Sempre “Infinito Antonioni”: Ferrara c’è – Periscopionline.it

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A Ferrara si torna a parlare di Michelangelo Antonioni, del suo linguaggio per immagini, del suo genio indiscusso. L’occasione: la presentazione del libro “Infinito Antonioni. Una ricerca rivoluzionaria sulle immagini”, alla Biblioteca Ariostea, il 10 gennaio alle ore 17. Ferrara c’è e, con lei, le sue immagini.

“Un regista non fa altro che cercarsi nei suoi film”. Michelangelo Antonioni

“Infinito Antonioni. Una ricerca rivoluzionaria sulle immagini” – presentato nel gotha della letteratura come Bookcity Milano 2024 o alla scorsa edizione della fiera nazionale della piccola e media editoria Più Libri, Più Liberi di Roma (presentazione che potete rivedere qui) – è un nuovo e articolato saggio a cura di Elisabetta Amalfitano e Giusi De Santis, con i contributi di Giulia Chianese, Iole Natoli e Francesca Pirani, pubblicato da L’Asino d’oro edizioni. Corredano il libro le interviste a Elisabetta Antonioni, fondatrice dell’Associazione Michelangelo Antonioni, a Tiziana Appetito, presidente dell’Archivio storico di cinema Enrico Appetito, al regista cinematografico Enrico Bellani e all’attrice e regista teatrale Daria Deflorian. La Prefazione è del giornalista e critico cinematografico Enrico Magrelli.

Lo abbiamo letto, è molto completo e a tratti complesso, ma rappresenta un lavoro accurato e minuzioso che fa scoprire lati nascosti di un regista per molti versi rivoluzionario. Altro che incomunicabilità. È un viaggio nella creatività, fra le crisi e le nuove forme espressive dell’autore che ha segnato il cinema del neorealismo italiano, aprendo la strada a quel “neorealismo interiore” che non intende occuparsi solo dei fatti e della realtà storico-sociale, ma anche degli esseri umani, dei loro sentimenti e dei loro turbamenti.

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A dialogare con una delle autrici, la giovane attrice Giulia Chianese, saranno la storica Antonella Guarnieri, vicepresidente Anpi Ferrara e fino al 2020 referente del Museo del Risorgimento e della Resistenza (l’abbiamo intervistata a proposito del suo podcast “I fantasmi della bassa”), il fondatore della Ferrara Film Commission, l’architetto e curatore d’arte Alberto Squarcia, presidente onorario del Ferrara Film Corto Festival “Ambiente è Musica(abbiamo intervistato anche lui, già nel 2015) e il pittore e scultore Luca Zarattini,  vincitore, tra gli altri, del Premio Niccolini 2016 e selezionato alla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo a Tirana nel 2017.

Il libro prende spunto da una giornata di studi dedicata al regista nel 2019 e nasce da una proposta che la casa editrice romana ha rivolto alle cinque autrici, chiedendo loro di continuare e ampliare le ricerche. Per sviscerare un’opera cinematografica che resiste, ostinatamente, al trascorrere del tempo.

Frutto di anni di viaggi e studi nel capoluogo estense il primo capitolo di Giulia Chianese, in particolare, propone un ritratto interamente dedicato alla città di Ferrara e al rapporto profondo che ha sempre legato Antonioni ai luoghi della sua infanzia e della giovinezza. “Ho lasciato Ferrara con un bagaglio di affetti e di immagini che ho portato sempre con me ovunque sono andato”, si legge nell’incipit del volume, il cui intento è quello di restituire un’immagine del regista ferrarese lontano dagli stereotipi che lo hanno sempre considerato un regista difficile, estraneo alle dinamiche del suo tempo, definendolo freddo e astratto intellettuale. Antonioni torna a prendersi lo spazio che gli è sempre appartenuto, nella città che lo ha visto crescere e che le cinque autrici sostengono abbia contribuito in maniera determinante alla formazione del suo immaginario artistico e della sua sensibilità umana.

C’è tanta Ferrara in questo libro, tanto amore per le sue nebbie, i suoi mattoni che assorbono i suoni e le sue antiche pietre che riflettono i raggi del sole mattutino, in lunghe camminate attraverso i sogni. Le mura nascoste agli abitanti con alti terrapieni, mura che si incontrano con le strade e si smorzano nel verde. Pause, silenzi, fruscii, bisbiglii. Le stesse atmosfere metafisiche che Antonioni viveva. Poco è cambiato. “Lasciare una città. È perderle tutte”, diceva. Nulla di più vero, molto chiaro a noi vagabondi del mondo.

