Cannonate all’italiana per il Myanmar

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Mentre per celebrare l’indipendenza del Myanmar dal Regno unito l’esecutivo golpista birmano ha garantito ieri l’amnistia a oltre 5.800 prigionieri (non politici), la sua Marina militare si rinnova. Con strutture e sistemi d’arma di provenienza anche europea – italiana e austriaca – oltreché indiana, israeliana, cinese e russa.

La vigilia di Natale infatti, la Marina del Myanmar ha ufficialmente varato la sua nuova eccellenza militare: la più grande fregata costruita nei cantieri navali di Thanlyin, a Sud dell’ex capitale, dove ha sede una base militare e il Centro navale di comando di Yangon. Si tratta della UMS King Thalun che monta tra l’altro un cannone multiuso Oto Melara (oggi di Leonardo-Finmeccanica) da 76 mm, in grado di sparare 120 colpi al minuto.

La King Thalun ha visto il varo in una delle cerimonie per le celebrazioni del 77° anniversario dell’indipendenza. cui hanno partecipato il premier e capo della giunta e delle Forze armate, generale Min Aung Hlaing, vari comandanti navali e alti funzionari. Durante la cerimonia, l’ammiraglio Htein Win ha fornito dettagli tecnici sulla fregata e su altre due nuove motovedette antisommergibile classe Super Dvora assemblate con materiale israeliano.

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Un cannone “multiuso” Oto Melara come quello della UMS King Thalun

LA FREGATA È COSTRUITA in segmenti di 34 blocchi principali e 15 sovrastrutture, assemblati nel cantiere navale nazionale di Thanlyin. Misura 135 metri di lunghezza, 14,5 in larghezza, 9 in altezza. Con un pescaggio di 4,1 metri, disloca 3.500 tonnellate e può raggiungere una velocità massima di 30 nodi, alimentata da un sistema di propulsione misto. È dotata di una tecnologia avanzata di sistemi radar e sensori con un raggio operativo esteso. Come armamento monta un cannone navale italiano Oto Melara da 76 mm, cannoni AK-630 CIWS – entrambi russi – missili terra-aria cinesi HQ-16, missili antinave Kh-35E e lanciarazzi antisommergibile RBU-6000 oltre a lanciasiluri tripli per ordigni di fabbricazione indiana, lanciatori di cariche di profondità e mitragliatrici pesanti M2 Browning. La nave ospita anche un elicottero russo Ka-28 e un UAV Schiebel Camcopter S-100 austriaco. Un assemblaggio internazionale che non è sfuggito all’opposizione.

Yadanar Maung, portavoce del gruppo Justice For Myanmar (JfM), spiega che «la Marina del Myanmar è una delle ali di una giunta militare criminale, che sta commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità in totale impunità. La giunta usa la Marina per attaccare i civili, detenere arbitrariamente i Rohingya che fuggono dal genocidio messo in atto dai militari e per trasportare armi e truppe che sono parte della sua campagna di terrore. Qualsiasi azienda che faccia affari con la Marina sta consentendo e traendo profitti da questi crimini a livello internazionale: tra questi c’è un cannone navale italiano Oto Melara, motovedette israeliane Super Dvora Mark III e un UAV Schiebel Camcopter austriaco. I governi italiano e austriaco devono indagare su come le armi provenienti dal loro territorio sono arrivate in Myanmar, nonostante le misure prese dalla Ue, e ritenere le aziende penalmente responsabili per eventuali violazioni garantendo che non forniscano più armi all’esercito del Myanmar. Allo stesso modo, Israele deve indagare sul trasferimento di armi e tecnologia e sul coinvolgimento delle sue aziende e dei suoi cittadini nell’aiutare e favorire crimini internazionali».

POICHÉ LA COSTRUZIONE della fregata è iniziata a marzo 2017 può essere che il cannone Oto Melara sia stato acquisito prima del golpe, addirittura sotto il governo civile di Aung San Suu Kyi, rovesciato dalla giunta nel 2021. Abbiamo però chiesto alla Leonardo, società privata ma controllata dallo Stato, sia di confermare l’anno di vendita sia di render noto quale assistenza l’azienda italiana abbia fornito o fornisca alla Marina birmana visto che i cannoni Oto Melara sono utilizzati su più navi da diversi anni. Per ora le nostre reiterate richieste di chiarimenti non hanno ottenuto risposta.

La vicenda è particolarmente delicata non solo per la guerra civile in atto e, come ricordava JfM, per il dossier rohingya, ma perché la nave pattuglierà il Rakhine, lo Stato occidentale dove l’opposizione armata controlla ormai 14 Comuni su 17, ha sigillato le frontiere con il Bangladesh e stringe d’assedio la capitale Sittwe nelle cui vicinanze si lavora con capitali cinesi al nuovo porto di acque profonde di Kyaukphyu. Siti che potrebbero diventare, coi loro residenti, il primo target della King Thalun.



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