L’Austria potrebbe avere il primo cancelliere di estrema destra dalla fine del nazismo

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di
Elena Tebano

Il presidente austriaco ha affidato il mandato di formare un governo a Herbert Kickl, leader del Partito della Libertà, che potrebbe diventare il primo cancelliere di estrema destra in Austria dalla Seconda guerra mondiale: nel suo programma ci sono la«remigrazione», una «nazione più omogenea», la sospensione del diritto di asilo, e posizioni filorusse e anti-Ue

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Il presidente della Repubblica austriaco, come atteso, ha dato mandato al leader del Partito della Libertà austriaco Herbert Kickl di formare un nuovo governo che sarebbe — e con molta probabilità sarà — il primo guidato dall’estrema destra dalla Seconda Guerra Mondiale. Il presidente Alexander Van der Bellen ha sottolineato che il suo «compito costituzionale è quello di sondare le possibilità di un governo con più del 50%» e di essere consapevole delle implicazioni della sua scelta, aggiungendo che vigilerà affinché il nuovo governo rispetti i pilastri fondamentali sanciti dalla Costituzione austriaca: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, i diritti umani e delle minoranze, la libertà e l’indipendenza dei media e l’appartenenza all’Ue. 




















































Basta questa precisazione a dare il senso di cosa significhi in Austria un governo guidato dalla Fpö (Freiheitliche Partei Österreichs, cioè appunto Partito della Libertà austriaco). 

L’Fpö infatti non è un partito qualunque: è stato fondato nel 1956 da un leader che era stato un alto ufficiale delle SS di Adolf Hitler, ed è sempre rimasto fedele ai suoi «valori» originari.

Nel suo programma elettorale intitolato «Fortezza Austria» prevede la «remigrazione degli stranieri non invitati» (cioè la deportazione di ampie fasce di popolazione di origine straniera, un piano condiviso dall’estrema destra tedesca e teorizzato un anno fa in una riunione segreta che aveva fatto scalpore per le sue consonanze con il vertice nazista che progettò la «soluzione finale», cioè lo sterminio degli ebrei); il raggiungimento di una nazione più «omogenea» attraverso un rigido controllo delle frontiere (ovvero un eufemismo per un’idea di purezza etnica); la sospensione del diritto di asilo attraverso una legge di emergenza. L’Fpö è anche filorussa e anti Ue e il suo leader Kickl durante la pandemia di Covid ha sostenuto posizioni antiscientifiche.

Sarebbe la prima volta che un governo austriaco viene guidato dall’Fpö, ma non è la prima volta che l’Fpö va al governo: l’ultima, con il primo esecutivo di Sebastian Kurz, tra il 2017 e il 2019, era finita malissimo dopo che l’allora leader del partito Hans-Christian Strache era stato filmato mentre prometteva appalti pubblici in cambio di sostegno elettorale a una sedicente oligarca russa. In quel governo Kickl era ministro degli Interni e sosteneva che i richiedenti asilo in Austria dovevano essere trattenuti «in modo concentrato in un unico luogo» mentre le autorità valutavano le loro domande (una terminologia che era stata vista come un richiamo ai campi di concentramento).

Da allora però nelle democrazie occidentali molto è cambiato. Posizioni che fino a qualche anno fa sembravano inaccettabili — comprese le strategie di concentrazione dei migranti in luoghi extraterritoriali — sono diventate ampiamente accettate. L’estrema destra è al governo in vari Paesi (in Europa il Partito della Libertà austriaco fa parte del gruppo dei «Patrioti», che comprende anche i partiti del primo ministro ungherese Viktor Orbán e dell’olandese Geert Wilders, al governo nei Paesi Bassi), o potrebbe arrivarci presto (basti pensare al successo di Marine Le Pen in Francia). La scelta obbligata del presidente austriaco, così come le aperture di quello francese Emmanuel Macron al sostegno esterno del Rassemblement National sono tutti segnali della difficoltà per i tradizionali partiti centristi di molti Paesi europei di formare governi stabili senza l’estrema destra.

