Il rapporto Ispra sulla raccolta dei rifiuti

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Il rapporto Ispra sulla raccolta dei rifiuti
segnalato da Guido Del Gizzo da Huffington Post

 

I rifiuti ci costano in media 197 euro a persona, ma dove si ricicla di più si paga di meno
di  Antonio Cianciullo – Da Huffington Post del 19 dicembre 2024

Il rapporto Ispra mostra i vantaggi di un buon sistema di recupero della materia, ma ci sono problemi non ancora risolti

Più fai la raccolta differenziata meno paghi. Lo provano i numeri del rapporto Ispra sui rifiuti urbani reso noto oggi. Nel 2023 il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è stato di 197 euro per abitante. Ma è una media che tiene assieme numeri significativamente diversi. Nel Centro Italia si pagano 233,6 euro per abitante, al Sud sono 211,4, al Nord 173,3. E dov’è che si fa più raccolta differenziata? A Nord. Le percentuali più alte di raccolta differenziata – si legge nel rapporto – si registrano in Veneto (77,7%) e in Emilia-Romagna (77,1%). Seguono Sardegna (76,3%), Trentino-Alto Adige (75,3%), Lombardia (73,9%) e Friuli-Venezia Giulia (72,5%).

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Naturalmente la raccolta in sé non basta: per dare una spinta all’economia bisogna usare il materiale raccolto, servono impianti di trattamento. Sui 656 impianti censiti nel 2023, 349 sono nelle regioni settentrionali, 192 in quelle meridionali, 115 in quelle centrali: più economia circolare costruisci attorno ai rifiuti meno paghi per la loro gestione.

Oggi la distanza tra Nord e Sud è ancora evidente, ma la notizia confortante è che il divario geografico si sta accorciando: “Analizzando gli andamenti delle percentuali di raccolta nel periodo 2019-2023 si può rilevare che la differenza tra Nord e Centro si è ridotta di 0,7 punti (da 11,8 a 11,1), mentre lo scostamento tra il Nord e il Sud si è abbassato di 4,5 punti (da 19 a 14,5). La differenza tra Centro e Sud, infine, si è ridotta di 3,8 punti (da 7,2 a 3,4) a dimostrazione che le regioni del Mezzogiorno sono quelle che hanno mostrato negli ultimi anni le maggiori crescite della raccolta differenziata”.

Nel complesso il sistema di raccolta dei rifiuti urbani funziona abbastanza bene. La produzione nazionale di rifiuti urbani, dopo il calo del precedente biennio, si attesta a quasi 29,3 milioni di tonnellate con un lieve incremento (0,7%). La raccolta differenziata è al 66,6%. Tra i rifiuti differenziati, l’organico si conferma la frazione più raccolta (38,3% del totale), seguita dalla carta e dal cartone con il 19,1% del totale, dal vetro (11,9%), dalla plastica (8,8%).

Resta però ancora del lavoro da fare per raggiungere l’obiettivo del 60% di materiale riciclato al 2030. Oggi agli impianti di recupero di materia per il trattamento delle raccolte differenziate viene inviato il 53% dei rifiuti urbani. Il 19% è incenerito. Lo smaltimento in discarica interessa il 16%. L’1% viene spedito a impianti produttivi (cementifici, centrali termoelettriche, ecc.) per essere utilizzato per produrre energia. Il 5% è esportato. L’1% viene gestito direttamente dai cittadini attraverso il compostaggio domestico. Il rimanente è indirizzato ad altri scopi. Tra questi numeri ce n’è uno che non torna: la discarica è al 16%, ancora troppo alta: dovrà scendere sotto il 10% entro il 2035.

E poi c’è un altro tassello da rimettere a posto: la qualità della raccolta. A fronte del 66,6% di materiale raccolto, c’è solo un 50,8% di materiale effettivamente riciclato. La raccolta è, in media, troppo “sporca”. Per il riuso della materia “rispetto al tasso di raccolta differenziata si osserva una differenza di 15,8 punti percentuali a riprova del fatto che la raccolta, pur costituendo un passaggio fondamentale per garantire l’ottenimento di flussi omogenei e riciclabili, non può limitarsi al solo raggiungimento di tassi elevati ma deve garantire anche un’elevata qualità delle differenti frazioni intercettate al fine di consentirne l’effettivo riciclo”.

Questo della qualità della raccolta è un campanello d’allarme perché rivela uno squilibrio del sistema. La raccolta differenziata viene ancora percepita come una buona azione ambientale, il che è naturalmente vero. Ma c’è l’altra faccia del processo che tende a rimanere in ombra: la convenienza economica del recupero della materia. Un elemento che non è automatico (richiede buona governance ed efficienza del sistema) e rappresenta la garanzia di successo nel lungo periodo.

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