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LA LETTERATURA ITALIANA È DI SINISTRA. ANZI, NO!
La politica non ha bisogno di paternità culturali per poter governare. I partiti politici, pur rappresentando interessi di parte, una volta al governo della cosa pubblica, devono fare gli interessi generali. Gli uomini di cultura, proprio perché tali, concorrono come cittadini al progresso della società ma non devono essere schiavi della politica al governo del Paese. A circa due anni dalla polemica che scaturì dall’intervento dell’allora Ministro della Cultura Sangiuliano sul pensiero di Dante, queste riflessioni appaiono forse più valide perché più distaccate, anche se il tema è ancora attuale, benché affrontato sempre, a nostro avviso, con molta ignoranza e incompetenza. Il nostro è un discorso generale, anche se nasce da quell’idea di un Dante di destra, peraltro male interpretata.
Ancora oggi assistiamo allo squallido spettacolo televisivo di giornalisti e scrittori che fanno semplicemente gli zerbini dell’area politica di appartenenza invece di esprimere opinioni libere e costruttive. È uno spettacolo anche inutile: la politica non ha bisogno di nessuna legittimazione culturale per potere governare bene ed essere credibile. Non ne ha avuto mai bisogno, anzi, spesso, gli intellettuali e la cultura hanno esercitato un ruolo di forte critica nei confronti della politica, cioè del potere.
Nelle dittature, il problema non si pone. In Germania, durante il Nazismo, quasi tutti i più grandi intellettuali (non solamente quelli di sinistra), scrittori, scienziati, fisici, e tanti altri, lasciarono il proprio Paese per non allinearsi col regime nazista, e del resto Hitler, quasi dieci anni prima di prendere il potere, nel Mein Kampf, aveva affermato chiaramente che non aveva bisogno di nessuna ideologia che non fosse quella ufficiale, cioè il Nazionalsocialismo. Potremmo fare altri esempi di altre dittature, compresa quella fascista in Italia.
La politica, anche nei Paesi democratici, spesso segue strade diverse dalla cultura dominante, soprattutto quella filosofica e letteraria, perché il suo obiettivo è il governo della comunità nazionale, oltre che il consolidamento del proprio potere. Per esempio, in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta, benché la cultura dominante in Italia fosse quella del Neorealismo, notoriamente di sinistra, antifascista, la Democrazia Cristiana, partito guida di tutti i governi dal dopoguerra al 1994, partito antifascista ma di centro, anzi interclassista e anticomunista, non cercò mai alcuna legittimazione politica fra gli intellettuali di centro o di destra. Sì, concorreva con gli altri partiti alla spartizione della TV di Stato, finanziava giornali e la stampa amica, come facevano tutti gli altri partiti, ma era molto tollerante per via della sua natura interclassista e per le sue idee economiche e sociali.
Il cattolicesimo democratico si fondava sull’impegno per i diritti umani e l’iniziativa individuale, tipici del liberalismo, ma di questo rifiutava il laicismo e l’idea del dovere assoluto verso la società. Del conservatorismo condivideva i valori etici – la famiglia, il diritto alla vita -, il rispetto dell’ordine sociale e della legge, il rifiuto del comunismo, l’accettazione del cambiamento progressivo e di un individualismo moderato, la difesa dell’eredità cristiana coniugata con l’identità e l’unità nazionale – idea molto diversa dalle posizioni liberali e socialiste del rispetto di tutte le fedi -, la collaborazione fra le varie classi sociali, la difesa della proprietà privata e dello Stato sociale, tipica anche della moderna socialdemocrazia, l’attenzione alle tematiche civili come l’aborto e le unioni omosessuali. Ecco, si può trovare un intellettuale, diciamo di centro, che accetti tutta questa impostazione ideologica?
L’ossessiva ricerca – così appare in molti ambienti della destra oggi al potere – di una legittimazione culturale di destra attraverso la rivisitazione di intellettuali non di sinistra sembra irrazionale e fuori della storia, soprattutto per chi proviene da esperienze culturali laiche e non di destra. Anzi, proprio da sinistra si è levato alto il grido di dovere essere sempre contro il potere politico, da qualunque parte esso provenga, per esempio, da Sciascia, Pasolini, Calvino e altri. Bisogna anche dire che se per un politico la classificazione di destra, sinistra, centro, liberale e così via, può risultare agevole per via soprattutto dei suoi interventi in campo sociale ed economico, per uno scrittore o un poeta, un filosofo, uno scienziato, non è affatto facile l’inserimento in una categoria politica. Per esempio, Pasolini era considerato intellettuale di sinistra, per la sua critica contro il potere, le sue idee sull’omologazione e sul consumismo, ma la società che quasi idolatrava, la civiltà contadina di una volta, la società rurale non ancora industrializzata, non poteva certo considerarsi di sinistra.
