“Un anno impegnativo e difficile ma con risultati pur in assenza della politica”

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“Un anno di SHIPPING in ITALY” – Edizione 2024

 

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Contributi per le imprese

 

Contributo a cura di Pasquale Legora de Feo *

* presidente di Uniport

 

Un anno impegnativo e difficile, con risultati anche importanti, pur in assenza di un efficace contributo da parte della politica.

È questa in estrema sintesi un’efficace rappresentazione del 2024 dal punto di vista dei terminalisti e delle imprese portuali aderenti a UNIPORT (e non solo, ritengo), della nostra Associazione (ma credo anche di altre) e del segmento marittimo-portuale del sistema di logistica più in generale.

Un anno impegnativo e difficile perché, se già il 2023 si era chiuso con un conflitto (quello russo-ucraino) in corso nel cuore dell’Europa e l’avvio della crisi israelo-palestinese che si allargava condizionando l’intera area del Mar Rosso, l’anno che si sta chiudendo ora non ha registrato evoluzioni positive e non lascia intravvedere una soluzione a breve termine di quelle criticità.

Anzi, la crisi israelo-palestinese, al netto del coinvolgimento di altri Stati e degli ultimi eventi che hanno riguardato la Siria (le cui evoluzioni hanno delle incognite ancora da sciogliere), si è consolidata al punto da aver modificato il flusso dei traffici: in primo luogo e in misura prevalente, i traffici dei container dall’estremo Oriente all’Europa, deviati in misura più che prevalente sulla rotta del Capo di Buona Speranza, un’area di mare “difficile nell’inverno australe, come dimostrano episodi verificatisi proprio nel corso del 2024. Peraltro non sono stati indenni da contraccolpi neanche altre tipologie di traffici: da quello del gas a quello cisterniero e, ovviamente, alla crocieristica che prima della crisi era chiaro si andava consolidando in quell’area.

La meritevole attività di protezione  delle navi portata avanti dalla Marina Militare italiana e dalle altre forze navali europee nelle aree marittime del Mar Rosso e in quelle vicine non ha potuto evitare le importanti e considerevoli conseguenze sull’intera catena logistica prodotte dalla deviazione dei traffici già citati: gli impatti immediati (e di breve periodo) sulla programmazione degli accosti delle navi e connessi prolungamenti dei tempi di attesa in rada per molte di queste; l’allungamento delle rotte e conseguentemente dei tempi di viaggio, dei consumi di carburanti e delle emissioni legate a quei consumi; la lievitazione dei costi di gestione delle navi; il rialzo dei premi assicurativi per quelle navi che hanno continuato a battere la rotta del Mar Rosso e il passaggio tramite lo Stretto di Suez.

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Dall’angolo di visuale del terminalismo e delle imprese portuali, l’impatto più rilevante di una criticità geopolitica qual è quella che ha caratterizzato per tutto  il 2024 il Mar Rosso, è la trasformazione dell’area del Mare Mediterraneo da zona di transito delle rotte oriente-occidente (anzitutto Europa, ma anche nord America atlantico) e viceversa, a “mare chiuso”/destinazione finale, con conseguente perdita di arrivi,  in particolare sul lato orientale del bacino, delle  grandi portacontainers “mother” che hanno concentrato i loro scali nei porti più vicini a Gibilterra.

Pur in questo complesso scenario geopolitico su scala mondiale, i risultati delle imprese terminalistiche che UNIPORT associa, con le ovvie differenze tra i versanti marittimi di cui si è detto, complessivamente hanno tenuto e, anzi, alcune hanno migliorato le performance quantitative addirittura (e penso anzitutto al grande terminal container del porto di Gioia Tauro) consolidando la posizione di primato nazionale.

Mi piace pensare che questo è il frutto degli investimenti fatti, in un periodo pur così difficile, dall’impresa nell’ammodernamento dell’equipment.

Così come guardo con attenzione ed evidenzio al decisore politico e agli organi di governo della portualità tutti, come una maggiore capacità di tenuta hanno dimostrato quei terminal del versante adriatico meglio attrezzati dal punto di vista dei collegamenti ferroviari, palese dimostrazione che la tenuta e la capacità competitiva dipendono anche dal collegamento del porto e dei terminal alla rete intermodale e, aggiungo, con un servizio di gestione porto-rete efficiente ed economico.

Altro risultato importante che ha caratterizzato il 2024 è il rinnovo del CCNL dei lavoratori dei porti. Risultato raggiunto con insolito ritardo rispetto alla scadenza ritengo a causa delle richieste che, se potevano avere una spiegazione alla luce dell’inflazione del periodo precedente, non consideravano quanto quell’inflazione aveva inciso anche sui costi delle imprese. Conseguentemente un rinnovo onerosissimo per la parte datoriale che si è concluso con riconoscimenti economici importanti ed elementi (la valorizzazione del welfare e della copertura sanitaria integrativa, l’attenzione alla sicurezza) che testimoniano profili di modernità che auspichiamo di valorizzare in futuro anche per le parti normative del contratto medesimo.

Tutto ciò, come detto in premessa, nel sostanziale silenzio del decisore politico che, più volte (e mi riferisco proprio al confronto per il rinnovo del contratto di lavoro) ha richiamato la parte datoriale al senso di responsabilità, che interpretiamo per quel che ci riguarda anzitutto come attenzione agli equilibri e alle capacità competitive delle imprese (ovvero alla tutela dei posti di lavoro e della ricchezza del Paese).  Restano ancora senza risposte le richieste che non solo UNIPORT, ma tutte le rappresentanze delle imprese, talvolta anche unitamente a quelle dei lavoratori, hanno avanzato da più di un anno: dall’attivazione del fondo per l’incentivo al pensionamento, all’inserimento di (solo) alcune figure professionali del lavoro portuale tra le attività usuranti, fino all’applicazione delle modalità di aggiornamento dei canoni di concessione demaniale conforme con le indicazioni direttive date dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, piuttosto che a temi/problemi quali l’ETS, la realizzazione e (ormai soprattutto) la definizione di modelli di gestione del cosiddetto cold ironing.

In positivo, abbiamo accolto l’approccio costantemente dialogante del Ministero del Mare e auspichiamo che questo spirito contagi positivamente il Ministero di riferimento e le AdSP nei territori al fine di individuare soluzioni e regole del “sistema-Paese” e non diverse tra un sistema portuale (o peggio tra un porto) e l’altro.

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Tanto si è parlato (ma poco si è visto in termini di proposta concreta) di riforma della normativa fondamentale in tema di porti. Vogliamo quindi concludere con l’auspicio che, se questo è un obiettivo del Governo, il percorso e i risultati attesi siano il frutto di un confronto anche con le imprese che investono e gestiscono l’operatività, per creare un sistema con omogeneo e coerente con le regole di mercato.

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