Napoli. Vito e suo fratello Antonello vivo in una casa diroccata e il loro edificio, un palazzo storico realizzato da loro nonno, è a rischio demolizione: gran parte degli inquilini sono stati già sfrattati o obbligati a vendere i loro appartamenti a prezzi irrisori. Un simile destino sembra dover toccare anche ai due protagonisti di Mica è colpa mia, che si trovano a navigare in cattive acque dal punto di vista finanziario.
Vito, che è anche padre single di un bambino piccolo e lotta per ottenerne l’affidamento esclusivo, scopre che il consanguineo ha delle multe e dei debiti arretrati e che se non risarciranno in breve tempo la cifra di cinquantamila euro alla società De Leonardi, il loro immobile sarà espropriato. Messi alle strette, i due decidono di organizzare una truffa nella speranza di racimolare la somma necessaria entro il termine prestabilito e obiettivo del loro inganno è Marina, l’architetta – nonché ricca ereditiera – che sta gestendo la fondazione e sta lavorando al progetto di un hotel di lusso da costruire proprio lì, dove ora si trova l’edificio in questione. Vito si spaccia come manager di un’organizzazione benefica, al fine di ottenere un finanziamento, ma strada facendo tra lui e Marina nasce un sentimento inaspettato…
Mica è colpa mia…o forse sì?
Inaspettato naturalmente soltanto sulla carta, giacché sin dal primo incontro il pubblico sa già che il contrastato legame tra i due protagonisti è destinato a trasformarsi in una love-story prossima ad affrontare le classiche montagne russe, con tira e molla relativamente canonici ad infarcire i cento minuti di visione. Una formula “vecchia come il cucco” ma che a quanto pare funziona ancora sul grande pubblico, visto che Mica è colpa mia in breve tempo ha conquistato la top 10 dei film più visti su Netflix, in un periodo per altro non certo semplice come quello dei primi giorni dell’anno nuovo.
La lotta di classe e le differenze sociali assumono un contesto ulteriormente folcloristico in quanto la vicenda ha luogo in un tessuto urbano e umorale assai peculiare come quello partenopeo, con tutti i pro e i contro del caso. Ed ecco così che l’arte dell’arrangiarsi che tanto ha dato al cinema italiano nel glorioso passato rivive ancora una volta, anche se certamente i tempi di Sordi e Totò sono ben lontani e qui ci si affida ad un buonismo di facciata, privo di cattiveria e cinismo e pronto a consegnare il più banale dei lieto fine ad uno spettatore non troppo pretenzioso.
Dialoghi poco ispirati che giocano maldestramente su un contesto contemporaneo all’insegna dell’ignoranza, privo però di quella malizia per nulla autoassolutoria che si rispecchiava in cotanti prototipi: qui anzi ci si bea del non sapere, in un circolo vizioso che finisce per sfinire personaggi sempre più (in)volontariamente caricaturali, privi di sostanza nel loro inerte adeguamento a figure anonime, che sembrano uscite da un certo immaginario televisivo fatto di sketch e battute a buon mercato. Anche i potenziali discorsi sulla gentrificazione e sulla genitorialità sono semplicemente cesellati senza approfondimento, ad uso e consumo della discutibile vis comica di fonda.
Dietro e davanti la macchina da presa
Antonio Folletto – già ‘o Principe in Gomorra – La serie – e Laura Adriani tentano di dar vita a personaggi un minimo sfumati, ma ogni loro tentativo muore sul nascere per via di una narrazione che non concede loro spazio di manovra, ingabbiandoli in dei cartonati destinati all’abituale ruolo degli opposti che si attraggono, costi quel che costi e nonostante bugie e segreti che nella realtà avrebbero portato a ben altre conseguenze una volta svelati.
Ed eccoci così davanti a situazione scritte e preparate a tavolino, poco spontanee nella loro rigidità schematica: dall’ascensore che si blocca alle corse in motorino, dalla prova vestiti al piatto di pasta cucinato all’ultimo minuto fino all’immancabile Oi vita oi vita mia cantata e ballata in piazza, il regista Umberto Riccioni Carteni dirige col pilota automatico su una sceneggiatura che preferisce andare sul sicuro piuttosto che proporre qualcosa di originale e nuovo: scelta che almeno dal punto di vista dei numeri ha pagato, con buona pace della qualità.
Per altri titoli recentemente disponibili nel catalogo Netflix, recuperate 3 film imperdibili da vedere in streaming a gennaio 2025.
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