Discorsi simili si potrebbero fare per Moravia, o per Sciascia e Calvino, spesso in conflitto con il Partito comunista, dove aveva militato il secondo e nelle cui liste da indipendente era stato eletto a Palermo il primo, nelle comunali del 1975. Le idee politiche di uno scrittore non sempre hanno una relazione stretta con la sua opera. Pirandello aderì al fascismo, per chi scrive e molti altri per opportunismo, per potere diffondere le proprie opere teatrali, ma la sua opera – essenzialmente relativista e contro la burocratizzazione della società, una società piccolo borghese – era addirittura contro l’ideologia fascista.
Le categorie politiche, se sono confusionarie per la stessa politica, ancor di più lo sono per gli intellettuali che non esercitano attività politica diretta. La polemica scaturita dalle affermazioni dell’ex Ministro Sangiuliano su Dante “fondatore del pensiero di destra” ha all’origine un libretto scritto nel 2002 dal poeta di sinistra Giovanni Raboni, libretto che fu regalato al Ministro Sangiuliano dal giornalista e scrittore Angelo Crespi. In questo libretto, il poeta Raboni scandalizzò l’intellighenzia di sinistra contraddicendo la tesi che voleva che la cultura del Novecento fosse di sinistra, e che suscitò allora un dibattito a cui parteciparono intellettuali del calibro di Umberto Eco.
Raboni scrisse in modo onesto e chiaro che molti dei più grandi protagonisti della letteratura del Novecento erano collegabili alle diverse culture di destra che erano coesistite nel corso del Ventesimo secolo. Ed elencò in ordine alfabetico i nomi di Berrès, Benn, Bloy, Borges, Céline, Cioran, Claudel, Croce, D’Annunzio, Drieu La Rochelle, T.S. Eliot, E.M. Forster, C.E. Gadda, Hamsun, Hesse, Ionesco, Jouhandeau, Jünger, Landolfi, Thomas Mann, Marinetti, Mauriac, Maurras, Montale, Montherlant, Nabokov, Palazzeschi, Papini, Pirandello, Pound, Prezzolini, Tomasi di Lampedusa, W.B. Yeats…, aggiungendo poi chi da liberale si oppose ai disastri del comunismo, e fece i nomi di Auden, Gide, Hemingway, Koestler, Malraux, Orwell, Silone, Vittorini… e chi fu perseguitato da Stalin – Babel’, Brodskij, Bulgakov, Cvetaeva, Mandel’štam, Pasternak, Solzenicyn.
Ora, a parte le nostre riserve su autori come D’Annunzio, Hesse, Croce, Montale, Yeats, Hemingway, Orwell, Silone, Vittorini e altri, ci chiediamo che relazione ci può essere tra un democratico come Croce e un antidemocratico come D’Annunzio, o addirittura tra Vittorini e Tomasi di Lampedusa, del quale rifiutò per Einaudi e Mondadori il suo Il Gattopardo. O tra il fondatore del Futurismo Marinetti e il fascista Pound (ma grande poeta). Certamente è vero che la cultura, soprattutto della prima metà del Novecento, non è stata di sinistra, soprattutto in Italia, mentre è vero che, sempre in Italia, nel secondo dopoguerra hanno avuto più forza e visibilità intellettuali di sinistra, Fenoglio, Moravia, lo stesso Vittorini, Pasolini, Sciascia, Calvino, Pavese, Maraini, Asor Rosa, Camilleri e tanti altri.
Ma, dicevamo, le categorie di destra, centro, sinistra, hanno un tempo e una storia, talvolta ambigua pure oggi. Destra, sinistra, centro, sono categorie soprattutto economiche e sociali, storiche, attribuirle a scrittori e intellettuali di un lontano passato è cosa futile e sbagliata anche. Dante di destra? E perché mai? “Per la sua visione dell’umano, della persona, delle relazioni interpersonali” e per “la sua costruzione politica”, disse Sangiuliano, egli è il fondatore del pensiero di destra. Forse perché non era illuminista, giacobino, materialista, marxista, socialista-utopico, relativista-riduzionista, liberal-progressista. Già, ma allora queste categorie non esistevano. Le categorie della modernità. Perciò l’antisovranista Dante, il sostenitore di una visione politica fondata sull’Impero, il politico che detestava la ricchezza, il sostenitore di una religiosità mistica, contro la prepotenza del Papato, colui che spedì all’inferno decine di papi corrotti, il profeta solitario, il poeta civile non poteva essere di destra.
