Francia. Nuovo anno, vecchia crisi

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


[PARIGI]

Il 2025 si apre come si era chiuso il 2024, con la Francia intrappolata nell’instabilità politica. François Bayrou, il neo-nominato primo ministro, deve mantenere in piedi un governo già vacillante prima ancora del suo debutto ufficiale. Il suo primo discorso parlamentare è previsto per il 14 gennaio, ma le opposizioni sono già in assetto da battaglia. La France Insoumise (LFI) ha annunciato l’intenzione di presentare una mozione di censura (che metterebbe fine immediata al governo se approvata). Parallelamente, il Partito Socialista (PS) e il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen mantengono un’ambiguità strategica sulla possibilità di appoggiarla, alimentando un clima di incertezza politica.

Il governo Bayrou, ufficializzato il 23 dicembre dopo lunghe trattative, ha preso forma con non poche difficoltà e dopo dieci giorni di riunioni. La squadra ministeriale rappresenta un compromesso politico, composto da centristi, esponenti della destra repubblicana (LR) e figure ex socialiste ora gravitanti attorno a Ensemble, il partito di Emmanuel Macron.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Tra le nomine più rilevanti figura Gérald Darmanin (Ensemble), ex ministro dell’Interno, che ora assume il ruolo di ministro della Giustizia. Darmanin ha dichiarato di voler collaborare con Bruno Retailleau, l’anima identitaria de Les Rèpublicains (LR), la destra repubblicana, confermato ministro dell’Interno. Altra figura di spicco è Élisabeth Borne, ex primo ministro di Macron e ora ministro dell’Istruzione (e numero due del governo).

Il governo include anche nomi che hanno sorpreso l’opinione pubblica. Manuel Valls, ex primo ministro ed ex ministro dell’Interno sotto François Hollande, torna sulla scena politica come ministro dei Territori d’Oltremare, dopo un periodo di relativa marginalità. Sarà l’altro numero due del governo. Altrettanto inattesa è la presenza di François Rebsamen, figura storica della sinistra e sindaco di Digione per ventidue anni, ora membro dell’esecutivo.

Queste scelte, benché simboliche, non sono riuscite a mascherare le profonde difficoltà del governo Bayrou, impostosi a Macron, racconta la stampa francese, e nato ufficialmente con l’intento di allargare la maggioranza ma che riflette quasi lo stesso perimetro politico del precedente governo guidato da Michel Barnier. Il governo Bayrou si trova a fare i conti con una delicata dipendenza dal RN, il cui sostegno tacito risulterebbe cruciale per la sopravvivenza dell’esecutivo. Questa realtà è emersa chiaramente nella controversa mancata nomina di Xavier Bertrand (LR) a ministro della Giustizia, attribuita all’opposizione di Marine Le Pen. Bayrou ha negato tale ricostruzione, ma Bertrand l’ha confermata, sottolineando l’influenza crescente del RN sulle dinamiche governative.

Un elemento di novità rispetto al passato è rappresentato dall’atteggiamento attendista del PS. Pur avendo partecipato agli incontri preliminari per la formazione del governo, il PS non è entrato nell’esecutivo. La controversa riforma delle pensioni è stata il nodo principale della discordia: i socialisti chiedevano la sospensione della sua applicazione, mentre Bayrou ha offerto solo una revisione, giudicata insufficiente. Per cercare di ottenere il sostegno del PS, Bayrou punta sulla legge di bilancio, invitando i socialisti a collaborare in nome della responsabilità politica. La nomina di Éric Lombard a ministro dell’Economia, figura vicina al segretario socialista Olivier Faure, fa parte di questa strategia. Tuttavia, rimane incerto se questa scelta basterà a rassicurare un PS sempre più critico nei confronti del governo.

Se Bayrou riuscisse a superare la mozione di censura grazie all’astensione del PS e del RN, otterrebbe un risultato che il suo predecessore Barnier non è riuscito a conseguire. Tuttavia, la strada è stretta: una mozione di censura richiede la maggioranza assoluta in Parlamento. Se il PS optasse per l’astensione e il RN sostenesse la mozione della sinistra, l’esito dipenderebbe molto probabilmente dal gruppo LIOT (Libertés, indépendants, outre-mer et territoires), guidato da Charles de Courson, uomo di destra e avversario del presidente della repubblica. In caso di astensione del RN, Bayrou avrebbe margini di sicurezza maggiori, ma l’instabilità del quadro politico continuerebbe a rappresentare una sfida significativa.

Le prossime settimane, con il voto sulla mozione di censura e il dibattito sul bilancio, saranno decisive non solo per il futuro del governo Bayrou, ma anche per la stabilità politica della Francia.

