Trump e la politica estera, tra sfide globali e alleanze ricalibrate

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  La politica estera di Donald Trump rappresentò una rottura netta rispetto alle tradizioni diplomatiche americane. Con il suo stile diretto e la filosofia America First, il presidente mise in discussione molti pilastri dell’ordine internazionale, riformulando le priorità degli Stati Uniti. Organizzazioni come la NATO, rapporti storici con gli alleati europei e relazioni con Paesi come l’Iran e la Corea del Nord finirono al centro di una strategia che combinava pragmatismo, pressioni economiche e diplomazia non convenzionale.

Uno dei bersagli principali di Trump fu la NATO, pilastro della sicurezza occidentale dalla Seconda Guerra Mondiale. Fin dai primi giorni del suo mandato, il presidente criticò apertamente gli alleati europei, accusandoli di contribuire troppo poco alle spese per la difesa collettiva. In diverse occasioni, minacciò di ridurre l’impegno militare americano nell’Alleanza, chiedendo che ogni Paese membro rispettasse l’obiettivo di investire almeno il 2% del PIL nella difesa.

  Questa posizione creò tensioni con governi europei, in particolare con la Germania di Angela Merkel, ma trovò anche consenso in alcuni settori, dove si riteneva giusto un maggiore equilibrio nei costi della sicurezza comune.

Il rapporto con l’Europa, però, non si limitò alla NATO. Trump adottò un approccio spesso conflittuale con l’Unione Europea, considerata un concorrente economico. Le tensioni commerciali, già approfondite nei precedenti articoli, si riflessero anche sul piano politico. Tuttavia, Paesi come l’Italia cercarono di mantenere un dialogo costruttivo con la Casa Bianca, puntando su temi di interesse comune come la lotta al terrorismo e la stabilizzazione del Mediterraneo.

L’approccio di Trump alla politica estera fu particolarmente visibile nei confronti di due Paesi considerati a lungo nemici: l’Iran e la Corea del Nord. Con Teheran, Trump ruppe nettamente con l’eredità di Barack Obama, ritirando gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare del 2015 (JCPOA) e imponendo nuove sanzioni devastanti sull’economia iraniana. La sua amministrazione mirava a isolare l’Iran sul piano internazionale, accusandolo di sostenere il terrorismo e destabilizzare la regione. Questa strategia alimentò le tensioni nel Golfo Persico, con episodi come l’abbattimento di un drone americano e l’attacco a impianti petroliferi sauditi attribuito a Teheran.

Con la Corea del Nord, Trump adottò un approccio unico e imprevedibile. Dopo un’escalation di minacce reciproche nel 2017, con Trump che prometteva “fuoco e furia” e Kim Jong-un che testava missili balistici, i due leader si incontrarono per la prima volta a Singapore nel 2018. Fu un evento storico: mai prima di allora un presidente americano in carica aveva incontrato un leader nordcoreano. Sebbene i colloqui non abbiano portato a un accordo concreto sulla denuclearizzazione, Trump rivendicò il merito di aver evitato un conflitto. Il dialogo con Pyongyang rappresentò una diplomazia personale, basata più sul rapporto diretto tra leader che su negoziati tradizionali.

Anche la Cina fu un tema centrale della politica estera di Trump.

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  La sua amministrazione non si limitò alla guerra commerciale, ma intraprese una vera e propria strategia di contenimento, accusando Pechino di espansionismo militare nel Mar Cinese Meridionale e di pratiche economiche aggressive. Le tensioni con la Cina influenzarono profondamente gli equilibri globali, spingendo gli alleati europei a riconsiderare le proprie relazioni con Pechino.

Per l’Italia, la politica estera di Trump offrì opportunità e sfide. Il nostro Paese cercò di mantenere un equilibrio, sostenendo le posizioni americane su alcuni temi, come la sicurezza energetica e la lotta al terrorismo, ma senza allontanarsi dalla linea comune europea. La vicinanza di Trump a leader come Giuseppe Conte fu un segnale di interesse per il ruolo dell’Italia, vista come un partner strategico nel Mediterraneo.

L’approccio di Trump alla politica estera, caratterizzato da pragmatismo e spettacolarità, ridisegnò il ruolo degli Stati Uniti nel mondo. Se da un lato gli alleati si trovarono a navigare un contesto meno prevedibile, dall’altro la sua amministrazione mostrò che la potenza americana poteva essere esercitata in modi non convenzionali, mantenendo comunque la capacità di influenzare gli equilibri globali.

Nel prossimo articolo, analizzeremo come la presidenza Trump abbia affrontato le sfide interne, tra divisioni politiche, proteste e il controverso capitolo dell’assalto al Congresso del gennaio 2021. Restate con noi: il viaggio nell’era Trump è ancora ricco di sfaccettature da esplorare.









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