La lista di inizio anno dei 50 giovani da seguire è una delle tradizioni più durature di Ultimo Uomo. Ieri abbiamo inaugurato quella del 2025 con i primi dieci nomi, di seguito trovate i successivi dieci. Le indicazioni di rito: non troverete giocatori nati prima del 2005 e nemmeno quelli, talmente precoci, da averci costretto a scriverne già o di cui per la stessa ragione intendiamo scrivere più approfonditamente a breve. Per esempio Lamine Yamal, Francesco Camarda, Pau Cubarsí, Estevao, Ethan Nwaneri, Antonio Nusa, Andrija Maksimovic.
ELIESSE BEN SEGHIR, 2005, MONACO (FRANCIA)
Veder giocare Ben Seghir a centrocampo è un piacere. Si muove libero alla ricerca di linee di passaggio da servire o da offrire, cercando di far progredire il gioco con un ritmo verticale ma non frenetico. È il classico centrocampista francese tecnico che si esalta nell’associazione con i compagni – forse meno autosufficiente di altri coetanei. Dribbla bene, specie quando il campo si restringe; ha un bel repertorio di finte e un tiro preciso, ma non è particolarmente elettrico e non ha un gioco di strappi. Hutter lo impiega soprattutto da trequartista, dove mette in mostra la sua abilità negli smarcamenti senza palla, il gioco spalle alla porta e la capacità di legare il gioco. Non è ancora chiaro se sarà solo un giocatore di culto, perdendosi al primo trasferimento in Premier League, oppure se potrà avere un futuro da centrocampista d’élite. Il 2025 ci dirà qualcosa in più.
AARON CIAMMAGLICHELLA, 2005, TORINO (ITALIA)
In estate il Torino ha deciso di non mandare Ciammaglichella in prestito perché credeva nella possibilità che potesse tornare utile alla prima squadra. A 19 anni ha finito per giocare solo qualche minuto con l’Atalanta, vedendo il suo coetaneo Njie scavalcarlo nelle preferenze di Vanoli. Insomma: è finito in un limbo piuttosto tipico per i talenti italiani: troppo forti per la Primavera ma considerati immaturi per la prima squadra. E siamo sicuri che le categorie inferiori siano la possibilità di crescita migliore per Ciammaglichella?
Il ruolo non lo aiuta: a centrocampo – dove può giocare in una mediana a due o da mezzala – si è in un ruolo delicato, ricco di responsabilità e dove si rischia sempre di compromettere i risultati. A vederlo giocare, per il modo in cui porta palla a piccolo passi con l’esterno, rientra e guarda il gioco in verticale, si direbbe che Ciammaglichella sia un’ala, ma per il passo non proprio elettrico gioca in realtà a centrocampo, dove mostra comunque una visione di gioco e una sensibilità nei passaggi notevole. Colpisce soprattutto per come protegge palla e la porta in avanti, risultando pericoloso vicino alla porta.
Si parla di lui da quando era un bambino, praticamente, e questa pressione non lo sta aiutando in questo ambientamento tra i professionisti. Del resto è nato a pochi passi dallo stadio Filadelfia e si è alimentato un inevitabile hype nei suoi confronti (con tanto di inclusione nelle liste dei migliori giovani del Guardian). A novembre degli osservatori del PSG sono andato a seguirlo nelle partite dell’Italia Under 20 contro Polonia e Romania. Ciammaglichella ha giocato molto bene.
MALICK FOFANA, 2005, LIONE (BELGIO)
A battezzare Malick Fofana è stato Sven Kums, all’epoca suo compagno di squadra al Gent, un anno fa: «Uno come lui non si vede spesso nel calcio moderno: cerca costantemente l’uno contro uno, è così bravo tecnicamente da poter dribblare l’uomo su entrambe le fasce». Poche settimane dopo è stato acquistato dal Lione per 17 milioni di euro, lasciando il Belgio con una sessantina di presenze, 5 gol e 10 assist in prima squadra ancora prima di diventare maggiorenne.
In Francia, in un Lione stravolto dai problemi finanziari, Fofana si è subito imposto come uno dei giovani più brillanti della Ligue 1. In una rosa di alto livello offensivo, non sempre parte titolare, ma quando entra a sinistra è una spina nel fianco per gli avversari: in poco più di 2000 minuti giocati ha già segnato 11 gol e servito 4 assist, e probabilmente dopo il calciomercato di gennaio, dove sono previste cessioni eccellenti, diventerà uno dei giocatori più importanti della squadra.
