Parla il ceo del vettore finlandese Kuusisto. Prima la pandemia che ha falciato i ricavi con il mercato più ricco (l’Asia), poi la chiusura dello spazio aereo russo che ha allungato i tempi di volo del 40% tra Helsinki e l’Oriente
La compagnia finlandese Finnair per decenni ha fatto invidiare molte rivali. Con l’hub lassù, alle porte di Helsinki, aveva un vantaggio geografico senza precedenti sui collegamenti tra Europa e Asia, continente in rapida ascesa: con soltanto i cieli russi da percorrere i voli erano i più brevi e comodi. Ma da febbraio 2022, mentre il settore del trasporto aereo stava provando a rivedere la luce dopo la pandemia, Mosca ha invaso l’Ucraina, Bruxelles ha chiuso lo spazio ai vettori russi e di conseguenza quelli europei non possono più sorvolare il gigante euro-asiatico.
Le conseguenze del conflitto
Risultato: Finnair ha perso quel vantaggio competitivo enorme. I suoi voli con l’Oriente devono percorrere rotte più lunghe, passando vicino al Polo Nord oppure scendere fino al Medio Oriente. A seconda della destinazione i collegamenti tra Helsinki e le megalopoli del Giappone, della Corea del Sud e della Cina si sono allungati anche del 40%. Per questo l’aviolinea «ha ridisegnato e riequilibrato con successo la rete di collegamenti e ha ridistribuito flotta molto bene», dice l’amministratore delegato Turkka Kuusisto durante una chiacchierata con il Corriere nel quartier generale di Finnair, nei pressi dell’aeroporto di Helsinki.
I conti del vettore
Kuusisto, 45 anni, è ceo dal 24 aprile 2024, e prima ha guidato Posti Group, il servizio postale nazionale. Nei primi nove mesi del 2024 — ultimi dati disponibili — Finnair ha registrato 2,27 miliardi di euro di ricavi, di poco superiori a quelli dello stesso periodo del 2023. Di questi l’80% dal trasporto passeggeri, che segna un leggero calo sull’anno precedente. Dopo il boom di profitti dopo la pandemia, il risultato netto è in calo, passando da 194,1 milioni di gennaio-settembre 2023 a 45,3 milioni nel periodo equivalente del 2024. I passeggeri crescono, toccando gli 8,8 milioni.
Avete un’idea di quando potrebbero riaprire i cieli russi ai vettori europei? Tra un anno?
«I nostri attuali piani prevedono che lo spazio aereo russo continuerà a essere chiuso».
E questo continuerà a essere un problema per voi che beneficiavate della posizione geografica di Helsinki.
«È vero che prima del Covid e dell’aggressione russa avevamo una posizione molto forte. Ma non si tratta solo della distanza più breve. Siamo ancora il miglior vettore per i collegamenti tra l’Europa e l’Asia. Raggiungiamo 11 destinazioni orientali, nella prossima stagione estiva voleremo 25 volte a settimana verso il Giappone».
Però avete dovuto rivedere un po’ il network.
«Abbiamo rafforzato la nostra rete di collegamenti intercontinentali verso Ovest. E con successo. La nostra rotta Helsinki-Dallas sta andando molto bene e infatti aumenteremo le frequenze. Ora c’è un migliore bilanciamento e lo vediamo dai flussi dei viaggiatori. Anche gli italiani stanno utilizzando il nostro hub di Helsinki per andare sia a Oriente sia a Occidente».
Ma quanto vi costa in più volare tra Helsinki e l’Asia, considerando che richiede anche il 40% in più di tempo?
«Certo, è più costoso quando tocca girare intorno allo spazio aereo russo. Consuma più carburante. Servono quattro piloti invece di tre. Ma è comunque un’attività redditizia per noi, e vediamo volumi in aumento».
Si discute ancora sul segmento business: c’è chi dice che tornerà e chi invece sostiene di no.
«Per quel che ci riguarda dobbiamo recuperare ancora i valori pre Covid, anche se i numeri sono in aumento. Ma sui voli di corto raggio in realtà ci aspettiamo che i viaggi d’affari potrebbero non raggiungere mai più i livelli del 2019, dato anche il ruolo delle piattaforme digitali. C’è però un segmento che sta emergendo…».
Quale?
«Quello di chi si muove per vacanza e che prenota nelle classi premium. Questo sta compensando in parte quel vuoto lasciato dai viaggi d’affari».
Ecco, a proposito di vacanze. Nel 2024 si è notato il ruolo importante — sugli utili — dei segmenti turistici delle compagnie come easyJet o British Airways. Anche voi avete una cosa simile, ma pensate di investire di più?
«Vediamo quale sarà la “nuova normalità”. Subito dopo la pandemia c’è stato un boom della domanda per i viaggi di piacere».
Pensa che quel trend ritornerà ai valori soliti?