Dai luoghi dell’infanzia, in cui il piccolo Nino studiava violino e pianoforte e disegnava scenografie, e dell’adolescenza, e, poi, lungo le vicende italiane dagli anni Trenta fino agli ultimi anni Ottanta, si dipana il ritratto di un uomo e di un artista in continuo rinnovamento.

In primo piano, l’originalità del suo sguardo, il rapporto fecondo con l’attrice Monica Vitti, il legame con la pittura, ma anche il suo impegno politico, che ne mettono in risalto la sorprendente poliedricità. Scoprire il “big bang” delle immagini, come queste si formano e che cosa comunicano sono stati i punti fermi del suo indagare.

“Mi sentivo più portato istintivamente verso il mondo dell’immagine, verso questo tipo di espressione che non verso la parola. La parola è sempre stata faticosa per me e lo è tuttora, anche se più o meno la penna in mano la so tenere”.

Antonioni, ricorda Giulia Chianese, “sceglie di parlare per immagini: immagini silenziose ma ricche di senso che, come anche il suo modo di costruirle – la rottura con i meccanismi tradizionali della narrazione, i tempi dilatati, i dialoghi che lasciano spazi ai silenzi – saranno la guida e gli strumenti di tutta una vita per raccontare quello che in pochi altri sono stati capaci di raccontare”. Uno spazio fisico può influenzare il modo di fare immagini di un artista, può riflettersi nello ‘spazio interno’ di chi lo abita. E “dell’aria che si respira Ferrara, del silenzio delle sue strade e dei suoi vicoli stretti, del cotto ferrarese che assorbe i suoni e permette di immergersi in una dimensione metafisica, del silenzio della nebbia (…), del fare le cose quando le cose intorno sembrano ferme, Antonioni ne ha fatto una poetica”.

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Ci sono poi i ricordi di Elisabetta Antonioni, l’amata nipote che sempre Giulia Chianese ha incontrato in via Cortevecchia, dove, al civico 57, c’era l’ultima casa in cui Antonioni aveva vissuto prima della sua partenza per Roma nel 1940, ricordi di giochi sui quali si affaccia anche Tonino Guerra, il vecchio cinema Ristori; e il contesto socio-politico dell’epoca, che prenderà vita grazie alla storica Antonella Guarnieri, attraverso il racconto dei fatti accaduti tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, anni in cui il fascismo ferrarese nacque e si appropriò della città e di parte della cultura dell’epoca: “Saranno solo Antonioni, insieme ai migliori amici Giorgio Bassani e Lanfranco Caretti, a dar vita a una sorta di cenacolo letterario”, dove i tre iniziano un sodalizio fecondo che li legherà per molti anni. Nel saggio, il capitolo “Antonioni intellettuale antifascista, dalla parte degli ultimi”, di Elisabetta Amalfitano, ripercorre questo periodo dove il giovane Michelangelo, pressoché invisibile, pare avere il cartello ‘vietato morire’ stampato sul cuore. Con un grande vuoto interiore, parlando del suo tempo non attraverso i fatti ma tramite gli stati d’animo che in essi vivono.

Michelangelo ed Elisabetta Antonioni, foto la Nuova Ferrara

Ad approfondire l’analisi degli spazi che le autrici evocano nel libro, dipingendo una Ferrara “silenziosa e senza tempo”, sarà invece l‘architetto Alberto Squarcia, che indagherà il rapporto con il modo di creare immagini dei film di Michelangelo Antonioni, mentre a fare immergere ancor di più lo spettatore nel processo della creazione artistica del regista, in costante dialogo con luoghi e ambienti circostanti, sarà il pittore e scultore Luca Zarattini.

Il libro indaga, si diceva, sul come la città di Ferrara abbia contribuito alla formazione del pensiero per immagini nei film di Antonioni, come lo spazio in cui ha trascorso i primi 28 anni della sua vita, in un momento storico così particolare come la nascita del fascismo, ha influito sulla creazione del suo immaginario artistico. Una ricerca iniziata da bambino, negli stessi luoghi dove i pittori metafisici dipinsero “la grande pazzia del mondo nascosta dietro la materia”, che riproporrà una volta lasciata la sua città, nelle immagini dei suoi film. Immagini che, volte a indagare sempre più a fondo le dinamiche e i sentimenti dell’essere umano, faranno emergere solamente la “memoria” di quei luoghi vissuti.

