«Il sogno di Dio è che la famiglia umana viva in pace»

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Un momento della Messa dell’Epifania in San Pietro – Reuters

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Seguire la stella che indica la felicità, cioè l’amore di Dio. Quindi mettersi in cammino. Papa Francesco fa questa esortazione nel giorno dell’Epifania dell’Anno Santo 2025. E infatti, spiega, “la stella ci parla del sogno di Dio: che tutta l’umanità, nella ricchezza delle sue differenze, giunga a formare una sola famiglia, e che viva concorde nella prosperità e nella pace”. Il Pontefice lo ha detto oggi, 6 gennaio, nell’omelia della Messa celebrata nella Basilica di San Pietro davanti a migliaia di fedeli. Spiegando il ricco simbolismo della pagina evangelica di Matteo che riguarda i Magi, papa Bergoglio, ha notato: “La stella, che in cielo offre a tutti la sua luce, ci ricorda che Dio, facendosi uomo, viene nel mondo per incontrare ogni uomo e donna della terra, a qualsiasi etnia, lingua e popolo appartenga. Ci chiama, cioè, – ha proseguito – a mettere al bando qualsiasi forma di selezione, di emarginazione e di scarto delle persone, e a promuovere, in noi e negli ambienti in cui viviamo, una forte cultura dell’accoglienza, in cui alle serrature della paura e del rifiuto si preferiscano gli spazi aperti dell’incontro, dell’integrazione e della condivisione; luoghi sicuri, dove tutti possano trovare calore e riparo”.

La stella, ha ricordato Francesco “è luminosa, è visibile a tutti, e indica un cammino”. Quanto al primo aspetto, la luminosità, “la stella ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore. Prima di tutto l’amore di Dio, che facendosi uomo si è donato a noi sacrificando la sua vita. Poi, di riflesso, quello con cui anche noi siamo chiamati a spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita”. Perciò il Pontefice ha invitato tutti a essere luce per gli altri. “E’ brutto quando non lo siamo”, ha sottolineato.

La stella visibile a tutti, ha poi aggiunto, significa che “Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, ma offre la sua compagnia e la sua guida a chiunque lo cerchi con cuore sincero”. Proprio per questo, “nel presepe, raffiguriamo i Magi con
caratteristiche che abbracciano tutte le età e tutte le razze – un giovane, un adulto, un anziano, con i tratti somatici dei vari popoli della terra –, per ricordarci che Dio cerca tutti, sempre. E quanto ci fa bene meditare su questo oggi, in un mondo dove le persone e le nazioni, pur dotate di mezzi di comunicazione sempre più potenti, sembrano diventate meno disponibili a comprendersi, accettarsi e incontrarsi nella loro diversità”. La gioia di Dio, infatti, come quella di un padre, “è vedere i suoi figli che tornano a casa, uniti, da ogni parte del mondo, vederli gettare ponti, spianare sentieri, cercare chi si è perso e caricarsi sulle spalle chi fatica a camminare, perché nessuno rimanga fuori e tutti partecipino alla gioia della sua casa”.

Infine, la stella ci dice che “Dio ci raggiunge là dove siamo, per invitarci a intraprendere un cammino, a crescere con Lui nell’amore fino a farne il senso della nostra esistenza. E ci ricorda che su questa strada, nella Chiesa, nessuno di noi può mai dirsi “arrivato”, ma che tutti facciamo parte di un popolo in marcia”. Di qui l’auspicio finale del Papa: vivere “sempre animati da una sana inquietudine, che ci spinga a cercare occasioni nuove per allargare i nostri cuori e intensificare i vincoli che ci stringono gli uni agli altri nella carità”.

Sul viaggio dei Magi, Francesco è ritornato anche all’Angelus, ricordando pure la leggenda del Quarto Magio, Artaban, che arrivò in ritardo a Betlemme, ma distribuì ai poveri le pietre preziose che avrebbe dovuto donare a Gesù Bambino. Notando che i Magi si mossero da lontano, mentre chi era a Gerusalemme non fece un passo, il Papa ha sottolineato: “I sacerdoti e i teologi interpretano correttamente le Sacre Scritture e forniscono indicazioni ai Magi su dove trovare il Messia, ma non si spostano dalle loro ”cattedre”. Sono soddisfatti di quello che hanno e non si mettono alla ricerca, non pensano che valga la pena di uscire da Gerusalemme, di accompagnare i Magi fino a Betlemme, anche se si tratta solo di pochi chilometri. Questo fatto, fratelli e sorelle, ci fa riflettere e in un certo senso ci provoca”. In sostanza, a chi assomigliamo, ai sapienti o ai Magi? “Dio ci è venuto incontro, ha colmato per amore tutta l’immensa distanza che c’è tra Lui e noi, è ”nato da donna”, piccolo e bisognoso di tutto. E noi? Gli andiamo incontro, cerchiamo di conoscerlo, oppure andiamo dritti per la nostra strada, come se niente fosse?”.

