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VIBO VALENTIA Una strage, due morti innocenti, il via libera all’ascesa di una delle ‘ndrine più potenti della Calabria. Il 6 gennaio 1991, un commando a bordo di un’Alfa 33 spara nella piazza principale di Sant’Onofrio, uccidendo gli innocenti Onofrio Addesi e Francesco Augurusa. Una lotta di ‘ndrangheta alla base della “strage dell’Epifania”, come verrà chiamata in seguito, tra il clan Petrolo-Bartolotta e quello dei Bonavota. Un drammatico evento, raccontato in esclusiva al Corriere della Calabria dal Carabiniere che inseguì e arrestò uno dei killer, Rosario Michienzi, che segna la svolta per la ‘ndrangheta vibonese. Gli arresti che seguiranno la strage infliggeranno un colpo quasi letale alla ‘ndrina Petrolo-Matina-Bartalotta, dando il via all’ascesa dei Bonavota.
Le faide con i Petroli-Bartolotta e i Cracolici
Una faida cruenta, culminata nella strage dell’Epifania, spinta anche da ‘ndrine esterne come i Lopreiato e i Mancuso. Aver retto militarmente spiana la strada ai Bonavota per il controllo di Sant’Onofrio, dando anche il via a programmi di espansione fuori dal paese alle porte di Vibo. Saranno queste mire espansionistiche, in particolare nella vicina zona industriale di Maierato, a far partire un’altra sanguinosa lotta di ‘ndrangheta: quella contro i Cracolici, protrattasi dall’inizio del nuovo millennio ad oltre il 2010. In pochi anni vengono uccisi i fratelli Alfredo e Raffaele Cracolici, boss dell’omonimo clan operante tra Maierato e Filogaso. Quest’ultimo ucciso non solo per la contesa sul territorio ma «per prevenire una vendetta per l’omicidio del fratello», come ha rivelato di recente Francesco Fortuna, killer pentito del clan Bonavota.
La crescita del clan e la sfida ai Mancuso
La guerra contro i Cracolici consolida ancor di più l’espansione della ‘ndrina di Sant’Onofrio. Droga, estorsioni e traffici illeciti garantiscono la crescita economica del clan, ormai “emigrato” anche al Nord e all’estero, con basi in Canada e in Piemonte. A Carmagnola viene trovato una vera e propria cellula ‘ndranghetista legata a loro, come messo nero su bianco dai giudici nel processo Carminius, arrivato in appello con una sentenza per oltre 140 anni di carcere. Un potere che quasi convince la ‘ndrina a contrapporsi a quello dominante dei Mancuso, stringendo un’alleanza con il gruppo del futuro pentito Andrea Mantella. Ma lo Stato non rimane a guardare: l’ascesa criminale viene interrotta da operazioni, inchieste e condanne che in pochi anni decapitano la ‘ndrina.
La latitanza e le condanne pesanti
Van Helsing, Uova del Drago, Talita Khum, Conquista e Rinascita Scott. Vaste operazioni e blitz che hanno preso di mira la famiglia di Sant’Onofrio, dalle quali sono scaturiti processi, condanne ma anche assoluzioni “eccellenti”. Con la sola Rinascita Scott prendono 30 anni (in primo grado) Domenico Bonavota, considerato l’ala militare, 26 anni Nicola Bonavota e 28 anni Pasquale Bonavota, superlatitante fino al 27 aprile 2023, quando fu arrestato a Genova. Quest’ultimo, ritenuto al vertice, “costretto” a vestirsi da sacerdote per sfuggire alle forze dell’ordine. Da parte sua, in aula di tribunale, si è sempre difeso dicendo che «non ero latitante, ero innocente». Pesante condanna a 22 anni anche per Domenico Cugliari, alias “Micu i mela”, di cui Mantella parlò come uno che «dava gli ordini» per questioni di anzianità dopo la morte di Vincenzo Bonavota e prima dell’ascesa del primogenito Pasquale. Per Nicola Bonavota è arrivata quest’anno anche un’altra condanna a 18 anni per l’omicidio di Domenico Belsito, sul quale ha riferito il neopentito Francesco Fortuna. Il “killer” del clan che proprio quest’anno ha deciso di saltare il fosso, così come in precedenza aveva già fatto Onofrio Barbieri, le cui propalazione hanno arricchito le pagine delle inchieste della Dda. Dai collaboratori di giustizia, in particolare da Fortuna, potrebbero nascere nuovi sviluppi e nuove prove contro la ‘ndrina di cui faceva parte. Arresti e inchieste che hanno ridimensionato il potere dei Bonavota, sulla scia di quanto successo a tutta la ‘ndrangheta vibonese indebolita dall’azione dello Stato. Come un piccolo “risarcimento” di giustizia a chi, come Onofrio Addesi e Francesco Augurusa, è rimasto vittima innocente della brutale crudeltà delle ‘ndrine. (ma.ru.)
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