E poi, fra le pagine e nei film, ci sono i profumi, gli amori e le donne, acute, intelligenti, moderne, immagini femminili anticonvenzionali, anticipatrici della loro spesso imperscrutabile e inestricabile complessità, reticenti e irriducibili alla norma patriarcale.

“Il costante desiderio di volersi affrancare dalla parola, nella rappresentazione cinematografica”, scrive Iole Natoli, “ha spinto (il regista), istintivamente, verso il mondo dell’immagine, permettendogli, allo stesso tempo, di cogliere, dell’immagine femminile, quel modo assolutamente intimo e originale di ‘parlare senza parlare’: l’’assurda’ pretesa delle donne di essere capite solo per un gesto, uno sguardo, per la scelta di un particolare colore di un abito o per una sfumatura nella voce”.

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Per Antonioni, non si tratta semplicemente di mettere al centro del quadro un’immagine di donna, come faceva Federico Fellini con le sue figure giunoniche, ma di sentire il pensiero femminile manifestarsi in sé, e questa è stata, fra le altre, una vera e propria rivoluzione.

Osservando con attenzione, sempre, anche affidando al suono uno scarto espressivo, usandolo come linguaggio autonomo. Altra rivoluzione. E la storia continua.

“Ciò che mi piace fare più di tutto è guardare”. (…) “L’idea mi viene attraverso l’immagine”. Michelangelo Antonioni

 

LE AUTRICI

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Elisabetta Amalfitano, foto Picasa

Elisabetta Amalfitano insegna storia e filosofia al liceo Machiavelli di Firenze. È autrice di numerosi saggi di filosofia e cinema su riviste scientifiche e volumi collettanei, e collabora con la rivista “Left”. Con L’Asino d’oro edizioni ha pubblicato “Dalla parte dell’essere umano. Il socialismo di Rodolfo Mondolfo” (2012), “Le gambe della sinistra” (2014) e “Controstoria della ragione” (2022).

Giulia Chianese

Giulia Chianese si laurea alla facoltà di Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo all’Università di Roma Tre con una tesi sul linguaggio delle immagini e si forma come attrice all’accademia di recitazione Fondamenta a Roma. Nel 2016 vince il bando Torno subito e si trasferisce a Los Angeles dove frequenta il Lee Strasberg Theatre&Film Institute. Ha collaborato con Luce Cinecittà all’annuale festival cinematografico Cinema Italian Style (2018) ed è stata presentatrice ufficiale dell’edizione 2022 del Festival Isola del Cinema di Romq. Nel 2024 ha realizzato il suo primo lungometraggio da protagonista.

Giusi de Santis

Giusi De Santis si laurea in Lettere alla Sapienza Università di Roma, dove è stata cultrice della materia Teoria e interpretazione del film. Ha lavorato presso la Fondazione Cinema per Roma per quattro edizioni del Rome Film Fest e presso la compagnia Leone Cinematografica come responsabile editoriale per cinema e serie tv “Dramaturg” della compagnia Occhisulmondo, affianca anche altre realtà della scena teatrale italiana. Collabora con la rivista “Left”, dove cura la rubrica di cinema ed è autrice di saggi e racconti.

Iole Natoli, foto Cinemio

Iole Natoli è regista, script supervisor e autrice di poesie. Ha collaborato con registi come Ettore Scola, Marco Bellocchio e Andrea Segre. Script supervisor per Gomorra – la serie (stagioni 1-3) e docente di Teoria e tecnica del linguaggio e di grammatica cinematografica presso scuole di cinema e università, è autrice di “A un millimetro dal cuore” (2002) e “Incanto” (2010), cortometraggi candidati ai David di Donatello. Attualmente collabora con diverse società di produzione per la revisione delle sceneggiature.

Francesca Pirani, foto Mymovies

Francesca Pirani, laureata in Storia e critica del Cinema e diplomata in regia al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, ha collaborato come sceneggiatrice e aiuto regista con Marco Bellocchio ne “La visione del sabba” (1988) e “Il sogno della farfalla” (1994). Ha realizzato come regista i lungometraggi “L’appartamento” (1998) e “Una bellezza che non lascia scampo” (2001), presentati a diversi festival internazionali e assieme a Stefano Viali il film “Beo” (2017) che ha vinto il premio come miglior documentario italiano al Rome Indipendent Film Festival. Il suo ultimo film, “Vakhim” (2024) è stato presentato al Festival del Cinema di Venezia nella sezione Notti Veneziane.

Tutte le fotografie di Ferrara nell’articolo sono di Valerio Pazzi, che ringraziamo

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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