Il ritorno di Donald Trump alla presidenza americana — che solo fino a quattro anni fa sembrava impossibile — alimenta ancora di più questa tendenza, a partire dagli endorsement del suo fidato consigliere-imprenditore Elon Musk all’Afd tedesca o all’agitatore fascista pregiudicato inglese Tommy Robinson. «La democrazia è stata messa alla prova e ha prevalso. Ricordiamocelo, continuiamo a ricordarlo ogni anno. Soprattutto ricordiamo sempre che la democrazia non è mai garantita, nemmeno negli Stati Uniti» ha ammonito ieri in un editoriale sul Washington Post il presidente uscente americano Joe Biden ricordando l’assalto al parlamento americano del 6 gennaio 2021.

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A fine settembre, l’Fpö ha vinto le elezioni in Austria ottenendo il 29% dei voti, davanti al Partito Popolare Austriaco conservatore del cancelliere uscente Karl Nehammer (Övp con il 26%), ai socialdemocratici (Spö al 21%), ai liberali (Neos, 9%) e Verdi (8%). I Popolari, così come tutti gli altri partiti, allora avevano promesso che mai sarebbero andati al governo con l’Fpö. È la teoria del «cordone sanitario» sostenuta anche in Germania nei confronti di Afd. Incapace di trovare una durevole maggioranza alternativa, Nehammer si è dimesso da capo del partito, aprendo la strada all’alleanza con l’estrema destra, con buona pace dei cordoni sanitari. Il nuovo leader (a tempo) dei Popolari Christian Stocker, fino a qualche tempo fa estremamente duro nei confronti di Kickl, ha cambiato idea sostenendo che «il Paese ha bisogno di un governo stabile» e si è detto disponibile a entrare in un esecutivo da lui guidato. È probabile che la vera ragione sia un’altra: secondo i sondaggi, se si votasse oggi l’Fpö prenderebbe il 37% dei voti e ai Popolari conviene entrare in una coalizione invece che andare a elezioni anticipate perché dopo avrebbero ancora meno potere.

«In Germania, i cittadini dovrebbero osservare con attenzione la situazione politica del Paese vicino in cui amano andare in vacanza. A prima vista può sembrare strana, bizzarra e accompagnata da scandali. Ma racconta una storia molto accurata sulla disintegrazione degli ex partiti di massa e della velocità con cui le forze populiste e di estrema destra vengono portate al potere. Potrebbe essere il caso esemplare che potremmo osservare in Germania tra qualche mese» scrive oggi l’editorialista della Süddeutsche Zeitung Verena Mayer. «L’Austria sarà anche un paese piccolo, ma è sempre stato un modello per i grandi sviluppi. A metà degli anni ‘90, con Jörg Haider si è assistito a una sorta di nascita del populismo di destra europeo. Haider (anche lui dell’Fpö, ndr) non solo vinse elezioni su elezioni grazie alla sua messa in scena come difensore del popolo, ma fu anche un maestro nell’estendere i concetti fino a rendere l’indicibile dicibile». Mayer parla dell’Austria ma il «Paese vicino in cui amano andare in vacanza» i tedeschi potrebbe essere altrettanto plausibilmente l’Italia, che pure è stata ed è un laboratorio di populismo (i governi 5 Stelle) e dei governi della destra post-fascista (Fdi) o sempre più estrema (la Lega di Salvini-Vannacci).

Non significa che gli elettori europei (o nordamericani) siano impazziti. Significa che i partiti tradizionali — il tanto odiato «establishment» — hanno tradito le promesse delle democrazie avanzate. Quel patto implicito per cui i cittadini onesti sapevano che lavorando e facendo il loro «dovere» avrebbero avuto benessere, assistenza sanitaria, una pensione garantita e la certezza che i loro figli sarebbero stati meglio di loro. Il senso di perduta sicurezza economica ed esistenziale della classe media è molto più pressante delle preoccupazioni per la tenuta delle istituzioni democratiche o gli allarmi sulle derive autoritarie. Dopo decenni di governo dei partiti tradizionali il sistema ha smesso di funzionare e gli elettori votano l’estrema destra perché offre una doppia soluzione «comprensibile» a un problema generale: un capro espiatorio (i migranti) e la distruzione dell’establishment che gli elettori identificano con le promesse tradite. Bisognerà vedere cosa succederà quando verrà fuori che le promesse facili non sono una vera soluzione per i problemi complessi.

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