Contratto separato statali: «98% di No»

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Il referendum sul primo «contratto in solitaria» firmato dalla Cisl nelle Funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici, circa 190mila lavoratori pubblici) chiesto invano e poi autoindetto on line da Fp Cgil, Uilpa e Usb-pi è stato votato da «oltre 40mila dipendenti con il 98% di no». Lo fanno sapere i tre sindacati contrari all’intesa che chiedono di riaprire la trattativa utilizzando le risorse stanziate per il 2025. «Dai lavoratori – si legge nella nota unitaria – è arrivato un messaggio chiaro: la questione salariale rimane centrale, con gli attuali stipendi la maggioranza dei dipendenti pubblici non arriva a fine mese. Ora speriamo si apra una nuova fase. La partita per migliorare il contratto 2022-2024 è ancora aperta. Ci sono molte soluzioni per trovare risorse aggiuntive per incrementare il misero 5,78% imposto dal governo».

“Si è conclusa la fase di consultazione referendaria promossa da Cgil Fp, Uil Pa e Usb Pi contro l’Ipotesi di Ccnl 2022-2024 firmato all’Aran il 6 novembre scorso da alcune sigle sindacali. In attesa di completare l’elaborazione di tutti i dati che recuperino le difficoltà di accesso dei primi giorni, circa 40 mila lavoratrici e lavoratori hanno partecipato alle operazioni di voto on line; a questo si aggiunge la campagna di ascolto e consultazione fatta dai promotori tra gli iscritti e nelle assemblee. Un fatto epocale, inedito in un settore del pubblico impiego, che ha consentito a decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici di potersi esprimere liberamente in merito all’ipotesi di Contratto, facendo emergere la consapevolezza generale sull’insufficienza degli stanziamenti contrattuali. Un fatto epocale che ha richiesto un’organizzazione capillare sui luoghi di lavoro e l’allestimento di una piattaforma on-line per garantire il voto, in tempi di record”. Lo scrivono in una nota Fp Cgil, Uil Pa, Usb Pi.

“Non altrettanto veloci nel facilitare le operazioni di voto sono state alcune amministrazioni, soprattutto quelle dove nei primi giorni si sono verificati grossi problemi tecnici che hanno richiesto tempi lunghi per essere risolti visto che la soluzione poteva passare necessariamente solo tramite la rimozione di ostacoli ad opera dei vari provider che gestiscono i sistemi informatici della Pa: ulteriore riprova che i processi di esternalizzazione rappresentano un forte problema per l’autonomia della Pubblica Amministrazione.Velocissima invece la risposta dei sindacati firmatari della pre-intesa che, durante tutto il periodo di consultazione, hanno messo immediatamente in campo una campagna denigratoria nei confronti della nostra iniziativa di democrazia sindacale; una campagna dai toni che non hanno precedenti nella storia del movimento sindacale, testimonianza di una preoccupazione dovuta certamente alla consapevolezza di aver sottoscritto un contratto ampiamente insoddisfacente”, proseguono i sindacati.

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“Per questo vogliamo ringraziare chi ha scelto di partecipare per esprimere la sua opinione, dimostrando che la democrazia nei luoghi di lavoro conta ed è sempre un valore aggiunto. Per questo vogliamo ringraziare tutte le nostre delegate ed i nostri delegati che ci hanno creduto, consentendoci di raggiungere il risultato finale. E i risultati sono arrivati. Si è trattato di una partecipazione significativa, importante, che sancisce la bontà della nostra iniziativa e che ha coinvolto tutte le Amministrazioni del comparto, da quelle più grandi a quelle più piccole. Particolarmente significativi sono i dati parziali di alcune amministrazioni che danno conto di una partecipazione che va oltre le nostre rispettive rappresentanze come quelli dell’Agenzia delle Entrate (oltre 6.500), del Ministero della Giustizia (5.400), dell’Inps (5.200), del Ministero della Cultura (3.000), del Ministero dell’Interno (2.400) o dell’Agenzia delle Dogane (2.300), solo per citarne alcune. L’altro dato importante, oltre quello della partecipazione, è che il 98% dei votanti si è espresso per il NO, rigettando un accordo che giustamente è stato definito in perdita. Dalle lavoratrici e lavoratori è arrivato un messaggio chiaro: la questione salariale rimane centrale, con gli attuali stipendi la maggioranza dei dipendenti pubblici non arriva a fine mese”, aggiungono le sigle. “Ora speriamo si apra una nuova fase. La partita per migliorare il CCNL 2022-2024 è ancora aperta. Ci sono molte soluzioni per dare una giusta risposta salariale ai dipendenti pubblici, a partire dal trovare risorse aggiuntive per incrementare il misero 5,78% imposto dal governo. Tutti i Contratti nazionali dei settori pubblici aperti confermano che non c’era alcuna necessità di far precipitare la rottura delle trattative a novembre: per questo il dato espresso dalle Funzioni Centrali attraverso il referendum è un chiaro segnale che va al di là del comparto. Nessuno prima d’ora aveva determinato una tale partecipazione e consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici sul contratto: questo rappresenta un valore in sé e rafforza chi come noi non ha sottoscritto un pessimo contratto, nella prosecuzione della vertenza”, concludono i sindacati.

