Eurozona, l’economia chiude il 2024 in uno stato di fragilità – Economia e Finanza

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(Teleborsa) – L’economia dell’Eurozona ha concluso il 2024 in uno stato di fragilità, con livelli di attività in diminuzione e crolli dei nuovi ordini e dell’occupazione. Le pressioni inflazionistiche si sono intensificate, mentre le aspettative di crescita delle aziende per i prossimi dodici mesi sono rimaste deboli, nonostante siano migliorate al tasso maggiore in tre mesi. Lo rilevano gli ultimi dati HCOB PMI.

In dettaglio, l’Indice HCOB PMI della Produzione Composita dell’Eurozona destagionalizzato, che consiste in una media ponderata
dell’Indice HCOB PMI della Produzione Manifatturiera e dell’Indice HCOB PMI dell’Attività Terziaria, a dicembre si è di nuovo posizionato su un valore inferiore alla soglia di non cambiamento di 50 punti, segnalando il secondo mese consecutivo di contrazione dell’attività economica nell’eurozona. Con 49,6, l’indice è risultato in salita da 48,3 di novembre, indicando un peggioramento non solo più lieve del mese precedente, ma minimo in assoluto.

La contrazione di dicembre dell’eurozona è da addebitare esclusivamente al settore manifatturiero poiché quello dei servizi si è ripreso. Tuttavia, dal momento che l’espansione terziaria è stata modesta, è stata più che controbilanciata dalla netta contrazione della produzione manifatturiera.

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Ugualmente a quanto successo a novembre, Germania, Francia e Italia, ovvero le tre maggiori economie dell’eurozona, hanno tutte registrato riduzioni dell’attività economica nell’ultimo mese del 2024. La Francia ha indicato la prestazione più debole, seguita dalla Germania, mentre in Italia la contrazione è stata marginale. Spagna e Irlanda, le altre due nazioni di cui sono disponibili i dati compositi PMI, sono andate contro corrente e hanno continuato a registrare espansioni dell’attività. In particolare, in Spagna, il settore privato è salito al tasso più rapido da marzo 2023.

I dati di dicembre hanno mostrato un’accelerazione delle pressioni sui prezzi in tutta l’eurozona. I costi sono aumentati al tasso
più rapido da luglio e più elevato della media pre-pandemia dell’indagine. Le imprese manifatturiere dell’eurozona non hanno registrato cambiamenti nei livelli di spesa, mentre le aziende terziarie hanno indicato un grosso incremento. Anche l’inflazione dei prezzi d’acquisto di entrambi i settori è accelerata fino a toccare il valore più alto in quattro mesi. I dati compositi hanno comunque celato sconti da parte delle aziende manifatturiere, e una politica dei prezzi più aggressiva da parte delle aziende terziarie che ha portato l’inflazione dei prezzi di vendita al rialzo.

Infine, gli ultimi dati dell’indagine hanno indicato un miglioramento della fiducia delle aziende con le migliori previsioni di crescita
nei prossimi dodici mesi da settembre. L’ottimismo è tuttavia rimasto debole rispetto alla media storica.

Dopo novembre, che con 49,5 aveva mostrato il primo calo in dieci mesi, a dicembre l’Indice HCOB PMI dell’Attività Terziaria dell’Eurozona si è posizionato su 51.6, tornando a superare la soglia di non cambiamento di 50 punti. Questo indica una ripresa dell’attività terziaria, anche se moderata e più debole della media dell’indagine (52,6).
La ripresa della crescita non ha ricevuto grande supporto dalle nuove vendite, che di fatto sono aumentate solo marginalmente. Eppure, è la prima volta da agosto che la domanda di servizi dell’eurozona è migliorata. L’incremento delle vendite è scaturito dalla domanda interna, poiché quella estera è diminuita per il diciannovesimo mese consecutivo.

“Alla conferenza stampa della BCE, la presidente Lagarde ha reiterato che l’inflazione nel terziario è ancora troppo alta. L’indagine PMI di dicembre del settore dei servizi lo ha confermato mostrando costi di nuovo in aumento rispetto al mese precedente, forse a causa degli incrementi salariali. Parte dei rialzi è stata trasferita ai clienti, aumentando sempre più i prezzi di vendita”, dichiara Cyrus de la Rubia, Chief Economist presso la Hamburg Commercial Bank, analizzando i dati PMI, secondo il quale “per le politiche monetarie questo significa che, nel primo trimestre del 2025, la banca centrale dovrebbe rimanere cauta e fare solo dei piccoli tagli dei tassi d’interesse”.

“Guardandoci alle spalle, aggiunge, il 2024 non è stato un anno così malvagio per il settore dei servizi. Nella prima metà la crescita è iniziata moderatamente, per poi rallentare e infine risalire verso fine anno. Nel terziario, l’occupazione è cresciuta durante
tutto l’anno, anche se l’incremento di dicembre è stato lieve. Il costante declino delle commesse inevase è preoccupante, ma non sono crollate del tutto. Le aziende hanno mantenuto la loro fiducia, con previsioni economiche future per lo più positive e persino migliorate durante il mese di dicembre, nonostante l’indice corrispondente si sia posizionato al di sotto della media di lungo termine”.

“I dati PMI di dicembre, conclude, non pongono sicuramente delle basi fantastiche per un boom del terziario nel 2025, ma almeno il
volume degli ordini in entrata ha smesso di diminuire e il calo delle commesse inevase è rallentato. Le aziende del settore terziario, contrariamente a quelle del manifatturiero, possono ritenersi fortunate di non subire i diretti effetti della minaccia delle tariffe statunitensi e questo dovrebbe in generale contribuire a garantire che, nel 2025, la debolezza industriale non trascini completamente nella crisi l’economia intera”.

(Foto: © iloveotto/123RF)

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