Il suo idolo è Doku, ma in campo lo ricorda fino a un certo punto. Fofana è meno elettrico e diretto, non è un freak del dribbling nello stretto, quanto piuttosto un giocatore con un’energia perpetua, capace di saltare l’avversario lontano dalla porta e partire in conduzione, oppure mangiarsi il campo per accompagnare l’azione. Sotto porta poi sembra abbastanza efficace, con un tiro secco e preciso. Proprio per queste sue caratteristiche è difficile prevederne lo sviluppo futuro: può essere un’ala, ma anche una seconda punta, oppure allontanarsi dalla porta avversaria per far valere il suo incredibile dinamismo a centrocampo. Il 2025 potrebbe essere l’anno della sua consacrazione.
GEOVANY QUENDA, 2007, SPORTING CP (PORTOGALLO)
Per Quenda è successo tutto molto velocemente. A luglio era solo uno dei giovani aggregati alla prima squadra durante il ritiro pre-campionato, a settembre si parlava di lui in relazione a squadre come il Manchester City, lo United e il Newcastle. In mezzo, a cambiare tutto, l’occhio di Ruben Amorim, che lo ha adattato a uno strano ruolo per uno con le sue caratteristiche: esterno a tutta fascia a destra. Lì lo ha schierato per la Supercoppa di Portogallo, all’inizio d’agosto, e da quel momento praticamente non è più uscito dalla formazione titolare.
Quenda è quello che solitamente definiamo un dribblomane: un’ala che vive per puntare l’avversario, che sente la gravità della porta, che ha una certa urgenza quando entra in possesso del pallone. Se Amorim si è fidato di metterlo in una posizione che comporta anche compiti difensivi, però, è perché Quenda è più di quello che sembra. «Ha molto talento, è molto maturo e legge il gioco come un adulto», ha detto di lui l’attuale tecnico del Manchester United, che probabilmente ne apprezza la disponibilità a correre all’indietro quando ce n’è bisogno, la misuratezza nel tentare l’iniziativa personale (tenta tanti dribbling ma non così tanti: 2,8 per 90 minuti, di cui gliene riescono esattamente la metà), una visione di gioco non banale per un’ala e un’ambidestria che se non è perfetta comunque gli permette di mettere sempre in crisi il diretto marcatore. I limiti sono evidenti tanto quanto i pregi. Quenda non ha una grande tecnica di tiro e di conseguenza, giocando per adesso piuttosto lontano dalla porta, sembra destinato a non segnare molto; la velocità sulle lunghe distanze non è così alta e la tecnica in spazi stretti non è eccezionale come pure quella di altre ali dello Sporting, come Marcus Edwards. A 17 anni un giocatore è bene o male già formato? Quanti sono ampi i margini di miglioramento? Se non volete curarvi delle difficoltà che potrebbe incontrare, il gol da guardare è quello che segnò un anno e mezzo fa circa con la maglia del Portogallo Under 17.
SVERRE NYPAN, 2006, ROSENBORG (NORVEGIA)
Negli ultimi anni la Norvegia ci ha abituati a produrre soprattutto atleti fenomenali, corpi pazzeschi con muscolature che sembrano spostare in avanti le possibilità umane. Eppure dalla Norvegia è venuto fuori anche il numero dieci più tradizionale che c’è oggi nel calcio d’élite, ovvero Martin Odegaard – un trequartista che fa della visione di gioco e delle letture mentali la parte decisiva del proprio gioco. Al Rosenborg, con la maglia numero 41, milita un giocatore con uno stile di gioco simile. Sverre Nypan ha 18 anni ma già più di 50 presenze e 12 gol con la maglia del Rosenborg. Gioca trequartista o esterno sinistro, usa bene entrambi i piedi. Le sue partite sono piene di ricami in spazi risicatissimi, croquete, tunnel. Ha una grande visione di gioco e grande sensibilità nelle verticalizzazioni.
Si deve ancora formare fisicamente e, come sempre, bisognerà sciogliere il dubbio se sia in grado di fare le sue cose nei tempi e negli spazi più compressi di campionati diversi dalla Eliteserien, cioè il campionato norvegese. Nypan però sembra andare a una velocità mentale superiore agli altri, sembra davvero speciale. Come quello di Erling Haaland, il suo cartellino è in mano a Rafaela Pimenta.