Ecco il commento dell’Usb Pubblico impiego: “L’appuntamento contrattuale, generalmente vissuto nei luoghi di lavoro con rassegnazione e ritualitá, anche per effetto di decenni di mortificanti contrattazioni al ribasso, si è trasformato nelle Funzioni Centrali in una importante occasione di partecipazione e dinamismo”.

“A dispetto di chi pensava di risolvere la partita contrattuale cancellando totalmente la questione salariale (aumenti del 6% a fronte di una inflazione nel triennio stimata al 16%), l’abbandono del tavolo da parte dell’Usb, avvenuto recependo l’appello di circa 2000 rsu, ha rimesso prepotentemente al centro quella emergenza salariale che coinvolge tutte le categorie ed anche i dipendenti pubblici. Ed ha, inoltre, posto una questione dirimente: recepire le risorse per i rinnovi contrattuali pubblici e quindi rilanciare il welfare, invece di finanziare la vertiginosa corsa agli armamenti ed assicurare gli extra profitti alle banche.
In questo scenario l’abbandono del tavolo da parte di USB è stato un gesto capace di smascherare una
contrattazione da troppo tempo svilita di senso e ridotta a pratica notarile per effetto degli accordi del ’92/’93 e che, in questa occasione, registrava stanziamenti economici ben al di sotto dell’inflazione ed assoluta irrilevanza delle modifiche normative”.

“Le assemblee svoltesi in centinaia di luoghi di lavoro e che hanno votato una mozione che rigettava un contratto al ribasso, hanno condotto al partecipato sciopero della categoria indetto da Usb il 31 ottobre e poi ancora a quello generale confederale del 13 dicembre, con al centro la questione salariale anche nel settore pubblico”.

“Un piano di intervento politico che ha avuto la capacitá di portare la vicenda contrattuale dalle segrete stanze dell’Aran fin dentro i luoghi di lavoro”.

“Il referendum, congiuntamente indetto con Cgil e Uil, ha rappresentato la naturale prosecuzione del percorso: mentre Cisl e pseudoautonomi si apprestano a rendere definitivo un contratto in assenza di qualsiasi confronto con lavoratrici e lavoratori, la consultazione sull’ipotesi di contratto ha messo al centro del discorso il tema della partecipazione e della presa di parola di chi quel contratto lo deve vivere quotidianamente nei posti di lavoro”.

“Nonostante l’ostracismo delle amministrazioni, le difficoltá tecniche e la scomposta campagna di disinformazione da parte della Cisl e del sindacalismo sedicente autonomo ma in realtá totalmente prono al Governo, circa 40.000 lavoratrici e lavoratori delle Funzioni Centrali hanno sentito la necessità di pronunciarsi sul loro contratto travolgendo con il 98% di NO l’ipotesi di Contratto nazionale. È dentro questo scenario di democrazia e partecipazione che deve leggersi tutto il percorso che ha caratterizzato questa vicenda contrattuale”.

“Stride l’ immagine di quella risicatissima maggioranza sindacale che si è assunta la responsabilità di firmare il peggior contratto della storia del pubblico impiego senza alcun coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori, al cospetto della mobilitazione messa in campo in questi mesi: autoreferenzialità contro democrazia e partecipazione”.

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“La coerenza che ha caratterizzato la nostra azione sindacale ci proietta immediatamente verso l’appuntamento di aprile per il rinnovo delle RSU nel pubblico impiego: un’occasione per rilanciare il ruolo delle RSU, delegittimare chi ha siglato un contratto che impoverisce i dipendenti pubblici e rendere più forte l’USB, che da sempre fa dell’indipendenza dai governi, della partecipazione e del conflitto il centro della sua azione sindacale”, conclude l’Usb Pubblico impiego.



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