Luigi Samele: «La longevità nello sport? Cambiamenti, adattamento e prevenzione»

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Dice Indiana Jones che non sono gli anni, sono i chilometri a fare la differenza. Vale anche per gli sportivi: sono le vasche per i nuotatori, sono le strade per i maratoneti, sono le pedane per chi, come Luigi Samele, ha scelto la scherma. Nel suo caso l’arma è la sciabola e l’ingresso in palestra è arrivato per seguire il fratello più grande. Nato nel 1987 a Foggia, ha vinto il mondiale cadetti nel 2004 e otto anni dopo era nella squadra di bronzo a Londra 2012, a Tokyo 2020 ha vinto un argento individuale e uno a squadre, a Parigi 2024, un bronzo individuale e una delle immagini più belle delle ultime Olimpiadi è il suo bacio a quella medaglia arrivata, come ormai è tradizione per lui, vicinissima al suo compleanno: il 37esimo nel caso della scorsa estate. Gli ultimi 8 di questi anni li ha passati in Emilia-Romagna. «Sono stato adottato prima da Roma e adesso da Bologna. La mia carriera è stato un cambiamento continuo, ci sono stati alti e bassi, momenti buoni e meno buoni. Cambiare non è assolutamente facile: quando arrivi al momento di desiderare un cambiamento vuol dire che le cose quantomeno non sono facili. Poi cambiare a 30 anni, come ho fatto io, forse ancora più difficile perché non vedi davanti una carriera che può durare 10, 15 o 20 anni, ma ti vedi in bilico tra continuare oppure arrenderti a quello che può essere, magari una carriera non sfavillante. Non è facile, ma il cambiamento è molto stimolante, ti dà nuova linfa, ti devi rimettere in gioco. Dipende dal carattere della persona e dalla sua resilienza».

Il cambiamento porta longevità sportiva?
«A me l’ha data. Quando mi sono trasferito a Bologna, mi sono detto: “Proviamo. Se va bene continuo a fare scherma, altrimenti smetterò”. Sicuramente mi ha regalato degli anni di carriera, poi sono arrivate anche delle soddisfazioni che sinceramente all’epoca, non speravo nemmeno».

Luigi Samele bronzo a Parigi 2024FRANCK FIFE/Getty Images

Parlando solo di Olimpiadi c’era già stata a Londra, poi sono venute Tokyo e Parigi.
«Sono medaglie diverse arrivate in periodi diversi della mia vita con una condizione mentale e fisica diversa. Tutte e tre le volte con una consapevolezza diversa. A Londra era un ragazzo pieno di speranze e di sogni e non conoscevo nemmeno il mondo olimpico. Lo avevo visto in televisione, ma non sapevo cosa volesse dire respirare l’aria olimpica. Mi ha mi ha fatto capire che c’è un mondo che si apre quando diventi un atleta che partecipa alle Olimpiadi e non vuol dire accontentarsi di farle. Però sai che fai parte di quella ristrettissima cerchia di persone che può giocarsi qualcosa che per noi è la cosa più importante del mondo sportivamente parlando. A Tokyo sono arrivato con quattro anni di lavoro che sono diventati uno in più per la pandemia e lì mi sono consacrato perché ho preso una medaglia individuale che agognavo da una vita intera. Tra Tokyo e Parigi ci sono state una serie di vicissitudini, non ultima quella della guerra in Ucraina che mi ha toccato da vicino (la compagna di Samele Olga Kharlan è una campionessa di sciabola ucraina ndr). Poi il mio fisico ha iniziato a fare i capricci in maniera importante soprattutto nell’ultimo anno e mezzo e al tempo stesso anche un po’ di pressione perché questa volta non arrivavo più alle Olimpiadi da outsider, ma come quello che doveva far vedere che non era stato un caso l’argento di Tokyo».

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Per tutti gli atleti avere la famiglia vicina è stato fondamentale a Parigi.
«Io praticamente avevo mezzo stadio avendo una famiglia molto numerosa e molto rumorosa. Si sono fatti sentire. Per me è stata un’esperienza incredibile perché venivamo da Tokyo con un silenzio assordante e siamo arrivati a Parigi con 10.000 persone, con la mia famiglia. Una cosa mai vista prima. Siamo passati da 0 a 100 senza senza capire niente. Se dovessi scegliere io scelgo Parigi tutta la vita: il pubblico è anche e soprattutto il valore aggiunto. Quando ho festeggiato la medaglia di Tokyo, il momento più bello è stato quando ho chiamato la mia famiglia al telefono e ho festeggiato il risultato con loro. Non avevo persone da abbracciare».

Parigi  Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine della gara con  Luigi Samele  oggi 27 luglio 2024.

Parigi – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine della gara con Luigi Samele, oggi 27 luglio 2024.

Il Gran Palais era una delle location più belle.
«Due giorni prima della gara, siamo andati a controllare che il materiale fosse a posto. Quando sono entrato e ho visto come era all’interno mi è venuta la pelle d’oca. Nulla al confronto con il mondiale che avevamo fatto lì. La mattina della gara mi sembrava un po’ come la scena del Gladiatore quando è lì nella gabbia prima di essere chiamato».

A Parigi è arrivato con un fisico che diceva cose nuove, con momenti di stop. Come li ha vissuti e affrontati.
«Non li ho vissuti benissimo perché allenarsi tutti i giorni con dei dolori alla lunga ti porta ad avere una grossa frustrazione, soprattutto se dall’alto lato ci sono una squadra, una federazione, un team che si appoggiano tantissimo su di te. C’era tantissima ansia nei miei confronti per capire quanto e se potessi performare. A settembre 2023 io il mio allenatore c’eravamo seduti per capire se era il caso di iniziare la stagione e di provare ad andare alle Olimpiadi perché avevo cominciato la stagione da infortunato. Andrea Terenzio, il mio allenatore, è stato fenomenale perché è riuscito a gestire i miei carichi fisici. Sapeva quando spingere e quando invece lasciarmi un po’ più tranquillo. Ho dovuto lavorare anche con la mia mental coach in maniera molto importante per accettare questa situazione. Ti dicono che sei diventato “vecchio”, ma non lo puoi accettare. Tu vuoi sentirti giovane e vuoi sentirti più forte dei giovani. !uindi è stato un lavoro, non dico quotidiano, ma quasi. Alla fine poi il lavoro fatto bene, fatto in team, paga».



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