ADAM AZNOU, 2006, BAYERN MONACO (MAROCCO)
La facilità con cui porta palla e dribbla nel traffico, la precisione con cui mette il pallone dove serve a volte è quasi umiliante per i suoi coetanei. Aznou è veloce, tecnico, praticamente ambidestro, pur essendo un terzino si comporta da ala in fase offensiva, tanto da venire pure a giocare sulla trequarti se serve. Contro le difese della Youth League ancora inesperte e poco avvezze a tanto potenziale offensivo fin troppe volte non c’è partita. Aznou esce con una collezione di dribbling riusciti e passaggi chiave da ogni incontro.
Nonostante la giovane età, già ci si chiede quanto ancora vorrà aspettare Kompany prima di farlo giocare con più regolarità (spesso convocato, per il momento ha giocato solo 10 minuti a novembre contro l’Union Berlino) – di certo di terzini sinistri così promettenti per una squadra che vuole attaccare sempre e comunque come il Bayern non ce ne sono tantissimi sul mercato. Intanto la nazionale del Marocco non ha atteso per farlo esordire (conta già due presenze da titolare) e quindi eliminare ogni possibilità che possa giocare per la Spagna, una mossa che ha già avuto successo con Hakimi.
Nato a Barcellona e cresciuto nel Damm, una delle migliori squadre giovanili della Catalogna, è poi passato a 13 anni nella Masia. Il Bayern ha approfittato della presenza di Alejandro Baldé in prima squadra del Barcellona per convincere Aznou a trasferirsi in Baviera al compimento dei 16 anni, mostrandogli una prospettiva più concreta di farlo arrivare in un futuro prossimo in prima squadra. Tre anni dopo la promessa è stata mantenuta. Con stralci di dominio a livello di Youth League nel 2024, nel 2025 è possibile che giochi di più con la prima squadra. Certo, molto dipenderà dal futuro di Alphonso Davies, in scadenza di contratto, ma sembra essere lui il suo erede designato.
YOTARO NAKAJIMA, 2006, SANFRECCE HIROSHIMA (GIAPPONE)
Il calcio giapponese riesce ormai a produrre centrocampisti di alto livello in grado di dettare i tempi di gioco, abbinando un buon dinamismo e versatilità per qualsiasi stile di gioco, con buona continuità. Il vantaggio, per il mercato europeo, è che possono essere presi a buon mercato, perché il campionato giapponese ha ancora dei prezzi da inizio millennio. L’ultimo in tal senso è figlio di un calciatore professionista (Koji), anche lui centrocampista, che ha giocato gli ultimi anni di carriera proprio per i Sanfrecce Hiroshima. Yotaro Nakajima è nato quindi ad Hiroshima e subito passato per le giovanili della squadra cittadina. Lo scorso anno è passato in prima squadra, ma è già da tempo titolare fisso nelle formazioni giovanili del Giappone, con cui ha partecipato al Mondiale Under 17 nel 2023.
Il gioco di Nakajima racchiude i pregi che la scuola giapponese riesce a instillare nei suoi centrocampisti: con un raggio d’azione ampio ha letture di gioco già ben sviluppate e velocità di pensiero, è tecnico e creativo, sia nello stretto che nei passaggi lunghi. A livello giovanile ha mostrato di poter svolgere qualsiasi funzione a centrocampo, idealmente l’importante è che tocchi tanti palloni, che sia giocando da regista davanti alla difesa, in coppia o da mezzala offensiva. Fisicamente deve ancora formarsi del tutto per raggiungere il potenziale di centrocampista a tutto campo che ha nelle corde, ma anche con i grandi è portato naturalmente muoversi tanto, cercando subito la riaggressione. Offensivamente poi non è uno che ha paura di prendersi responsabilità e se si trova a dover calciare in porta non si tira indietro.
I Sanfrecce Hiroshima sono rimasti in lotta per il titolo tutta la stagione e questo non ha favorito il suo minutaggio, limitato a una decina di ingressi nei secondi tempi e solo due presenze da titolare. Le poche partite giocate con la prima squadra sono bastate comunque a suscitare interesse nei campionati europei più attenti a quanto succede in Giappone, con il Colonia pronto a bruciare la concorrenza (probabilmente, però, lasciandolo giocare nella J.League fino alla prossima estate).