«Secondo le prenotazioni le persone continuano a viaggiare per vacanza. Ma dobbiamo seguire attentamente come evolve la situazione e capire quale parte del potere d’acquisto — dopo la riduzione dei tassi d’interesse — andrà agli spostamenti per piacere».
Abbiamo parlato molto di lungo raggio, e sull’Europa?
«Cresciamo molto nel Nord della Norvegia. La Lapponia sta diventando sempre più una destinazione tutto l’anno».
È una conseguenza del cambiamento climatico che crea nuove tendenze nei viaggi?
«Questo è esattamente ciò che stiamo iniziando a vedere. La Finlandia, insieme agli altri Paesi nordici, sta diventando una destinazione estiva più interessante. Forse perché il Mediterraneo inizia a essere piuttosto caldo durante l’estate».
Lo notate anche nella clientela europea?
«Sì. E ci sono tendenze emergenti come i viaggi per il solstizio. Sempre più persone vanno nei Paesi nordici quando il sole non tramonta affatto. E lo vediamo anche tra gli italiani: è così da ormai due estati».
Da mesi i capi di altre compagnie europee — penso ai ceo di Lufthansa, Air France-Klm e Iag — lamentano la disparità con i vettori cinesi che possono sorvolare la Russia con enormi vantaggi di tempi e di costi. Pensa che la Commissione europea dovrebbe intervenire?
«Il campo di gioco non è equilibrato. Dobbiamo farci sentire per affrontare questo problema. Anche perché ricordo che l’impatto negativo è duplice: ricordo che i vettori europei devono seguire le direttive ambientali Ue».
Dal 1° gennaio c’è l’obbligo per voi vettori europei di inserire il 2% di carburante sostenibile per l’aviazione (Saf) — che costa fino a sei volte di più del cherosene — per ogni volo in partenza dall’Unione. Quanto impatterà nel 2025 su Finnair?
«Il costo aggiuntivo per essere conformi è di circa 50 milioni di euro in più rispetto al 2024. Non è poco».
I cieli europei si stanno muovendo molto sul fronte consolidamento: Lufthansa entra in Ita Airways, Air France-Klm investe in Scandinavian Airlines, continua la battaglia tra le big per Air Europa e Tap Air Portugal. E Finnair dove si posiziona in questo quadro?
«Finnair continuerà a essere un’azienda indipendente. Siamo qui da 101 anni, la quinta compagnia aerea più vecchia del mondo, quindi immagino che stiamo facendo almeno qualcosa di buono».
Ma non potete di certo ignorare quello che succede…
«Ovviamente seguiamo molto da vicino ciò che accade intorno a noi e poi analizziamo vari scenari potenziali e le dinamiche che potrebbero derivare dai cambiamenti potenziali».
Quindi, per fare un’ipotesi, non ci sarà una Finnair acquisita da un gruppo come Iag (holding di British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus) e nemmeno l’ingresso con una quota di minoranza di vostri alleati come Qatar Airways o Iag o American Airlines?
«E la mia risposta è che continuiamo a sviluppare Finnair come un’azienda indipendente. Per noi, vettore di medie dimensioni, sono estremamente importanti le alleanze».
Ma hanno ancora senso alleanze come oneworld — alla quale appartenete —, Star Alliance e SkyTeam o è meglio avere le joint venture?
«Sono entrambe importanti. Noi siamo parte della joint venture “JBA” con Iag e American Airlines. Poi ne abbiamo un’altra con Iag e Japan Airlines. Ma anche oneworld è una famiglia molto importante a cui appartenere perché ci consente la connettività globale».
State pensando di andare più a Sud con i collegamenti?
«No. L’attuale strategia sul lungo raggio punta a investire nel traffico transatlantico e in quello verso Est. Stiamo valutando cosa potremmo fare di più in India».
In primavera avete dovuto sospendere una rotta per il disturbo del segnale Gps, fenomeno che rende problematici i voli in diverse zone del Medio Oriente e dell’Europa.
«Parliamo di un problema presente per decenni, ma oggi il livello di intensità è straordinariamente alto. Gli aerei moderni sono equipaggiati con più sistemi di navigazione paralleli, quindi è sicuro volare anche se il sistema Gps subisse delle interferenze».
Prima il Covid, poi l’invasione dell’Ucraina, quindi la chiusura dello spazio aereo russo, e poi quello che succede in Medio Oriente e i problemi alla strumentazione di navigazione dei velivoli, per non parlare delle turbolenze. Si aspettava così tante complessità?
«Uno dei membri del consiglio esecutivo, in azienda per 26 anni, me l’ha spiegata bene: c’è sempre qualcosa che succede quando si tratta di gestire una compagnia e di far volare gli aerei. È questa la natura del settore. E come ho già detto, siamo qui da 101 anni, sappiamo come muoverci».
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