Jannik Hoffman, probabilmente, non sa nemmeno dov’è Pabillonis. Lui, Chief Financial Officer di Pacifico Energy Partners, multinazionale tedesca con il “vizietto” di espandersi in Stati stranieri, da sempre frequenta i piani alti dell’alta finanza, a partire da quelli “vietati” della Goldman Sachs, la seconda banca d’investimento più grande al mondo per fatturato. Figuriamoci se si è mai occupato di piantare ulivi o apparecchiare prati fioriti per api destinate a pasteggiare all’ombra del silicio cinese tra pannelli agrivoltaici alti quasi tre metri.
Un tedesco a Pabillonis
Eppure, questo signore, tedesco di Monaco di Baviera, da qualche giorno è titolare di un progetto, appena approvato dal Ministero dell’Ambiente, per costruire una distesa di pannelli la cui superficie è maggiore dell’intero paese di Pabillonis. Ottanta ettari complessivi, un piano da 86.000 pannelli, piazzati a 2,80 metri da terra, per realizzare un impianto agrivoltaico dove, secondo quanto dichiarano, piantumeranno 100.000 ulivi. Il racconto è fiabesco, come si conviene a chi deve far soldi in terra sarda.
Api ammaestrate
Se credi a quel che narrano ti trovi in un attimo immerso nel paese delle meraviglie: impianto olivicolo “superintensivo” con tanto di volteggio di api, probabilmente “ammaestrate” al caldo torrido dei pannelli cinesi, immerse in distese di campi fioriti rigogliosi per produrre fiumi di miele “millefiori”. Tutto scritto e approvato: una vera e propria licenza di “uccidere” un territorio, come scrive senza preamboli la Soprintendenza Speciale per il Pnrr. Un parere al fulmicotone, ignorato dalla Commissione Tecnica, eluso persino nel decreto con il quale il dimissionario Direttore generale delle Valutazioni Ambientali nei giorni scorsi ha definitivamente approvato il progetto della “Pacifico Lapislazzuli srl”, la società fiscalmente registrata a Bolzano, collegata con risorse e manager alla Pacifico Energy parteners di Monaco di Baviera, che punta a costruire la mega spianata agrivoltaica in terra di Sardegna.
La fiaba tedesca
Il nome del progetto è tutto un programma: «Centrale fotovoltaica “Energia dell’olio sardo”», potenza 52 megawatt, da costruire con moduli monocristallini su inseguitori monoassiali, come dire il sole lo catturiamo dall’alba al tramonto. Il piano “fiabesco” dei tedeschi di Pabillonis non lascia niente al caso: «l’intera superficie sarà protetta da prato permanente e prato fiorito per apicoltura». Insomma, a suon di fiorellini e ulivi a siepe, i colonizzatori tedeschi, hanno convinto la Commissione nazionale dello spirito “agro-apistico” dell’intrapresa che dichiara un investimento di quasi 40 milioni di euro, la maggior parte per piazzare i pannelli cinesi, quelli della Jinko Solar. Quella graticola solare, sospesa e rotante, piazzata su una distesa di 80 ettari, a quasi tre metri dal livello terrestre, per loro sembra non esistere: «la componente agricola del progetto prevederà un uliveto superintensivo coltivato a siepe e tenuto all’altezza standard per una raccolta meccanizzata (tra 2,2 e 2,5 metri)». In poche parole le piante d’ulivo saranno sempre più basse dei pannelli solari. Il guru dell’olio solare arriva persino a sintetizzare: «Per ottenere un elevato rendimento per ettaro gli uliveti superintensivi sono ottimali per l’associazione con la produzione elettrica». Non immaginatevi lavoro a gogò, qui non ci sarà posto per nessuno, e lo scrivono: «la lavorazione interamente meccanizzata minimizza le interazioni tra uomini e impianto elettrico in esercizio». Figuriamoci la devastazione economica conseguente, una concorrenza elettrica che rischia di mettere fuori mercato tutte le aziende olivicole del territorio che non godranno certo degli incentivi elettrici elargiti a favore dell’olio “tedesco” in terra sarda. Lo sfregio, però, sarà ancora più grave per l’insieme del paesaggio e dell’ambiente. Lo scrive a chiare lettere il Soprintendente Speciale del Pnrr: «le numerose istanze presentate per la realizzazione di estesi impianti da fonti energetiche rinnovabili nel medesimo territorio, comportano una vera e propria conversione del territorio medesimo, che da uso esclusivo agricolo, sta subendo una trasformazione industriale con una diffusissima presenza di impianti fotovoltaici, agrofotovoltaici ed eolici e che si prospetta, pertanto, uno scenario che in pochi anni determinerà, inevitabilmente, un impatto ambientale derivante dal sostanziale consumo di suolo, non escludendo una marginalizzazione della produzione agricola rispetto a quella energetica».
Zone industriali
Uno scenario senza precedenti, con la Sardegna e le terre del Medio Campidano trasformate in zone industriali. C’è di più. Il Soprintendente Speciale smentisce lo stesso provvedimento con cui è stato approvato il progetto dei tedeschi: «il decreto legislativo n. 199 del 2021 (quello Draghi n.d.r.) definisce “aree idonee” le aree “… con un elevato potenziale atto a ospitare l’installazione di impianti di produzione elettrica da fonte rinnovabile, anche all’eventuale ricorrere di determinate condizioni tecnico-localizzative”, condizioni che,pertanto, devono essere verificate e valutate anche nella presente procedura di valutazione di impatto ambientale». La valutazione del numero uno della Soprintendenza del Pnrr è messa nero su bianco: «l’area su cui insiste l’impianto di cui trattasi non presenta a parere della Scrivente un potenziale tale da ospitare l’installazione di impianti di produzione elettrica da fonte rinnovabile».
Stroncatura omessa
Il parere finale del Soprintendente Speciale, omesso totalmente dal decreto di approvazione, è tranchant: «l’impianto si configura come estraneo al contesto in cui si colloca e foriero di processi degenerativi che, pertanto, non può ritenersi comunque coerente con gli obiettivi di tutela e valorizzazione del paesaggio. La Soprintendenza, per quanto di competenza, esprime parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale del progetto di un impianto fotovoltaico, denominato “Energia dell’Olio sardo». A esprimere il giudizio più duro per conto della regione è l’assessorato dell’Urbanistica: «Sempre sotto il profilo della preservazione del paesaggio agrario, si ritiene, comunque, che impianti fotovoltaici di questa estensione territoriale, mal si integrino nel paesaggio circostante, sia in fase di realizzazione che di esercizio e contribuiscano in modo molto significativo ad accentuare l’effetto cumulativo di co-visibilità con altri impianti presenti, oggi e in futuro, nel territorio agrario di riferimento comportando una perdita della trama particellare e perciò un cambiamento della percezione dello stesso per molti anni». In sintesi: stanno distruggendo la Sardegna e nessuno fa niente per fermarli. Alla prova dei fatti tutte le leggi approvate sinora dal Consiglio regionale in materia si sono rivelate inutili e dannose.
Mauro Pili
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