Crescono le tensioni in Cisgiordania dopo la sospensione di Al-Jazeera da parte dell’Autorità palestinese

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L’Autorità nazionale palestinese ha preso una decisione controversa il primo gennaio, sospendendo le attività della celebre emittente qatariota Al-Jazeera in Cisgiordania. Questo passo ha innescato una serie di polemiche e proteste che hanno coinvolto vari settori della società palestinese e hanno attirato l’attenzione delle Nazioni Unite. La situazione si complica ulteriormente dopo la recente morte di una giovane giornalista a Jenin, aumentando l’attenzione sul delicato rapporto tra libertà di stampa e sicurezza nella regione.

Le operazioni militari dell’Anp a Jenin

A partire da inizio dicembre, la città di Jenin è diventata il teatro di aspri scontri tra le forze dell’Autorità nazionale palestinese e i gruppi armati della resistenza palestinese. Le operazioni dell’Anp, che militari locali e analisti descrivono come alcune delle più dure mai realizzate contro le milizie di Hamas e della Jihad islamica, hanno purtroppo causato diverse vittime, inclusi civili innocenti. Queste fazioni armate si presentano come più efficaci nella lotta contro Israele rispetto all’Anp, guidata da Mahmoud Abbas. Non sorprende, quindi, che molti palestinesi accusano il partito Fatah, al comando dell’Anp, di non rappresentare il loro interesse e di agire piuttosto nel favore di Israele e degli Stati Uniti.

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Le operazioni di sicurezza avviate dall’Anp sono accompagnate da un clima di tensione crescente tra le forze di sicurezza e la popolazione civile di Jenin, dove molti residenti si ribellano alle misure drastiche imposte dal governo di Ramallah. La preoccupazione per gli sviluppi in questa zona ci riporta a interrogativi più ampi sulle divisioni politiche e sociali tra le varie fazioni palestinesi. Questi scontri e le violenze connesse pongono domande fondamentali su quali siano le reali modalità di governance e gestione dei conflitti nella regione.

La decisione di bloccare Al-Jazeera

Contro questo sfondo drammatico, l’Autorità nazionale palestinese ha deciso di bloccare le trasmissioni di Al-Jazeera, accusando l’emittente di diffondere disinformazione e di interferire negli affari interni palestinesi. Secondo l’agenzia di stampa Wafa, le autorità hanno giustificato questa azione affermando che Al-Jazeera ha adottato una linea editoriale favorevole a Hamas, rendendola quindi non meritevole di ulteriore operatività in Cisgiordania. Tuttavia, la decisione è stata accolta con scetticismo da vari analisti, i quali ritengono che l’iniziativa rappresenti un tentativo di silenziare una voce critica in un contesto già ostile per i giornalisti.

Silenziare Al-Jazeera potrebbe avere ripercussioni significative, non solo sulla libertà di stampa, ma anche sulla percezione dell’Anp da parte della popolazione. Nonostante le accuse, la mossa sembra rispecchiare una preoccupazione più ampia delle autorità palestinesi di affrontare la crescente opposizione interna. La presenza di video sui social media che documentano atti di violenza da parte della polizia locale contro oppositori politici rende ancor più difficile la posizione dell’Anp, che rischia di apparire sempre più isolata e distante dalle reali necessità della popolazione.

Le proteste contro Mahmoud Abbas

La reazione immediata di Al-Jazeera al divieto è stata chiara, con l’emittente che ha denunciato la decisione come un tentativo di intimidazione e come un’azione volta a nascondere la verità sui conflitti in Cisgiordania. L’emittente ha sottolineato che le azioni di Mahmoud Abbas parallele a quelle del governo israeliano evidenziano il deterioramento della libertà di stampa nella regione. Anche Hamas ha condannato la decisione, chiedendo un ripensamento e la tutela della libertà di informazione.

La posizione delle Nazioni Unite è stata altrettanto incisiva, con Francesca Albanese, relatrice speciale Onu per i Territori palestinesi occupati, che ha richiesto la revoca della sospensione di Al-Jazeera, affermando che il giornalismo non è un crimine. Tuttavia, la posizione del Sindacato dei giornalisti palestinesi risulta meno chiara, richiamando sia il rispetto della libertà di stampa che l’adozione di una politica mediatica più responsabile da parte dell’emittente qatariota, al fine di non danneggiare l’unità e la pace tra le diverse fazioni palestinesi.

Le ipotesi sull’operato di Ramallah

Le ragioni dietro la mossa dell’Anp sono oggetto di molteplici interpretazioni. Alcuni analisti suggeriscono che Abbas miri a consolidare la propria reputazione presso il governo degli Stati Uniti, in un contesto in cui le relazioni internazionali della Palestina sono sempre più delicate. Altri vedono questa decisione come un chiaro segnale al Qatar, in un momento in cui riprendono le trattative per un cessate il fuoco e una possibile liberazione degli ostaggi.

Questa complessa triangolazione di interessi politici chiama in causa i diritti di libertà di espressione e di stampa, ponendo una domanda cruciale: è davvero utile soffocare le voci critiche in un contesto già tanto teso? La risposta potrebbe rimanere sfuggente, ma l’importanza di avere canali di informazione aperti e accessibili è più che mai evidente in un periodo in cui la verità è spesso sottoposta a manipolazioni.

La morte della reporter al-Sabbagh

Infine, il pericolo per i giornalisti in Palestina non si limita all’ambiente politico, ma si concretizza anche in tragici eventi. La morte di Shatha al-Sabbagh, giovane reporter uccisa a Jenin, ha riacceso l’attenzione su questo tema. La versione ufficiale sull’incidente sostiene che al-Sabbagh sia stata colta in un conflitto tra le forze dell’Anp e i militanti, mentre la famiglia e altri testimoni raccontano una storia ben differente, sostenendo che fosse in un luogo pubblico quando è stata deliberatamente colpita.

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Questo tragico episodio, purtroppo non isolato, solleva interrogativi fondamentali sulla sicurezza dei giornalisti in contesti di crisi e sull’arbitrarietà delle azioni delle autorità. In un clima di tensione crescente, resta fondamentale interrogarsi sull’efficacia di politiche repressive e su chi realmente tragga vantaggio dal silenzio di una stampa libera e indipendente.

Ultimo aggiornamento il 4 Gennaio 2025 da Sofia Greco





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