Il padre fondatore della lingua e della civiltà italiana contro la cultura conservatrice che voleva ancora il latino a fondamento della letteratura, il poeta del popolo, poeta europeo perché per lui la patria comune era il Sacro Romano Impero, cioè l’Europa, e non i singoli Stati, anche se l’Italia vi aveva un posto privilegiato. Dante il poeta solitario contro i soprusi del potere, la guida, il saggio, il profeta, il mistico, l’eterno errante, il pellegrino sempre in cammino, il riformatore religioso e civile, l’Angelo dell’Apocalisse. L’unico uomo che, attraverso la ragione (Virgilio), la teologia e l’amore (Beatrice), il misticismo (San Bernardo), la grazia di Dio (la Madre di Cristo), vede Dio, l’armonia e l’ordine di tutto il Creato…. Dante il genio che abbraccia tutto il reale, il poeta del popolo, dell’inferno.
L’uomo che andò in esilio per non farsi sottomettere dal potere, il poeta dalla personalità più vasta e formidabile, che non lascia posto a nessun altro, che occupa tutto lo spazio, tutta la scena. Dante il poeta di ogni tempo. Dante sempre un contemporaneo. Perché egli è tutto, il mistico, la guida, il viaggiatore folle verso la purezza, il poeta e il profeta chiamato dall’alto per salvare l’umanità, lui, l’eterno viandante dell’Aldilà. Ecco, quest’uomo non era, non poteva essere, di destra. E nemmeno di sinistra.
Applicando le categorie della modernità – è ancora un gioco – alla letteratura italiana, potremmo dire allora che Dante era un cattolico popolare riformatore europeo, Boccaccio era un borghese illuminato, Petrarca un cattolico papale, Machiavelli un repubblicano pessimista ma utopista, Guicciardini un aristocratico conservatore opportunista corporativista, Ariosto un cortigiano pessimista fatalista, Tasso un cristiano democratico ambientalista internazionalista. Goldoni un borghese illuminato, Alfieri un illuminista libertario titanico di tensione antitirannica, Parini è un cattolico borghese riformista, Foscolo un giacobino materialista illuminista, Leopardi un protosocialista ambientalista solidale, Manzoni un cattolico democratico moderato, Verga un aristocratico monarchico pessimista conservatore anti-autonomista, Pascoli un socialista utopico cristiano, D’Annunzio un avventuriero nazionalista antidemocratico interventista, Pirandello un patriottico risorgimentale vetero-socialista nichilista conservatore relativista, Svevo un borghese socialista premarxista liberale, Montale un antifascista repubblicano azionista, Pavese un comunista anarchico, Vittorini un ex fascista poi comunista massonico, Sciascia uno pseudocomunistaradicale che votava socialista, Tomasi di Lampedusa un aristocratico conservatore filoborbonico, Consolo un comunista visionario, Camilleri un comunista eterodosso, Calvino un anarchico comunista socialista, Buzzati un conservatore fantastico, Quasimodo un vetero-comunista massone, Pasolini un gramsciano anticonformista.
Ci fermiamo qui, era solo un gioco per affermare che è impossibile applicare le categorie politiche della modernità al tempo passato. Né i politici né gli intellettuali e i giornalisti spesso sanno di quello che parlano. Di quale destra o centro o sinistra parlano? Di destra sociale o di destra fascista, di destra sovranista o europeista, interventista? Di destra trumpiana o bolsonariana? Di destra liberale o corporativista? Di destra statalista o keynesiana? Di destra repubblichina e anticapitalista? Di quale centro? Cattolico? Liberale? Interclassista? Repubblicano? Democratico? Liberal-conservatore? Di quale sinistra? Comunista? Collettivista? Socialista marxista? Socialdemocratica? Socialista cristiano? Marxista-leninista? Riformista? Progressista? Socialista-utopica? Liberalsocialista? Anarchica? Ecosocialista? Verde? Anarcosindacalista? Ambientalista?
Perciò consigliamo gli intellettuali e i giornalisti di stimolare la politica e di fare critiche costruttive invece di fare i servi del padrone nella speranza di ottenere poltrone, è penoso ogni sera vedere Bocchino che difende la Meloni e Giannini che difende il PD. Consigliamo anche i politici nostrani, di destra e di sinistra, di stare lontano, per evitare altre figuracce, da scrittori e intellettuali che appartengono a un’altra storia, a un altro tempo, ma soprattutto – poiché pensiamo che la letteratura, la cultura, sono una cosa e la politica un’altra – di non avere quest’urgenza, di non cercare padri fondatori del pensiero di destra o di sinistra e di pensare al presente, a risolvere sul piano pratico i problemi urgenti e drammatici del presente che riguardano tutti i cittadini, di destra, centro e sinistra.
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