Dopodiché, l’assegno ordinario decade e si trasforma in pensione di vecchiaia, a condizione che l’invalido abbia raggiunto il requisito minimo di 20 anni di contributi.
Se non risultano 20 anni di versamenti, l’assegno ordinario di invalidità diventa assegno sociale, la misura che spetta a 67 anni a quanti non hanno diritto a una pensione e rientrano nei limiti di reddito previsti.
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