Il primo ministro François Bayrou

Il risultato della situazione politica attuale dipenderà in larga misura dalle dinamiche legate alle elezioni presidenziali del 2027. Il clima turbolento che attraversa la politica francese è, infatti, ulteriormente esacerbato da una vera e propria “ossessione per la presidenza”, che alimenta una dinamica conflittuale interna ai partiti e alla politica nazionale. 

In questo contesto, va letta la richiesta di dimissioni di Macron e di elezioni presidenziali anticipate. Dimissioni che, secondo un sondaggio Odoxa, oggi sono richieste dal 61 per cento dei francesi, con un aumento di 7 punti rispetto a settembre. Tuttavia, anche in questo caso, le differenze politiche e ideologiche fra i vari schieramenti si riflettono nelle risposte. Mentre alcuni partiti spingono per un cambiamento immediato e radicale, altri restano più cauti, considerando le implicazioni a lungo termine di tale mossa.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Sulle dimissioni del presidente, Marine Le Pen ad esempio si è mostrata ambigua. Anche se si è detta pronta a questa eventualità, che considera sempre più plausibile, giustificandola come una misura precauzionale, data la fragilità del presidente e la limitata capacità di azione che gli resta nel panorama istituzionale, la sua posizione non sembra così netta. Infatti, Le Pen, pur riconoscendo la difficoltà della situazione di Macron, non si è completamente allineata con la proposta di elezioni anticipate, ma si è limitata a considerarla una possibile risposta alla situazione politica caotica, senza però spingere apertamente per essa.

Dal momento della nomina di Bayrou, la leader di RN e i suoi alleati hanno mostrato una certa moderazione, consapevoli che la loro rispettabilità – elemento fondamentale nella strategia di Le Pen per conquistare elettori che oggi diffidano di lei – sarebbe stata ulteriormente compromessa dal voto di una seconda mozione di censura. “Ciò costringerebbe ad acutizzare ulteriormente la situazione politica, e l’intero sistema politico potrebbe uscirne sconfitto. La gente vuole andare avanti”, ha dichiarato Le Pen, suggerendo che un’ulteriore escalation nella crisi politica non gioverebbe a nessuno, neppure ai suoi stessi interessi.

In effetti, mentre Le Pen continua a mantenere una posizione di opposizione, la sua strategia sembra sempre più orientata a evitare un confronto troppo diretto che possa destabilizzare ulteriormente il sistema politico francese. Nonostante le sue critiche al governo, la leader del Rassemblement National ha riconosciuto che il paese ha bisogno di stabilità e che un’escalation senza fine porterebbe soltanto a un ulteriore caos, danneggiando la stessa credibilità dei partiti che si oppongono al presidente Macron.

È evidente che Marine Le Pen stia giocando una partita strategica complessa. Un momento cruciale si avvicina con la fatidica data del 31 marzo, quando sarà emesso il verdetto sul processo relativo agli assistenti del Rassemblement National. Una condanna potrebbe includere una pena di ineleggibilità accompagnata da un’“esecuzione provvisoria”, ovvero con effetto immediato. Questo scenario potrebbe spingere Le Pen ad adottare una linea più dura contro l’esecutivo, magari censurandolo rapidamente, pur cercando di apparire aperta al dialogo e al confronto.

Allo stesso tempo, potrebbe confidare in un intervento legislativo del governo in suo favore. A questo proposito, François Bayrou aveva già manifestato il proprio sostegno alla leader del Rassemblement National durante la requisitoria della Procura di Parigi, opponendosi all’ipotesi di un’“esecuzione provvisoria” della pena. Anche Gérald Darmanin, neo-ministro della Giustizia, sembra allinearsi a questa posizione. Non a caso, Darmanin ha “preso il posto” di Xavier Bertrand, storico antagonista di Le Pen, su richiesta della stessa leader di estrema destra nel governo guidato da Bayrou.

Marine Le Pen a Mayotte, l’isola colpita dal ciclone Chido

A sinistra l’eventualità di andare ad elezioni non raccoglie l’unanimità. Mentre La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha avviato una campagna per chiedere le dimissioni del presidente, gli Ecologisti, il PS e i comunisti del PCF sembrano invece contrari alla richiesta di un’elezione presidenziale anticipata.

La loro opposizione non è solo legata a una questione di opportunità politica, ma risponde a motivazioni di carattere tanto strategico quanto pragmatico. Questi partiti, pur riconoscendo le difficoltà politiche di Macron, temono che un’elezione anticipata non farebbe altro che creare ulteriori divisioni, senza risolvere i problemi più profondi che la Francia sta affrontando. Ma soprattutto i partiti della sinistra temono di avvantaggiare Mélenchon, la cui leadership è mal sopportata dagli altri partiti del NFP. Da qui la partecipazione agli incontri iniziali con Bayrou.