DAMIAN PIZARRO, 2005, UDINESE (CILE)
Un anno fa l’Udinese è andata in Cile per rinverdire i bei tempi andati, quando comprava giovani talenti sconosciuti al pubblico europeo per rivenderli a peso d’oro al Barcellona. Con Pizarro, però, le cose non sono andate come previsto (forse a riprova del fatto che i bei tempi sono, per l’appunto, andati): dopo un anno, rimasto per metà in prestito al Colo Colo, sappiamo davvero poco di più di questo giovane ed enorme attaccante cileno, che con la maglia dell’Udinese ha esordito tra i professionisti solo il 19 dicembre, per gli ultimi 15 minuti di una partita di Coppa Italia contro l’Inter che la squadra di Runjaic stava già perdendo 2-0.
Per il 2025 ci dobbiamo aggrappare di nuovo a ciò che immaginiamo l’Udinese ci abbia potuto vedere in Damian Pizarro. Una prima punta che in patria viene chiamata “la Máquina” o secondo altri addirittura “El Haaland de Macul”, dal nome della città in cui ha sede il Colo Colo. Un attaccante, quindi, che vive l’area di rigore come il suo habitat naturale, con un grande equilibrio in corsa, che compensa una tecnica di tiro non eccezionale con una grande creatività nel trovare coordinazioni estemporanee e istintive. Pizarro c’è da dire che non aveva segnato molto in Cile (11 gol in 35 partite di campionato), ma parliamo pur sempre di un giocatore che deve ancora compiere 20 anni, e che è letteralmente ai suoi primi minuti di gioco in Europa. L’immaginazione su come potrà essere il suo 2025 può portarci davvero ovunque, e non è detto che si vada troppo lontani dalla realtà. Runjaic a settembre aveva detto che «il processo di ambientamento sta continuando perfettamente» e che «gli stiamo lasciando il tempo necessario visto che ci sono ancora aspetti che deve conoscere». Chissà che la seconda metà di stagione, che a meno di stravolgimenti imprevedibili dovrebbe essere piuttosto tranquilla per l’Udinese, non regali a Pizarro qualche minuto in più, e a noi qualche immagine più fresca di quelle assolate che vengono dal Cile. Nel frattempo, per chi vuole crederci, ecco una bella spizzata di testa dalla sua ultima e per ora unica partita tra i professionisti in Italia.
TYLER DIBLING, 2006, SOUTHAMPTON (INGHILTERRA)
Tyler Dibling sembra un’ala d’altri tempi. Col calzettone basso corre con la testa all’ingiù, un po’ ingobbito, cercando di andare per lo più dritto per dritto. Gioca a destra a piede invertito, ma lo fa con uno stile asciutto molto britannico, andando sempre al sodo e non dilungandosi mai in troppe finte. Con questo stile diretto quest’anno ha già messo in difficoltà un terzino di livello come Riccardo Calafiori, in una partita difficile come quella contro l’Arsenal. Il talento tecnico non è forse di primo livello, ma quello atletico sì, e si nota anche nella generosità dei suoi recuperi difensivi.
Si è fatto conoscere per una tripletta segnata contro il Chelsea, con l’Under 18 del Southampton, assolutamente eccezionale. Tre gol del tutto identici che descrivono bene lo stile concreto di Dibling.
Uno con queste caratteristiche nel 2025 dovrebbe trovare parecchio spazio, specie in una squadra in crisi come il Southampton. Juric lo sta schierando da trequartista destro del 3-4-2-1; in altri sistemi il suo futuro potrebbe anche essere da mezzala a centrocampo.
NATHAN ZEZE, 2005, NANTES (FRANCIA)
Nell’anno in cui Leny Yoro si è trasferito in Inghilterra per un pentolone d’oro, è normale nutrire hype per un centrale francese che ha la sua stessa età e caratteristiche simili. Alto un metro e 90, mancino, con uno stile tecnico e all’apparenza compassato, Zeze fa parte di quella scuola di centrali francesi tecnici ed eleganti, che sembrano poter fare a meno della pressione fisica – più sullo stile di Varane che di Saliba, tanto per capirci. Lo scorso anno gli è servito per prendere le misure con la Ligue 1, dove ha collezionato una decina di presenze; in questo è diventato un titolare e uno dei giocatori più interessanti del campionato – e inevitabilmente sono arrivate le prime voci di mercato. Avendo fatto esperienza nella difesa a tre Zeze è desiderato delle squadre italiane. È stato accostato alla Fiorentina e soprattutto all’Inter, anche perché al momento viene valutato una cifra non clamorosa (si parla di 15 milioni).
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