Non è mancato l’invito a pregare per la pace. “Non dimentichiamo di pregare per la pace, nella martoriata Ucraina, Palestina, Israele, tutti i paesi che sono in guerra, Myanmar”. E poi diversi saluti a gruppi di fedeli presenti, tra i quali i fedeli polacchi. “Sono lieto di indirizzare il mio augurio più cordiale alle comunità ecclesiali dell’Oriente che domani celebrano il Santo Natale. Assicuro in modo particolare la mia preghiera a quelli che soffrono a causa dei conflitti in atto”, ha quindi concluso Francesco.

Il Papa saluta i fedeli al momento dell'Angelus del 5 gennaio

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Il Papa saluta i fedeli al momento dell’Angelus del 5 gennaio – ANSA

La domenica del Papa

“Basta colpire i civili”. La guerra “è una sconfitta, sempre”. Papa Francesco è tornato a chiederlo all’Angelus di domenica 5 gennaio, ripetendo l’implorazione di pace per le terre martoriate dai conflitti: Ucraina, Palestina, Israele, Libano, Siria, Myanmar, Sudan. Poi Francesco ha lanciato un preciso appello alla comunità internazionale affinché chieda “con fermezza” il rispetto dei diritti umani ovunque. Un messaggio, questo, che sembra far riferimento a quanto scritto sabato dall’agenzia iraniana Irna, con il riferimento diretto al premier israeliano Benjamin Netanyahu, e che La Santa Sede non ha confermato né smentito. “La comunità internazionale agisca con fermezza perché nei conflitti sia rispettato il diritto umanitario. Basta colpire i civili, basta colpire le scuole, gli ospedali, basta colpire i luoghi di lavoro. Non dimentichiamo che la guerra sempre è una sconfitta, sempre”, ha detto il Pontefice. Sempre all’Angelus, Papa Francesco ha sottolineato che viviamo in “un tempo non facile dove c’è tanto bisogno di luce, di speranza e di pace, un mondo dove gli uomini a volte creano situazioni così complicate – ha sottolineato – che sembra impossibile uscirne”. La mente va alla difficile situazione in Medio Oriente ma resta nel cuore del Papa anche la difficoltà, nonostante gli sforzi diplomatici della stessa Santa Sede, a trovare una soluzione per l’ormai lunga guerra tra la Russia e l’Ucraina. Proprio per portare conforto e aiuto materiale alle popolazioni civili il Papa ha voluto inviare a Kiev, per le feste natalizie, il suo elemosiniere, il cardinale Konrad Krajewski.

Prima dell’Angelus, il Pontefice ha quindi invitato a guardare a Dio che, nonostante le sfide, che sembrano contraddizioni, non si ferma mai, arrivando a tutti, ovunque ci si trovi “aprendo anche nelle notti più oscure dell’umanità finestre di luce che il buio non può coprire”.

Il cardinale James Harvey apre la Porta Santa di San Paolo fuori le Mura

Il cardinale James Harvey apre la Porta Santa di San Paolo fuori le Mura – ANSA

Aperta la Porta Santa di San Paolo

E a proposito di aperture, la prima domenica del 2025 ha visto anche la quinta e ultima apertura di una Porta Santa, quella della Basilica di San Paolo fuori le Mura ad opera del cardinale James Michael Harvey, arciprete della stessa basilica. Il rito è stato preceduto dal suono dello shofar, l’antico corno ebraico, davanti a oltre tremila fedeli. Varcarla, ha detto il porporato all’omelia, significa entrare “nel tempo della misericordia e del perdono”, affinché ad ogni persona “sia dischiusa la via della speranza che non delude”. “Quanto mai abbiamo bisogno adesso della speranza. In questo periodo post pandemia – ha aggiunto Harvey – purtroppo ferito da tragedie, guerre e crisi di varia natura, la speranza, benché indubbiamente legata al futuro, la si sperimenta anche nel presente”.

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