Microcredito

per le aziende

 

Come recentemente sottolineato dallo storico Marc Lazar, il dilemma per il Partito Socialista (PS) è palese:

Se il governo di Bayrou dovesse cadere, Emmanuel Macron si troverebbe sotto una pressione enorme per dimettersi. Tuttavia, Macron non è nelle condizioni di affrontare le difficoltà derivanti da una nuova elezione presidenziale.

Un rischio che i socialisti non vogliono correre. Da qui nasce il recente intervento di François Hollande, che, in un’intervista a Ouest-France, ha ribadito l’importanza di un mandato completo per Macron, avvertendo che una sua partenza prematura potrebbe spingere la Francia verso “una grave crisi istituzionale.” L’ex presidente socialista ha inoltre bocciato l’idea di dissolvere l’Assemblea Nazionale a luglio, osservando che una nuova elezione, con ogni probabilità, non farebbe che replicare l’attuale stallo politico, con un parlamento tripartito e senza una maggioranza definita. In tal senso, Hollande non esclude la possibilità che il governo Bayrou possa durare fino al 2027, a condizione che vengano fatte concessioni significative su temi sensibili come la riforma delle pensioni e quella fiscale.

Secondo Hollande, le richieste di dimissioni di Macron avanzate da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon non rappresentano una soluzione valida. Se si dovessero tenere nuove elezioni, la leadership a sinistra di Mélenchon verrebbe probabilmente confermata, un’ipotesi che i socialisti vogliono evitare. L’obiettivo del PS è quello di ritrovare una posizione di forza, in grado di dettare le regole del gioco e di esprimere una candidatura che possa sfidare il leader della sinistra radicale. Tuttavia, tale candidatura unitaria ancora non esiste, e tra i possibili nomi c’è anche quello di Hollande, che rimane una figura centrale in questo scenario politico (e da qui la sua candidatura a parlamentare).

Da qui una lettura duplice dell’intervento dell’ex presidente: da un lato, evitare elezioni presidenziali anticipate che potrebbero risultare disastrose per i socialisti, e dall’altro, proteggere le sue stesse ambizioni politiche, dato che una crisi prematura del governo Macron potrebbe compromettere anche il suo futuro politico.

Lazar suggerisce che l’unica ancora di salvezza per Bayrou potrebbe essere la proposta di una riforma elettorale basata sulla rappresentanza proporzionale—una mossa che potrebbe ricalibrare il frammentato sistema politico francese. Ma anche qui, sentenza di condanna a Le Pen permettendo, ci sono enormi differenze tra i partiti. 

A sinistra, la proposta preferita è quella della proporzionale integrale a livello dipartimentale, un sistema simile a quello adottato nel 1986 sotto François Mitterrand. Il PS e altre forze di sinistra considerano questa riforma come uno strumento per rendere il sistema politico francese più democratico e meno polarizzato. La proporzionale integrale favorirebbe, infatti, una maggiore rappresentanza delle minoranze politiche, superando il sistema maggioritario che spesso esclude partiti più piccoli. Soprattutto consentirebbe ai partiti di sinistra di liberarsi dell’obbligo di stare assieme, soprattutto in coalizioni a trazione La France Insoumise.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

D’altra parte, il Rassemblement National (RN) sostiene una forma di proporzionale con un premio di maggioranza. Questo sistema permette di mantenere i vantaggi della rappresentanza proporzionale, garantendo una più ampia inclusione delle forze politiche, ma con l’aggiunta di una “premio” per il partito o la coalizione che ottiene il maggior numero di seggi, con l’intento di evitare l’instabilità che una proporzionale pura potrebbe generare. In altre parole, il RN vuole trovare un equilibrio tra una rappresentanza più ampia e una stabilità politica che non venga minata dalla frammentazione. Una soluzione che calza perfettamente con l’attuale panorama politico elettorale dove RN è il primo partito.

All’interno della maggioranza presidenziale, Renaissance e il MoDem sono da tempo favorevoli all’introduzione di una dose di proporzionale, sebbene il dibattito su come implementarlo sia stato complesso.

A destra, Les Républicains (LR) e il partito Horizon di Édouard Philippe, uno dei papabili dell’area macroniana per succedere al presidente, sono generalmente contrari alla proporzionale, in virtù di un forte attaccamento all’eredità gollista della Quinta Repubblica. Per i sostenitori di questa posizione, il sistema proporzionale rischia di allontanare i cittadini dai loro rappresentanti nazionali, creando un sistema che potrebbe frammentare ulteriormente la politica e rendere più difficile per il governo esercitare un controllo effettivo.

L’ex presidente socialista François Hollande

Francia. Nuovo anno, vecchia crisi was last modified: Gennaio 6th, 2025 by MARCO MICHIELI

Francia. Nuovo anno, vecchia crisi
ultima modifica: 2025-01-06T19:37:54+01:00
da MARCO MICHIELI

Iscriviti alla newsletter di ytali.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Sostienici

DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Source link